Storie di mafia: San Luca, il Crimine

Quando arrivo a Rosarno, mi fermo ad un autogrill. Ci sono un po’ di uomini seduti davanti al bar. Altri sono fermi nei pressi di un furgone. Bevo un caffè, compro un pacchetto di sigarette e ne fumo una in compagnia degli astanti. Faccio loro vedere che sto bene. L’anno scorso, non riuscivo quasi a muovermi per colpa del mal di schiena, dopo le dimissioni dalla società per cui lavoravo. Riprendo l’auto che ho noleggiato e riparto. È diventato buio. La strada che attraversa l’estremità dell’Aspromonte è agevole. Una lunga galleria permette di superare il promontorio che delimita lo spartiacque tra i due mari. Mi piace l’Aspromonte.


Le parti più vicine alla costa presentano dei borghi antichi, gradevoli, con alcuni immobili storici di pregevole aspetto. Il resto del Parco offre la vista di una natura incontaminata, con boschi verdi e pendii scoscesi. Quando si giunge al mare, si nota il consueto paesaggio dei borghi calabri. A tratti, l’urbanizzazione è finita, moderna, a tratti vi sono centri costellati di immobili che rimangono tuttora da costruire. C’è tanto da fare, da realizzare, per le nuove generazioni. Il mare è azzurro, splendido. Apprezzo le coltivazioni di ulivi e fichi. Ho prenotato un hotel a Siderno, nella Locride. Scambio qualche parola con il responsabile della struttura. Faccio il check-in, vado a mangiare e finisco la serata guardando un gruppo di turisti che balla il tango argentino.

La mattina seguente raggiungo San Luca. La strada è agevole, anche se l’asfalto è spesso sconnesso. Guardo l’architettura delle case di Locri. Poi mi dirigo verso le alture della campagna. Il paesaggio è brullo, la vegetazione rada: si ha ancora l’impressione che le possibilità di sviluppo siano notevoli. Oggi è il 2 settembre, Festa della Madonna della Montagna, cara a tutta la popolazione e venerata dai vertici della ‘Ndrangheta. San Luca è un comune esteso, in termini di superficie complessiva. Raggiungo il centro. In virtù dei lavori in corso sulla strada che conduce al Santuario di Polsi, quest’anno la celebrazione si svolge presso la chiesa della parrocchia di Santa Maria della Pietà. La statua della Madonna è stata condotta da Polsi a San Luca.



Parcheggio come posso, nel caos che si è creato di persone e di macchine. Quando arrivo alla chiesa, inizio ad essere avvolto dai festeggiamenti. Ragazze e ragazzi danzano, suonando dei tamburelli, accerchiati dalla folla. In poco tempo, il santuario si riempie. E’ attesa anche l’omelia del vescovo. Arrivano le autorità locali. Inizio a bere un caffè in un bar. Poi mi lascio trascinare dal ritmo festoso dei balli e dei tamburelli dei giovani. Lo spettacolo è straordinario. Rimango tra di loro per un po’ di tempo, fino al momento in cui decido di assistere alla messa, relegato sulle scale del portone principale. La temperatura fresca della chiesa fornisce un po’ di sollievo. Intravedo un altro bar. Prendo un caffè e una birra. Il barista mi chiede se apprezzo l’ospitalità del Sud. Gli rispondo di sì, perché al Nord sono in faida e ho spesso a che fare con persone schifose. Finisco la consumazione e rimango seduto sulle panchine a fianco della porta, tra la gente.



Ogni tanto, vedo degli uomini vestiti in modo elegante. Capisco che sono i boss. Il Crimine ha in San Luca un luogo di riferimento. I ragazzi sono il sotto-Crimine. Si presentano così. Racconto al telefono i dettagli riguardanti l’esperienza di Osirak, in Iraq. Gli astanti mi confermano l’informazione che avevo già percepito il giorno precedente: come Capo-Crimine è stato nominato il rappresentante del mandamento della Montagna, con la maggioranza dei voti, preferito al mandamento della Piana (che comprende Rosarno e Gioia Tauro), connesso al clan Pesce. La Montagna, cioè il mandamento che ha in San Luca il proprio epicentro, è quindi ancora una volta al vertice del Crimine, ovvero della struttura apicale della ‘Ndrangheta.



Vengo raggiunto da un gruppo di uomini, che si siedono nello spazio con le panchine. Sono di Gioia Tauro. Uno di loro mi riconosce. È il titolare del bed & breakfast dove avevo soggiornato lo scorso anno. Scambiamo qualche parola. La funzione è finita. I partecipanti affluiscono nelle strade. Alcuni di loro entrano nel bar. Bevo ancora un caffè, accompagnato da un bicchiere d’acqua. Finisco di fumare qualche sigaretta. Mi dicono che io devo pensare alla gente, alla popolazione. Ascolto i giovani. Mi confermano che occorre ripensare agli investimenti al Nord, che occorre riportare i capitali in Calabria e che spesso gli investimenti stessi si sono rivelati improduttivi, anche se hanno permesso il riciclaggio dei soldi provenienti dalle attività illegali. Si sente dire che i ragazzi devono mantenersi puliti, senza precedenti, perché altrimenti potrebbero avere dei problemi nel corso della vita lavorativa. Mi suggeriscono di procurarmi “un ferro”.




Quando la celebrazione è finita, seguo alcuni partecipanti e mi dirigo verso le strade in cui era possibile parcheggiare. Riprendo l’auto. Il navigatore non funziona e quindi mi oriento da solo nelle vie di San Luca, fino ad arrivare alla provinciale che conduce al litorale. Guardo la natura. Pochi appezzamenti sono costellati da rovi, cespugli, alberi, prati e rocce. Mi fermo a mangiare qualcosa in un bar completamente ristrutturato, piacevole. A Locri, mi aspetta una macchina, a fianco della strada. È una Bmw. La sera, mi fermo a mangiare in riva al mare. Si vedono le barche dei pescatori che hanno salpato dal porto per gettare le proprie reti. Durante il percorso verso Reggio Calabria, il giorno dopo, mi fermo a Gioia Tauro. Scelgo un bel bar, ristrutturato a nuovo, e consumo una colazione abbondante. Mi fa piacere rivedere la cittadina portuale e i suoi abitanti.



02.09.2025 

Dott. Alessandro Ceresa