Ieri mattina, verso l’alba, i
Talebani hanno aggredito la base occidentale dell’aeroporto di Jalalabad, in
Afghanistan, uccidendo cinque persone e ferendone altre, durante una battaglia
durata un paio d’ore. La Nato ha risposto impiegando i propri elicotteri, bersagliando
gli insorti, intenti a mitragliare il perimetro dello scalo, dopo aver lanciato
due autobombe verso l’ingresso, in stile suicida. Tra gli aggressori, armati di
kalashnikov e di lanciamissili Rpg (Rocket Propelled Grenades, bazookas), sono
state registrate 8 vittime. I contingenti alleati in Afghanistan comprendono
adesso oltre 100.000 soldati, che dovranno essere rimpatriati nei prossimi due
anni. Gli islamici stanno continuando le rivolte nei confronti del sistema
governativo imposto nel 2001 dall’invasione statunitense. L’instabilità è
tuttora alta. L’International Security and Assistance Force (Isaf) ha negato
che i Talebani siano riusciti ad entrare nell’aeroporto e a procurare gravi
perdite. La loro azione è stata limitata al perimetro della base. Jalalabad è
un centro interessante. Gli scontri a fuoco o i lanci di granate sono frequenti.
Posta a scarsa distanza dal confine con il Pakistan e da Tora Bora, la città
ospita migliaia di militanti integralisti, che si confrontano con le truppe
occidentali di stanza nella zona. Tora Bora, il quartier generale di Osama bin
Laden, non dista molto dall’abitato. L’aeroporto alloggia aerei Hercules e
altri velivoli. I Talebani, tre mesi fa, erano riusciti a distruggere sei
elicotteri statunitensi in un altro sito. La guerra in Afghanistan sta quindi
continuando e assume l’indole di una guerriglia. Gli esuli afgani rifugiatisi
in Iran sono circa 2,4 milioni. Teheran ha deciso di espellere decine di
migliaia di profughi. La ricchezza dell’Iran rimane un ottimo motivo per
l’espatrio. Gli iraniani sono prodighi di sostegni per l’Afghanistan, dove
riescono a finanziare centri urbani, scuole, ospedali, infrastrutture,… Il
traffico di oppio tra i due Stati rimane notevole. All’inizio della guerra, i
rifugiati iniziarono a raggiungere Teheran e altre città dell’Iran. Era consueto veder dormire gli afgani nei giardini antistanti il
Parlamento. Alcuni di loro mostravano in faccia i segni delle esplosioni dei
bombardamenti. I bambini raccoglievano immondizia. Adesso, per gli afgani,
visti i programmi di sviluppo economico lanciati da Kabul, esiste la
possibilità di un proficuo rimpatrio. Oltre all’oppio e all’eroina, un altro
business riguarda le valute. Le sanzioni internazionali, infatti, hanno deprezzato
i rials iraniani, che adesso possono essere scambiati in grandi quantità per
pochi dollari. In Afghanistan e in Iran, come in altri Stati arabi, la vita si
dimostra durissima. Le condizioni climatiche prodotte dai deserti, che
contraddistinguono praticamente tutti i Paesi arabi, innanzitutto, rendono il
clima torrido, afoso e insopportabile durante molte ore delle giornate estive.
L’insufficienza di acqua, inoltre, condiziona gli insediamenti e le abitudini.
La sabbia dei deserti permea ogni abitato. La sporcizia delle strade e delle
abitazioni è parte di consuetudini antiche e deprecabili. La gente vive in
mezzo a topi e a insetti. Le automobili vetuste sono raramente sostituite da
macchine progredite. Gli approvvigionamenti sono spesso scarsi. La povertà è
diffusa, nonostante le ampie risorse naturali, costituite soprattutto dai
giacimenti di idrocarburi. I dogmi religiosi, ormai antiquati e degradati di
fronte alla globalizzazione, regolano troppi aspetti della vita normale e dei
cardini secolari delle nazioni. La modernità degli evoluti Stati di polizia è
solo un miraggio. Nonostante le rivoluzioni, la maggioranza degli Stati arabi
impiegherà decenni per giungere ad un livello di sviluppo accettabile. I
leaders di Kabul devono agire rapidamente in questa direzione.
03/12/2012