Al-Zawahiri e Washington

La proposta lanciata da Mohamed al-Zawahiri ai massimi livelli dei dirigenti statunitensi è parsa interessante, ma si è affievolita. In un’intervista, il fratello del leader di al-Qaida, Ayman al-Zawahiri, ha individuato i punti indispensabili per la fine delle ostilità tra Stati musulmani e nazioni occidentali. La strategia che ha mosso al-Zawahiri è indubbiamente connessa al pensiero diffusosi tra gli arabi, relativo innanzitutto allo sviluppo economico. Tre ambasciate statunitensi aggredite da folle islamiche, dimostrazioni di protesta nei confronti degli Usa allestite in tutto il mondo arabo, attacchi agli interessi americani ed europei hanno però spiegato, nelle settimane passate, l’astio delle falangi integraliste verso l’Occidente. Viste le rivoluzioni della Primavera Araba, innescate da movimenti giovanili, le fasce islamiche più anziane hanno infatti indicato una discrepanza tra i problemi legati al sottosviluppo di molti Paesi, le ambizioni finanziarie e i contrasti esistenti tra Occidente e civiltà maomettana, che conducono spesso a sanzioni, ad azioni di guerra e a procedure di embargo internazionali, con perdite economiche notevoli. Il superamento di questa antinomia è possibile solo se gli arabi rinunceranno a istanze che comportano dinieghi e reazioni adeguate, incompatibili con l’ordine occidentale, tra cui l’integralismo, la delinquenza, l’immigrazione, l’apertura inammissibile delle carceri e la proliferazione atomica. Dopo le rivoluzioni, gli islamici devono pensare al proprio sviluppo, all’evoluzione di Stati antichi, usando modelli impareggiabili sotto il profilo della modernità, come il Dubai, il Kuwait e la Tunisia.
 
06/10/2012