La proposta lanciata da Mohamed al-Zawahiri
ai massimi livelli dei dirigenti statunitensi è parsa interessante, ma si è
affievolita. In un’intervista, il fratello del leader di al-Qaida, Ayman
al-Zawahiri, ha individuato i punti indispensabili per la fine delle ostilità
tra Stati musulmani e nazioni occidentali. La strategia che ha mosso al-Zawahiri
è indubbiamente connessa al pensiero diffusosi tra gli arabi, relativo innanzitutto
allo sviluppo economico. Tre ambasciate statunitensi aggredite da folle
islamiche, dimostrazioni di protesta nei confronti degli Usa allestite in tutto
il mondo arabo, attacchi agli interessi americani ed europei hanno però
spiegato, nelle settimane passate, l’astio delle falangi integraliste verso
l’Occidente. Viste le rivoluzioni della Primavera Araba, innescate da movimenti
giovanili, le fasce islamiche più anziane hanno infatti indicato una
discrepanza tra i problemi legati al sottosviluppo di molti Paesi, le ambizioni
finanziarie e i contrasti esistenti tra Occidente e civiltà maomettana, che
conducono spesso a sanzioni, ad azioni di guerra e a procedure di embargo
internazionali, con perdite economiche notevoli. Il superamento di questa
antinomia è possibile solo se gli arabi rinunceranno a istanze che comportano dinieghi e reazioni adeguate, incompatibili
con l’ordine occidentale, tra cui l’integralismo, la
delinquenza, l’immigrazione, l’apertura inammissibile delle carceri e la proliferazione atomica. Dopo le rivoluzioni, gli islamici
devono pensare al proprio sviluppo, all’evoluzione di Stati antichi, usando
modelli impareggiabili sotto il profilo della modernità, come il Dubai, il
Kuwait e la Tunisia.
06/10/2012