La Cambogia è tuttora falcidiata da milioni
di ordigni antiuomo. La Guerra in Vietnam, la rivoluzione gestita da Pol Pot e
la guerriglia degli anni ’80 colmarono numerose zone di mine, a cui si
sommarono i congegni inesplosi e i dispositivi anticarro. Il numero degli
individui colpiti da deflagrazioni supera oggi 60.000 unità. Gli enti preposti
allo sminamento impiegheranno decenni per sanare l’agibilità dell’intera
nazione. I prezzi dei sistemi utilizzabili per il recupero restano alti. Solo i
dintorni di Phnom Penh e di Angkor Wat sono liberi da ordigni. Le zone di
confine e, soprattutto, le province di Pailin, Battambang, Preah Vihear, Siem
Reap e Oddar Meancheay dimostrano la maggiore diffusione di mine. La Cambogia è
tra gli Stati più assoggettati al fenomeno, come Afghanistan, Nepal, Vietnam,
Laos, Angola, Sudan, Somalia, Libano, Albania e Bosnia. Gli incidenti dovuti
alle esplosioni possono comportare dei morti, o lesioni permanenti e l’indispensabilità
di una protesi. I campi minati si distinguono dai cartelli posti nella giungla,
a margine delle principali strade e dei centri urbani. La guerra di confine tra
Cambogia e Tailandia comportò una limitazione dell’attività di sminamento e il
posizionamento di ordigni supplementari, che dividono le due nazioni.
22/07/2012