I principali latitanti della
mafia siciliana sono Vito Badalamenti (indicato in Sud America), Messina Denaro
(il cui arresto è atteso nei pressi di Castelvetrano), Palazzolo (residente sia
in Sudafrica, sia in Namibia) e Giovanni Motisi, (segnalato a Palermo e nei borghi adiacenti). Quest’ultimo, boss del mandamento di Pagliarelli,
storicamente posto sotto il comando della relativa famiglia, è già stato
individuato alla Favarella e a
Casteldaccia, dove gli investigatori sono riusciti a recuperare delle sue
immagini attuali. Le foto mostrano Motisi in condizioni pietose: obeso, seduto
su una sedia, con difficoltà di deambulazione. È probabile che il ricercato si
trovi oggi nell’impossibilità di esercitare il proprio ruolo di capomafia e che
sia un boss deposto, impossibilitato ad agire dalla stazza fisica e dai mandati
di cattura, sostituito da altri esponenti. Casteldaccia è un centro abitato ubicato
a fianco delle spiagge marine, tra Serradifalco e Altavilla, attraversato
dall’autostrada Palermo-Catania, a scarsa distanza dalla Favarella. Pagliarelli
è un isolato a sud di Palermo, sovrastato da un ingombrante prigione, dove
esiste un forte substrato mafioso. Il sodalizio dei Motisi era posto al vertice
del mandamento e può verosimilmente disporre nella zona di numerose proprietà,
tra cui, forse, un ristorante, che il ricercato sta alienando per garantirsi la
latitanza. Un pentito ha riferito che Motisi si nasconde anche ad Agrigento.
Gli investigatori precisano un aspetto: se il boss è ad Agrigento,
<<fuori dai giochi>> della mafia palermitana, è effettivamente
<<posato>>, <<in pensione>>. Se il capomafia è rimasto
nella provincia di Palermo, può ancora ambire ad un ruolo. La sua influenza nel
palermitano è dimostrata dall’esistenza di un gruppo di individui, i
<<motisiani>>, che si riferiscono al capo persino nelle sembianze
fisiche adipose. I loro punti di ritrovo mostrano gli esercizi commerciali
connessi al sodalizio familiare dei Motisi, titolari di un posto nella Commissione
della mafia di Palermo, in rappresentanza del mandamento di Pagliarelli, a
partire dalla fine degli anni ’50. Il Presidente della Regione Sicilia,
Lombardo, è atteso dai magistrati che stanno indagando in merito ai suoi
rapporti con Giuseppe Liga, spesso indicato come l’architetto della rinascita
di Cosa Nostra a Palermo, dopo l’arresto di Raccuglia, che svolgeva il ruolo di
capomandamento provinciale. Quest’ultimo compito è stato reclamato dall’abitato
di Palermo, in virtù della presenza di migliaia di sostenitori dell’omonima
formazione calcistica. Le connessioni politiche di Lombardo con Liga dimostrano
evidentemente la consapevolezza del peso dei voti mafiosi da parte del
Governatore. Esiste un collegamento tra le domande di denaro e la designazione
di esponenti al vertice della struttura mafiosa. Identicamente, è la mafia che
decide le nomine politiche e i partiti verso cui far affluire i propri voti.
Viste le connessioni che contraddistinguono tutte le amministrazioni, gli
stanziamenti di finanziamenti statali sono destinati, molto spesso, a sodalizi
egemoni. Gli arresti dei maggiori delinquenti permettono agli altri
individui di lavorare e di produrre normalmente, al di là delle logiche mafiose
legate a pizzi e a ricatti. Tra i grandi mandamenti di Cosa Nostra in Sicilia
ci sono Palermo, Catania, Trapani e Agrigento. Palermo è oggi una città
infestata da immigrati, che forniscono manodopera alla delinquenza. L’ambito
provinciale include i mandamenti delle zone poste nelle parti orientali,
occidentali e meridionali della provincia stessa: Corleone, Partinico, San
Giuseppe Jato, Gangi, Belmonte Mezzagno, Bagheria, Termini, Altofonte… Il
sodalizio costituito dalle famiglie Riina, Bagarella, Provenzano e Lo Bue
rimane egemone, a Corleone e nella regione confinante. I Provenzano
costituiscono un clan rilevante. Oltre a Bernardo Provenzano, leader della
Cupola mafiosa, incarcerato nel 2005, ci sono altri componenti del gruppo
familiare, che rivestirono ruoli notevoli, tra cui Giuseppe Provenzano, ex
Presidente della Provincia di Palermo, inquisito per concorso esterno in
associazione mafiosa. I corleonesi riuscirono quindi ad aggiudicarsi importanti
porzioni della spesa statale, dopo la fine dell’era di Ciancimino. Trapani, il
capoluogo provinciale della Sicilia occidentale, è oggi un centro urbano
evoluto, pulito, moderno, vivibile, contraddistinto da immobili di ultima
urbanizzazione, finanziati da indebitamenti e da stanziamenti statali e
regionali. La Tunisia dista 180 km. Il traffico di narcotici verso la Sicilia
transita persino attraverso questa rotta. Gli affari politici e mafiosi passano
tramite le connessioni di Antonio D’Alì e di Messina Denaro, vista la
connivenza tra Pdl e Cosa Nostra, che mantiene la tradizionale divisione in mandamenti
subprovinciali: Alcamo, Castelvetrano, Trapani e Mazara del Vallo. Gli appalti
e i finanziamenti sono destinati spesso ai sodalizi egemoni. Messina
Denaro resta il rappresentante provinciale nell’ambito della struttura mafiosa.
Edilizia, ricatti, narcotici, forniture di materiali, distribuzione alimentare,
insediamenti turistico-alberghieri e produzione di elettricità sono diventati i
settori in cui Cosa Nostra esplica la propria attività imprenditoriale, come
nella maggior parte delle zone d’Italia. Tra i familiari di Messina Denaro, c’è
un assessore del Comune di Castelvetrano. I tentacoli della piovra di Trapani
giungono agevolmente fino a Dell’Utri (è noto il suo rapporto con Virga), a
Berlusconi (visto il voto di scambio politico-mafioso con Messina Denaro) e ad
Alfano (esponente del Pdl, connesso a Cosa Nostra, come tutti i siciliani). Tra
gli altri imprenditori e politici in odore di mafia (secondo le condanne
stabilite o i sospetti esistenti) ci sono Michele Licata, Vito Nicastri, i Turano,
Norino Fratello, Pino Giammarinaro, Gianni Pompeo, Gaspare Panfalone, Vittorio
Morace, Pietro Funaro, Girolamo Fazio e i Morici. Catania costituisce il terzo mandamento della
Regione Sicilia, assoggettato, nonostante i dissidi,
all’egemonia del sodalizio dei Santapaola, noto per il ruolo svolto nell’ambito
della Commissione Interprovinciale. Secondo alcune fonti, i Santapaola agirono
come mandanti dell’assassinio di Filippo Raciti, il poliziotto ucciso durante
gli scontri registrati a margine della partita Catania-Palermo nel 2007. La
zona di Messina costituisce un altro mandamento di rilievo, subordinato a
Palermo e a Catania, ma è fondamentale per il transito di narcotici da e verso
la Sicilia. Agrigento, ampia conurbazione posta sulle rive meridionali, rimane
l’hub di riferimento nella parte meridionale della Sicilia. Il mandamento
agrigentino ha subito gli arresti dei propri esponenti di maggior rilievo
(Giuseppe Falsone e Gerlandino Messina) ed è assoggettato ad una definizione
dei gruppi economicamente egemoni. Secondo alcune fonti, Messina Denaro è
disposto a farsi arrestare, se il suo imprigionamento può dar luogo ad altre
incarcerazioni, in ambito nazionale e internazionale, tra cui quella del
messicano Joaquin Guzman. Cosa Nostra ha una presenza diversificata in tutta
Italia, connessa agli altri sodalizi di stampo mafioso. Secondo la Dia,
esistono <<proiezioni internazionali del fenomeno mafioso di origine
siciliana, non solo per le indagini, tuttora pendenti, in merito alle
connessioni tra Cosa Nostra palermitana e americana (in particolare, per quanto
attiene alle storiche famiglie Gambino, Lucchese, Genovese, Bonanno e
Colombo)>> ma anche per <<diversi eventi connessi a contesti
canadesi>> tra cui spiccano Zappia e gli esponenti del gruppo dei Cuntrera-Caruana.
È ribadita quindi l’espansione della mafia italiana verso Sud, Centro e Nord
America, tramite l’azione di vari gruppi delinquenziali: Cosa Nostra,
‘Ndrangheta, Fininvest, Camorra.
22/02/2012