Film Kabul

Film: L'esercito italiano in ambito Isaf.



KABUL
Le guardie armate di mitragliatori, le abitazioni poste al riparo di muri, gli spari, gli elicotteri da guerra e i jet statunitensi, il saluto dei muezzin, i rotoli di filo metallico, gli humvees e i furgoni delle forze afgane mi hanno accolto a Kabul. Sono arrivato col buio, ancora una volta. La via dell’aeroporto, dove sono morti sei italiani, è fiancheggiata da negozi, da lavori non ultimati e da abitazioni a uno o due piani. L’attentato è stato condannato esplicitamente da Hamid Karzai. L’esplosione è stata sentita in tutta la città. Lo scalo afgano appare rinnovato, come molte altre zone. Anche per questo motivo, le consultazioni presidenziali sono state vinte dal pashtun Karzai, a cui la maggioranza dei votanti ha rinnovato il mandato, sperando che possa trattare la fine delle ostilità e della guerra con gli statunitensi. Gli afgani sono le vittime di tre decenni di guerre. Il loro Stato resta una delle nazioni più arretrate del mondo. Gli aiuti internazionali sono rivolti a favorirne lo sviluppo. Le persone dicono che fanno fatica a vivere e a lavorare, viste le possibilità limitate che offre l’ambiente. I sovietici invasero l’Afghanistan nel 1979, nell’ottica di poter attaccare il Pakistan con il supporto delle nazioni alleate confinanti: Iran e Cina. La presenza degli Usa in Asia, durante la Guerra Fredda, sarebbe quindi stata limitata a pochi Stati. Nel 1988, l’evoluzione del conflitto condusse l’esercito russo ad abbandonare l’Afghanistan, le cui ricchezze furono sfruttate solo parzialmente dall’Armata Rossa. I giacimenti di ferro, oro, argento, platino ed uranio restarono nelle mani degli afgani. L’esercito italiano, adesso, non è coinvolto nell’occupazione di una nazione ricca... Cammino senza problemi per le strade di Kabul, ai bordi delle quali si vedono bombole di gas radunate. Nelle vie del centro abitato passano file di carroarmati e di mezzi pesanti dell’esercito Usa. Si vedono jeep e camion delle Nazioni Unite. Gli incroci dei quartieri diplomatici sono bloccati e monitorati dalla polizia. Alcune macchine hanno fatto finta di investirmi. Si sente la tensione relativa al conflitto. Gli afgani sono aggressivi. Molte auto hanno i vetri rotti, per colpa degli spari. Un poliziotto mi ha insegnato ad armare i kalashnikov. La maggioranza dei dirottatori dell’11 settembre proveniva dall’Arabia, ma il Pentagono decise di invadere solo Afghanistan e Iraq. Si deve menzionare tuttora il fatto che gli Stati Uniti usarono ordigni con uranio arricchito e impoverito nella prima fase della guerra. Due anni fa, scesi per primo dall’aereo proveniente da Islamabad e condussi la fila di passeggeri verso il terminal. Avrebbero potuto spararmi? Le fumate delle esplosioni delle bombe avevano la forma di funghi. Ci sono ancora troppe armi in Afghanistan. Ho dovuto fare strada ad un paio di persone, che non conoscevano il tracciato verso l’uscita dell’aeroporto. Un tassita mi ha riportato in hotel, passando per un quartiere dove erano stati esposti dei morti. Ricordo lo stadio color marmo, dove il capo dei Talebani, Mohammed Omar, faceva svolgere le esecuzioni di massa dei dissidenti. Lo stesso Omar ha fatto diffondere il proprio saluto per la fine del ramadan (Eid al-Fitr). Il sisma che ha colpito una città afgana nel mese di aprile potrebbe essere stato causato da un’esplosione atomica nell’atmosfera, come i terremoti in Kashmir, India e Pakistan. Gli statunitensi controllano i paesi e schedano le persone grazie all’aiuto della polizia.

GUERRA
Due soldati italiani sono stati feriti nella zona di Herat, a causa di un attacco dei guerriglieri Talebani. Un veicolo delle forze Isaf è stato distrutto quando gli insorti hanno lanciato una bomba, scatenando un conflitto incrociato. L'informazione è stata resa nota dai mezzi afgani. Cinque soldati americani sono morti a causa di tre attacchi dei Talebani, nelle province di Nimroz e Zabul. <<Sono a Kabul da quasi 5 mesi e ho assistito ad un passaggio graduale di tecniche per colpire le forze della coalizione. I guerriglieri Talebani hanno iniziato con i combattimenti diretti: 5 o 6 nel primo mese e mezzo. Hanno quindi cambiato tattica, posizionando ai bordi delle strade gli ordigni improvvisati (i.e.d.), che esplodono al passaggio dei nostri mezzi>>. Il Col. Aldo Zizzo, comandante di Italfor 20, spiega così l'evoluzione del conflitto in Afghanistan, che sta facendo registrare dei problemi rilevanti per i soldati italiani. Camp Invicta, la base dell'esercito a Kabul, dista tre quarti d'ora dal centro abitato. Per raggiungere i capannoni, si deve oltrepassare Jalalabad Road, dove sono morti 6 militari. Improvised Explosive Device: i.e.d.. Congegni esplosivi improvvisati. Si definiscono così le mine anticarro rudimentali. Gli ordigni sono spesso racchiusi in grosse scatole di metallo, sepolte ai margini delle vie. Ne avevo notate in Iraq, nei pressi di Sadr City. Questa mattina, ne ho vista, forse, un'altra, sotto il suolo del marciapiede di Kabul che affianca la strada tra Camp Invicta e l'aeroporto, in prossimità di una centrale termonucleare, in una zona monitorata dalla polizia afgana. <<Grazie all'addestramento e agli assetti tecnici, siamo riusciti a minimizzare l'impatto sulle nostre truppe, disinnescando gli ordigni prima che esplodessero, di giorno e di notte>>.
Nell'ambito delle missioni internazionali della Nato, l'esercito italiano ha dimostrato di essere un contingente d'élite, sicuramente non inferiore ad altri reparti scelti, come i Baschi Rossi o i Marines. Che ruolo state svolgendo tra le forze impegnate in Afghanistan?
<<Noi facciamo parte di una coalizione, la coalizione dell'Isaf. L'attività è volta a legittimare la presenza del Governo afgano, nella zona che abbraccia dei distretti urbani di Kabul e altri tre distretti. Materialmente, sosteniamo le forze di sicurezza e le seguiamo durante la loro condotta, garantendo il supporto operativo e tattico. Il massimo dell'attività operativa è stato sviluppato nel periodo delle consultazioni. La polizia garantiva la sicurezza dei seggi. L'esercito afgano forniva una cornice reale e noi eravamo pronti a intervenire qualora fossimo stati allertati. Ci sono delle direttive tattiche: stare con la popolazione, sentire le istanze delle persone e sviluppare la sicurezza nelle zone affidate dal mandato internazionale>>.
Il programma della Difesa vuole spedire ancora truppe italiane in Afghanistan.
<<Sono argomenti che ai militari, sul campo, non interessano>>.
Le notizie susseguitesi in due giorni costituiscono un vero e proprio bollettino di guerra. Nella zona di Kandahar, i bombardamenti aerei della Nato hanno causato 6 morti, estratti dalle macerie delle abitazioni distrutte. <<Sono arrivati degli elicotteri attrezzati di mitragliatori -, hanno spiegato i residenti -. Hanno iniziato a bombardare le case improvvisamente. Il raid è durato circa un'ora>>. I feriti sono stati condotti in un ospedale di Kandahar. Nella stessa provincia, un'offensiva terrestre avrebbe ucciso 8 Talebani durante un'operazione di setaccio. Un abitante ha confermato di aver sentito colpi di armi da sparo fino a tardi. Sono state avvertite due esplosioni a Kabul, che non hanno comportato vittime. Nella capitale, la polizia ha arrestato tre componenti di una banda di rapitori, rinvenendo, in una seconda manovra, armi e munizioni, nascoste nei pressi di Nader Khan. A Farah, il capo dell'intelligence è stato ferito assieme a tre guardie dall'esplosione di una bomba. Nella zona di Helmand, dei guerriglieri armati hanno sparato a un autobus. Alla fine della riunione delle Nazioni Unite che ha riproposto il disarmo atomico, l'Iran è stato accusato di avere un secondo sito di arricchimento dell'uranio, oltre all'impianto di Natanz, che dovrà essere ispezionato da tecnici internazionali. Gli Stati Uniti hanno continuato i lanci di missili verso il Nord Waziristan, in Pakistan, per colpire i leaders di al-Qaida e dei Talebani, secondo i quali la morte (il "martirio") di Baitullah Mehsud avrebbe rinforzato il movimento. In Afghanistan ci sono tuttora migliaia di mine antiuomo. Si vedono persone senza una gamba. L'aeroporto di Kabul ospita un centinaio di elicotteri statunitensi. Vi sono decine di Apache parcheggiati.

JALALABAD
La strada tra Kabul e Jalalabad è costituita da un tracciato tortuoso, asfaltato, a due corsie, che si snoda attraverso le gole che dividono i monti aspri dell’ambiente desertico. Si vedono centri urbani, negozi, stazioni di rifornimento, case e persone normali, oltre ad abitazioni bombardate e mitragliate, auto e camion distrutti, postazioni militari della polizia e dell’esercito afgano, humvees e carroarmati, furgoni con soldati armati di kalashnikov e bazooka. Alcuni di loro hanno il viso coperto da passamontagna. La via è soggetta a blocchi, dovuti ai combattimenti. Vi sono delle grotte, da cui gli insorti colpiscono i convogli di auto, di camion e di blindati alleati. Jalalabad è un forefront. In città, si sentono spari, di giorno e di notte: poliziotti, guerriglieri e militari afgani svuotano interamente i caricatori dei kalashnikov. Aerei ed elicotteri da guerra statunitensi sorvolano i cieli. I carroarmati Usa pattugliano le strade. Un blindato americano è stato riportato alla propria base con le ruote e il semiasse distrutti dall’esplosione di una mina. L’avantreno, annerito e bruciato, è stato distaccato dal resto della vettura. I lanci di bombe a mano fanno tremare le pareti e i vetri delle abitazioni. Gli statunitensi sono ovviamente i targets dei lanciamissili e dei mortai dei guerriglieri. A Jalalabad, c’erano dei campi di addestramento alla jihad, allestiti da Abdul Rasul Sayyaf e da Osama bin Laden, costituiti da bunkers e da poligoni. Nel buio, i fari accesi delle auto interrompono l’oscurità delle vie non illuminate. Ieri, verso l’una di notte, due elicotteri statunitensi hanno sorvolato a bassa quota il mio hotel. Un poliziotto ha esaminato il mio passaporto, chiedendomi se volevo un "passaggio". Per colpa dell’attentato di una banda di afgani, Maria Grazia Cutuli morì nel 2001, in un paese tra Jalalabad e Kabul. All’uscita della capitale, passati i campi militari degli eserciti della Nato, un gruppo di talebani, armati di aste di legno, ferma le auto in prossimità di un mercato e di uno scavo, dove si nota il colore dorato delle rocce afgane. <<Mangio cadaveri>>. Uno dei passeggeri che hanno viaggiato con me fino a Jalalabad ha spiegato così l’infezione che gli sta erodendo il viso. Il cannibalismo non è diffuso solo in Afghanistan, ma anche in India, in Pakistan e in Tibet, dove i segni delle relative malattie sono evidenti…

AFGHANISTAN: ATOMIC SITES
Vi sono dei siti termonucleari, a Kabul, rivolti alla produzione di elettricità. Due di questi impianti hanno la solita forma rettangolare. Il primo si nota nelle vicinanze dell’Hotel InterContinental ed è affiancato da un paio di bruciatori per idrocarburi. Tutto il centro è abbastanza ampio ed è sicuramente rivolto ad un’attività atomica. Il secondo impianto, di colore grigio, è identico al primo e si vede nella zona orientale della città, ma non si riesce a individuare agevolmente. Le supponibili attività nucleari dovrebbero essere monitorate. La terza struttura è posta sulla via che conduce all’aeroporto e presenta una colonna destinata ad eliminare gli scarichi e gli elementi nocivi derivanti dalla combustione di idrocarburi e dalla reazione dell’uranio. A fianco della colonna, si notano delle terminazioni e dei piloni per la conduzione dell’elettricità prodotta. Nelle vicinanze dell’impianto, vi sono gli studi di Radio Kabul, uno dei target degli ordigni statunitensi nel 2001. Lo sviluppo dell’Afghanistan è limitato e la tecnologia nucleare potrebbe non essere evoluta. Un quarto sito è posto sulla strada verso il Parlamento ed è costituito da una torre grigia, affiancata da uffici tecnici, che dovrebbero alloggiare una banca e sedi governative. A nord ovest della città, si vedono dei containers di combustibile, aggregati alle attrezzature di diversi impianti, che diffondono vapori nell’atmosfera. Nella zona di alcune basi militari dell’Isaf, c’è un’acciaieria, che presenta due altiforni cilindrici e una struttura di produzione di elettricità. A qualche centinaio di metri, gli afgani stanno costruendo un power plant termonucleare, di notevole ampiezza, con 5 bruciatori. Siti come questo possono produrre grandi quantità di elettricità e comportano una dispersione di radioattività nociva. Se i lavori non saranno fermati e ostacolati, le basi della Nato ne subiranno la presenza. A margine dell’impianto termonucleare, è posto un carcere, utilizzato dalla Cia come sito clandestino, Salt Prison. Dietro le sbarre, a causa delle condizioni di custodia degli statunitensi, morì un afgano nel 2002. Vista da una distanza ridotta, la prigione appare come uno stabilimento industriale. Sono arrivato in aereo a Kabul, nel buio, con la città illuminata. Tra i punti strategici, vi sono gli aeroporti di Kondoz, Shindand, Farah, Faizabad, Kandahar, Bagram, Taloqan, Mazari Sharif, Jalalabad, Khwost, Meymaneh, Kabul. Un altro carcere, alloggiato a est della città, Poli Charki, è noto per le 27.000 esecuzioni svolte dal regime instaurato durante l’invasione dell’Unione Sovietica e potrà dare asilo ai reclusi di Guantanamo. Nel 2006, l’Isaf svelò l’esistenza di una fossa comune con 2.000 morti, a fianco della stessa prigione. Si trattava di una delle (troppe) fosse comuni causate dai massacri svolti dal 1978 al 2001.

GUERRA
Un attentato ha colpito oggi l’Ambasciata dell’India in Afghanistan, a Kabul. L’esplosione di un ordigno ha causato 17 morti e quasi un centinaio di feriti. Le prime informazioni hanno indicato come mandanti i Talebani. La tecnica suicida si è rivelata mortale. La rappresentanza diplomatica di Delhi è posta in una strada del quartiere di Shar-e-Naw, a fianco dell’Ambasciata Indonesiana. Prima dell'attentato, all’inizio della via i soldati fermavano le persone e chiedevano i passaporti. Alcune macchine potevano entrare liberamente, anche ad alta velocità. I poliziotti afgani presidiavano l’ingresso davanti a cui è esplosa l’autobomba. Ritiravano accendini, coltelli e armi a chi doveva contattare le autorità indiane. I guardiani dell’Ambasciata sostavano oltre i muri e le porte blindate che delineavano la prima cintura di sicurezza, armati di kalashnikov e di mitragliatori. Alcuni di loro dovrebbero essere stati feriti. Il Consolato indiano mi aveva rilasciato un visto, chiedendomi pochi dollari. Fino al 3 ottobre, abitavo a un centinaio di metri di distanza. Conoscevo le persone della zona e i negozi adiacenti. I bambini facevano l’elemosina o vendevano chewing gums. Un vecchio, senza una mano, vendeva tessere per telefoni. Avrebbe potuto essergli esploso un ordigno tra le dita, accidentalmente o per colpa di un guasto cagionato da altri. Era senza dubbio un guerrigliero di una delle fazioni che avevano combattuto per il dominio dell’Afghanistan prima dell’invasione Usa. Le persone senza gambe erano molteplici. L’attentato ha distrutto protezioni e abitazioni. C’era troppo sangue nelle immagini diffuse dalla stampa internazionale. Si spara tuttora in Afghanistan e la guerra comporta dei morti. Le città e le zone hanno i propri capi, warlords che controllano bande e guerriglieri. Il 6 ottobre, erano stati uccisi 8 GIs statunitensi, appartenenti alla Quarta Brigata, impegnata nella provincia di Jalalabad, attaccati da centinaia di insorti con mortai e missili. In una settimana, le aggressioni contro le truppe Isaf avevano fatto registrare altre vittime. Quattro soldati alleati erano morti pochi giorni prima a causa degli assalti afgani. Dagli aeroporti, decollavano regolarmente i mezzi dell’aviazione Usa per bombardare gli estremisti. Nella zona di Helmand, quindici persone erano state uccise o ferite da un raid aereo all’inizio di ottobre, nella stessa area in cui gli afgani avevano aggredito delle truppe inglesi. Un jet alleato aveva lanciato un unico ordigno di precisione verso una postazione nemica. Un comandante della guerriglia, Zalmay Kochi, era morto durante un raid. I Talebani avevano anche rivendicato l’abbattimento di un elicottero della Nato nella provincia di Nangarhar, nei pressi della regione di Khyber. L’Isaf aveva smentito l’azione, adducendo un’emergenza: il velivolo avrebbe raggiunto la propria destinazione. Nella zona di Qarabagh, sulla strada tra Kandahar e Kabul, gli insorti avevano attaccato un convoglio alleato, incendiando due autobotti che trasportavano combustibile e danneggiando un carroarmato. In un’operazione di setaccio nei dintorni di Kandahar, alcuni guerriglieri erano stati ammazzati dai colpi delle forze alleate e dell’esercito afgano. Durante l’operazione, erano stati rimossi mitragliatori, bombe a mano e attrezzature radio. L’Isaf aveva recuperato dell’esplosivo posto in una macchina parcheggiata ai bordi della via verso l’aeroporto di Herat. Un giovane era stato colpito da spari nella propria abitazione. Questi episodi, di norma, sono dovuti alla mancanza di cultura, alla miseria e a problemi finanziari. Avevo parlato con una responsabile dei programmi di investimento internazionali, a Kabul. Gli abitanti dei paesi richiedono tuttora la realizzazione di progetti inutili o troppo costosi, nonostante l’evidente ritardo di sviluppo. Il Governo dovrà fronteggiare accuse di frode per le presidenziali. Il numero delle vittime appartenenti alle truppe alleate, in 4 mesi, ha raggiunto quota 156. Gli afgani sono 28.000.000. Senza gli accordi per la sicurezza, la guerriglia potrebbe disporre di alcuni milioni di combattenti. Di notte, molte strade sono senza lampioni. Nelle vie di Kabul, si vedevano dei furgoni bianchi e rossi, a bordo dei quali vi erano miliziani con divise mimetiche e giubbotti antiproiettile, armati di kalashnikov, come tutte le squadre di poliziotti, di militari e di guardie che si notavano in città. A volte, si sentivano scattare le chiusure di sicurezza. Le macchine della polizia, spesso, erano sprovviste di mitragliatori montati sul sostegno destinato alle armi. Il conflitto è quasi finito. Rimane una guerriglia diffusa, a cui si sommano le azioni di bin Laden, di Omar, degli estremisti di al-Qaida e dei Talebani. Gli afgani, inoltre, per tutelare le proprie scarse ricchezze (oro, argento, uranio, ferro…) sono disposti a mostrare lo stato di guerra, utilizzando i kalashnikov, ma l'invasione Usa dovrà condurre ad una pace. All’inizio della strada che collega Kabul e Jalalabad, si nota lo scheletro di un fabbricato, verosimilmente colpito da ordigni atomici all’inizio della guerra lanciata dagli statunitensi nel 2001.

WARLORDS: ABDUL RASUL SAYYAF
L’Afghanistan ha un’atmosfera triste. L’invasione sovietica, la guerriglia durante la dittatura dei Talebani e l’aggressione statunitense comportarono migliaia di morti. Le condizioni di sviluppo sono arretrate. Le persone vivono male. Abdul Rasul Sayyaf è uno dei warlords che si impegnarono nella guerra ai russi e dispone oggi di un seggio nel Parlamento di Kabul. Le consultazioni presidenziali forniranno, al limite, introiti relativi alla presenza di giornalisti e osservatori internazionali. La Loya Jirga è costituita da alloggi a due o tre piani, assiepati in una zona a sud della città. Le vie di entrata sono monitorate da guardiani e da checkpoints. Uno dei soldati mi ha condotto all’ingresso, nonostante l’opposizione di un'altra sentinella, che vantava meriti di guerra tra i ceceni di Basayev. La hall della Jirga è formata da quattro o cinque casupole, che ospitano gli addetti. I parlamentari afgani lavorano dalle 8 alle 12. Oltre questo orario, è impossibile entrare in contatto con i loro uffici. Fazl, il coordinatore dei rapporti con la stampa, mi ha rilasciato solo un numero di telefono. Abdul Rasul Sayyaf è un vecchio di 63 anni, con la barba bianca. Condusse l’Unione Islamica per la Liberazione dell’Afghanistan negli anni ’80, grazie ai finanziamenti procurati tramite Osama bin Laden. I due estremisti costituirono un training camp per la jihad a Jalalabad. Nel 1985, Sayyaf fondò un centro di addestramento per gli integralisti, l’Università della Jihad di Jalozia, alla periferia di Peshawar. Nel 1987, conobbe Khalid Shaikh Mohammed, che lo aiutò a reclutare guerriglieri. Finito il conflitto, il leader arabo divenne uno dei maggiori oppositori dei Talebani, avvicinandosi all’Alleanza del Nord. I suoi adepti iniziarono a supportare le cause degli arabi. La guerra in Afghanistan non è una “guerra dell’oppio” e nemmeno una “guerra dell’oro”, nonostante l’esistenza di ampi giacimenti di minerali preziosi. L’invasione della Nato deriva dagli attentati alle Torri Gemelle e dal supporto fornito da Mohammed Omar a Osama bin Laden e ad al-Qaida. La nazione, tuttora, è parzialmente nelle mani di warlords. Gli afgani che vogliono setacciare l’oro dai fiumi devono pagare all’amministratore della zona una somma pari a 100 afgani al giorno (2 dollari). Nelle strade di Kabul, si vedono i furgoni e le auto dei contractors europei e statunitensi, armati di mitragliatori, con giubbotti antiproiettile e si avvertono i sintomi del gas nervino. Il Dicastero della Difesa dispone di blindati, armi e militari, i cui ordini comprendono attacchi alle forze Isaf. I kalashnikov utilizzano di norma proiettili 7,62x39, ma possono sparare bossoli di grandezza inferiore. I soldati della Guardia Presidenziale di Karzai mostrano moderni mitragliatori americani M16A2, nelle vicinanze di un’entrata ostacolata da misure cautelative. L'Hotel InterContinental dispone di un’ampia squadra di poliziotti e di guardie. Ho notato uscire una persona: aveva un occhio solo, la barba, il naso adunco, i capelli neri. L’altro occhio era stato asportato e si notava il segno di una ferita verticale sulla guancia. Poteva essere un sosia di Omar. I missili delle katiusha fanno un rumore simile a quello di un reattore aereo, quando partono. Gli arabi ribadiscono la propria mentalità di guerrieri, ma potrebbero adottare una strategia diversa per favorire lo sviluppo di molte nazioni, che soffrono i problemi dei conflitti.

OMAR
Mohammed Omar è vivo ed è ancora attivo nell’ambito del conflitto in Afghanistan. L’informazione è diffusa a Kandahar, città che ospitò il leader talebano fino al 2001. Nel centro urbano e all’aeroporto le persone parlano di lui e ne confermano l’esistenza. Timori riguardanti la sua morte erano stati resi noti negli anni passati. Nel 2007, gli stessi soldati italiani di stanza a Kabul ne avevano paventato la fine. La sua dittatura, smantellata dall’invasione americana, non è commemorata con favore dagli afgani. Omar vivrebbe adesso tra Kandahar e Quetta, in Pakistan, dove la sua presenza è confermata dai rapporti dell’Isi, che indicano la periferia come nascondiglio dei leaders talebani e degli esponenti del vecchio Governo afgano, che continuano la guerriglia anche nel Sud Waziristan, zona di influenza del deposto capo dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan. Osama bin Laden condurrebbe le operazioni nel Nord Waziristan e nella provincia di Peshawar. A Kandahar, il mio telefono ha ribadito più volte il contatto <<Omar>>. Il dittatore potrebbe avere un’abitazione nella città da cui comandò lo Stato afgano, una città afosa, posta in mezzo al deserto sabbioso, dove la temperatura può arrivare a 40° C, dove la mancanza d’acqua è evidente. La sabbia dorata pervade i bronchi e ogni angolo dell’abitato, il cui centro si raggiunge passando un’ampia distesa di immobili a uno o due piani, costruiti con pochi materiali. Il tessuto economico presenta delle fabbriche di alluminio e delle industrie che elaborano il petrolio estratto dal sottosuolo. La miseria è sensibile. In mezzo alla confusione delle strade, si notano i carroarmati. La regione è posta sotto la giurisdizione delle truppe Nato, i cui tanks mostrano botole piene di soldati, o sistemi di attacco automatizzati, come i mitragliatori azionati elettronicamente. A fianco dell’aeroporto, secondo gli abitanti, avrebbe dovuto esserci un campo di addestramento per estremisti di al-Qaida e per dirottatori, connesso agli attentati alle Torri Gemelle. Si vedono dei rottami di autobus, di macchine e di aerei, con motori, telai, carlinghe e reattori arrugginiti, che costituirono sicuramente uno spazio rivolto alle esercitazioni dei miliziani. A sud dello scalo, all’inizio dei monti che delimitano il deserto, Osama bin Laden aveva costituito un training camp per guerriglieri, noto come Tarnak Farms, conquistato dagli statunitensi all’inizio della guerra e divenuto un loro punto di appoggio. Alla base di Tarnak, bin Laden istruì e addestrò due dirottatori dell’11/9: Mohammed Atta, che pilotò il boeing 767 contro la prima torre, e Ziad Jarrah, che guidò il volo 93, schiantandosi prima di giungere al target. Entrambi erano inquadrati nella Cellula di Amburgo, assieme a Marwan al-Shehhi (che condusse il volo 175, l’aereo che colpì la seconda torre) e Ramzi Binalshibh. Osama bin Laden stabilì la propria residenza principale, per un periodo, a Tarnak, un insieme di 80 abitazioni, accerchiate da un muro di cinta alto 3 metri, destinate al training per l’utilizzo di esplosivi, assassini, kalashnikov, mine, granate, mitragliatori, guerriglia urbana e attacchi suicidi. Nei dintorni di Kandahar, vi erano altre basi di al-Qaida, gestite da bin Laden stesso, con il patrocinio di Omar e dei Talebani. Secondo il rapporto della commissione statunitense che investigò gli attentati dell’11.09.2001, nel campo di Al Farouq erano stati addestrati almeno altri 7 dirottatori, tra cui Saeed al-Ghamdi, Ahmed al-Nami, Wail al-Shehri e Waleed al-Shehri. Quasi tutti gli attentatori definirono quindi la propria preparazione nella base di Al Matar alla fine del 2000 e nei primi mesi del 2001, raggiungendo gli States prima dell’11/9. La traduzione di “Al Matar” è “the airport”, l’aeroporto, sostantivo che indicava il training camp posto nelle vicinanze dello scalo di Kandahar. Nella zona, furono allestiti altri campi di addestramento di al-Qaida. Le informazioni furono rivelate soprattutto da Khalid Shaikh Mohammed, uno dei principali ideatori degli attacchi di New York, assieme ad Osama bin Laden e a Mohammed Atef. KSM fu arrestato nel 2003 e deportato a Guantanamo. Tre quarti dell’aeroporto sono occupati adesso dall’aviazione della Nato. Si vedono decollare elicotteri Mi-35, Apache e Chinook, aerei quadrielica C-130 e jets. Vi sono posteggiati anche dei prototipi di drones, gli aerei da combattimento senza piloti. I Chinooks sorvolano le campagne della periferia. La connessione tra Mohammed Omar e Osama bin Laden fu e resta solida: esisteva un contatto costante. Il primo finanziò e utilizzò i guerriglieri, i reparti armati e il supporto militare di bin Laden per ampliare e per conservare la propria leadership nell’ambito del conflitto che oppose Talebani e Alleanza del Nord. Omar adesso si sposterebbe in tutto l’Afghanistan per continuare la jihad nei confronti degli Stati Uniti. Nel 2001, suo figlio morì a causa di un bombardamento dell'abitazione che possedeva a Kandahar. L’Emiro nacque in un paese della provincia di Oruzgan, posto nelle lande di deserto montuoso della regione, Nodeh, dove potrebbe avere delle proprietà. Nell’ambito del conflitto, gli afgani mirano a bloccare movimenti e attività. I blocchi si rivelano fastidiosi e possono comportare la perdita di giornate. Sono stato fermato all’entrata dello scalo di Kandahar dai militari di guardia, che hanno addotto motivazioni relative all’ora prevista per il check-in, anche se uno dei soldati mi aveva detto di andare fino al terminal a piedi. Sono dovuto restare più di due ore davanti alla loro postazione, in mezzo al deserto, sotto il sole, con una temperatura maggiore di 30° C. Un marine è giunto all’ingresso per recapitare un passaporto ed è stato fermato da uno dei militari afgani. Tra i due è scoppiata una rissa. Gli altri soldati sono intervenuti, picchiando ripetutamente lo statunitense con i kalashnikov. Ho cercato di fermare il gruppo quando ho visto che gli stessi afgani avevano caricato i mitragliatori ed erano pronti a sparare. L’americano è stato arrestato. Aveva il naso sanguinante. I poliziotti lo hanno portato via, a bordo di un furgone. Nella zona, si è scatenata una tensione notevole. Un altro poliziotto ha sparato un bengala verso un carroarmato delle forze Isaf. Avrebbe potuto colpire il militare statunitense preposto al mitragliatore. Dubito che il marine coinvolto nella rissa sia stato ucciso, ma si sono sentiti dei colpi di kalashnikov in lontananza, forse dovuti alla continuazione della sua aggressività. L’entrata dell’aeroporto è stata riaperta. Il mio volo è partito per Kabul solo verso le 19. Jets ed elicotteri statunitensi decollavano dalle piste di Kandahar, nel buio. Per ostacolare gli elicotteri Usa, i piloti afgani hanno adottato delle tecniche di volo ispirate ai dirottamenti dell’11/9 e compiono ampie virate, in aria, prima di posizionarsi sulla linea di crociera. Lo scalo rimane un target fondamentale. Verso est, c’è un campo minato. Nella stessa zona, i kalashnikov accolgono gli aerei in arrivo da una postazione di guerriglieri talebani. Si sentono i proiettili contro i boeing. Il 29 agosto, il mio volo tra Londra e Delhi era stato colpito da tre missili, lanciati dal sud dell’Afghanistan, guidati da raggi infrarossi, esplosi contro la carlinga a 10.000 metri di quota. Un quarto missile, con una potenza maggiore, aveva colpito l’aereo in prossimità del confine con il Pakistan. L'impegno dell'Isi ad arrestare Omar è stato scarso. Nella guerra in Afghanistan, resta spazio per l'intervento delle Nazioni Unite.

BIN LADEN, TORA BORA E LA FINE DELLA GUERRA
Bin Laden è vivo e conduce i guerriglieri dei suoi reparti in Afghanistan e in Pakistan, in Waziristan e nella Nwfp. La sua presenza nelle due nazioni è sensibile ed è confermata. Gli afgani ribadiscono che il capo di al-Qaida avrebbe tuttora la propria base a Tora Bora e che disporrebbe di un’abitazione nella zona. Bin Laden, verosimilmente, utilizza anche altri punti di appoggio, a Parachinar e a Peshawar, in Pakistan. In una registrazione diffusa il 25 settembre 2009, il leader arabo si è riferito agli europei, auspicando una situazione di pace per chi si dimostra disponibile. I Governi e i soldati occidentali sono stati accusati di aver ucciso delle persone sotto l’egida della Nato. Secondo Osama, la guerra è destinata a finire e gli statunitensi si ritireranno oltre l’Atlantico. “Quando arrivarono gli humvees della gang di Washington, ai parenti delle vittime furono dati 100 dollari per ogni bambino trucidato. Gli eventi sanguinari di Madrid e di Londra possono essere capiti se si ricordano i Talebani assassinati o imprigionati. Le Nazioni Unite iniziarono a investigare i crimini del Nord e furono fermate dall’amministrazione di Bush”. In tutto l’Afghanistan si spara, ci sono dei morti e dei feriti, ma non è così facile morire, nemmeno durante una guerra. Osama bin Laden è quindi sopravvissuto alla battaglia di Tora Bora, con cui gli statunitensi conquistarono la roccaforte di al-Qaida nel 2001, nonostante i dubbi riguardanti la sua fine. La base di Tora Bora è posta a 30 km da Jalalabad, in grotte e bunkers, a est dei monti che separano Afghanistan e Pakistan, nel Distretto di Pachir Wa Agam, in provincia di Nangarhar. Il sito si raggiunge attraversando una zona di rilievi, con paesi isolati, inerpicandosi verso le alture. È facile adesso per bin Laden celarsi nei Monti Bianchi (Safed Koh) ed evitare di essere catturato. Oltre Jalalabad, c’è un posto di controllo della polizia afgana, formato da un immobile, da sacchi di sabbia e da brande, atto ad ospitare 4 o 5 guardie, armate di mitragliatori. Ho dovuto offrire al tassista la mia protezione di sicurezza, per farlo proseguire. Nei pressi di Tora Bora, ai piedi dei monti, ci siamo fermati in un abitacolo di legno, dove due afgani vendevano delle bibite, degli alimentari e, forse, della droga. Una macchina, che probabilmente ci stava pedinando, ha scaricato tre individui davanti alla casa di fronte. Uno dei proprietari del negozio ha fatto un segno, con la mano alzata, per soddisfare la mia domanda riguardante la presenza di bin Laden. Tora Bora. È questa la base di al-Qaida. Quando l’autista ha ripreso la strada verso nord-est, un camion, posto di traverso sulle corsie, ha fatto finta di fermarci, senza addurre altri problemi. A margine di Jalalabad, esiste un altro sito che adotta spesso il riferimento di Tora Bora, indicato come Al Badr, o Darunta, costruito negli anni ’80 con l’aiuto dell’intelligence statunitense, destinato ad addestramenti riguardanti l’utilizzo di armi chimiche ed elementi tossici. I training camps allestiti nella zona hanno adottato diversi appellativi: Hizbi Islami, Assadalah Abdul Rahman, Abu Khabab. Prima di Darunta, il fiume Kabul forma uno specchio d'acqua, dovuto ad una diga artificiale, riabilitata ed in grado di fornire 14 megawatts di potenza a Jalalabad, che conferma di essere un forefront e un punto strategico per la guerriglia dei Talebani. Le basi furono colpite dall’aviazione Usa nel 2001, così come il campo di Farmada, un centro a dieci chilometri dalla città, dove aveva vissuto bin Laden e dove abitava la famiglia del “Comandante” arabo. Quando ho percorso la strada verso Kabul, oltre Sarubi, dove il tragitto incontra un passo, ho notato dei carroarmati Isaf e forze di sicurezza, in prossimità di una svolta in cui avevo visto un anziano steso al suolo, sull’asfalto, in mattinata, coperto da uno straccio, davanti ad un furgone dell’esercito afgano armato di mitragliatore. La polizia mi ha allontanato in malo modo. I cadaveri assumono una strana rigidità. C'erano i segni di un conflitto. Sulla strada verso il centro di Kabul, nelle vicinanze dell’aeroporto, oltre i campi militari della Nato e dell’esercito italiano, un furgone bianco, riempito di miliziani in tenuta mimetica, con giubbotti antiproiettile e mitragliatori, ha fatto partire una grandinata di colpi dal kalashnikov montato sull’apposito sostegno. Si è vista la fiammata intermittente dei proiettili. Si è sentito dire che i guerriglieri sarebbero andati a sparare ai soldati italiani di stanza a Camp Invicta. Erano identici ai militari filmati di solito con bin Laden. Nonostante la divisa informale, il loro gruppo avrebbe potuto costituire una squadra connessa all’esercito afgano, o un drappello di Talebani. È rilevante evidenziare come la stessa unità che ha fatto notare a me gli spari sia entrata in azione quando rientravo da Tora Bora, volgendosi contro le truppe della Nato. Gli attacchi della coalizione Isaf contro le postazioni della base di al-Qaida proseguirono fino a due anni fa, con raid aerei e assalti. Vi sono notizie diffuse che confermano l’informazione secondo cui Osama bin Laden si rifugerebbe talvolta a Parachinar, il paese pakistano posto in prossimità del confine afgano, a sud-ovest di Tora Bora. In un articolo proposto dal sito www.sahab.net, noto per aver diffuso i video di bin Laden in passato e per essere redatto dagli esponenti di al-Qaida, Abdullah Bin Zaid Al-Khalidi si riferisce a “pounded partisan insidious new rules!” La somiglianza tra "partisan" e Parachinar lascia capire il ruolo svolto dalla zona e si può intuire un ringraziamento celato agli abitanti dell'agglomerato urbano. Uno stampato edito dal Mit (Massachusetts Institute of Technology), opera di Gillespie e Agnew, conferma che le zone abitate della regione pakistana di Parachinar sono tra gli insediamenti dove bin Laden potrebbe avere un rifugio. Osama visse per diversi anni a Peshawar, dove iniziò a supportare i mujaheddin che fronteggiarono l’invasione dei sovietici in Afghanistan, garantendosi l’intervento di Zbigniew Brzezinski, in veste di consulente di Carter alla Casa Bianca e costituendo un reparto di guerriglieri (Maktab al-Khidamat, o Afghan Service Bureau). Adesso, il leader arabo è ricercato dall’Fbi per l’assassinio di statunitensi al di fuori dei confini americani, per cospirazioni aventi lo stesso obiettivo e per attacchi ad attività federali, conclusesi con la morte. Il Maktab al-Khidamat fornì la base per costituire al-Qaida verso la fine degli anni ’80. A margine di al-Qaida, iniziò a diffondersi anche il movimento dei Talebani, che vantò 5 leaders tra gli adepti dell’Università della Jihad di Akora Khattak, un centro urbano di pochi abitanti, posto quasi alla periferia di Peshawar. L’Università di Jalozia, la scuola degli integralisti fondata da Abdul Rasul Sayyaf nello stesso periodo, ascrisse tra i propri seguaci Khalid Shaikh Mohammed e Ramzi Ahmed Yousef. Jalozia ospita migliaia di esuli afgani. In Pakistan ve ne sono 2.000.000, in Iran 1.500.000. Nella Nwfp, la maggioranza di essi è stipata ai bordi del fiume Indo. Bin Laden, sicuramente, conosce questa folla di disperati ed è stato tra di loro. A Peshawar, Osama aveva stabilito una base del Maktab al-Khidamat presso un vecchio lodge del Governo di Londra e viveva nelle vicinanze dell’University Town, attorno ad Arbab Road, nella zona di Sadar, tra la stazione e l’aeroporto. La città e la periferia di Peshawar potrebbero quindi fornirgli un terzo alloggio. Logisticamente, i guerriglieri devono rifornirsi di viveri, proiettili, armi e combustibile. Il <<Comandante>> dei mujaheddin, noto in tutto il mondo arabo, dispone di un esercito. Questo <<Comandante>>, in Asia, è Osama bin Laden. Ai margini della sua linea di azione vi sono guerriglie e scontri armati, in Afghanistan, in Waziristan, nella Valle di Swat e nel resto della Nwfp. La testa dei reparti di al-Qaida è quindi distinguibile. Il Pakistan tollera la presenza di integralisti e sovversivi nel proprio Stato. Lo stesso Isi è stato accusato più volte di fornire un sostegno agli estremisti e di attaccare gli statunitensi in Afghanistan. L’esercito di Islamabad ha lanciato un’offensiva nella roccaforte talebana del Sud Waziristan, per la quale stava aspettando l’autorizzazione del Governo. In passato, tre operazioni militari nella stessa provincia furono respinte dall’opposizione dei guerriglieri. L’atteggiamento conflittuale e rivoltoso dei Pashtun potrebbe essere un altro motivo della persistenza di ampie sacche di insorti che fronteggiano la Nato. Si sente dire che un plotone di qaedisti è stato spostato in Iraq e che il resto dell’armata si trova tra Afghanistan e Pakistan. La presenza dei leaders di al-Qaida, tra cui al-Zawahiri, dovrebbe essere confermata. In un video reso noto nel 2004, Osama bin Laden confermò la propria ingerenza e la colpevolezza di al-Qaida per gli attentati che colpirono New York tre anni prima. Nel film, lo stesso capo e i vertici della struttura sovversiva programmarono un’azione con una mappa che rilevava il Pentagono. Bin Laden e al-Qaida furono ritenuti responsabili anche degli attentati di Madrid (11.03.2004) e di Londra (7.07.2005). Gli arabi, tramite il sito www.sahab.net, indicano con il termine “ipocriti” i cristiani e i nemici dell’Islam. Ayman al-Zawahiri ha ricordato la morte di Baitullah Mehsud e ha incitato il supporto della jihad pakistana per la guerriglia nelle aree del Waziristan (Fata). La rappresentanza diplomatica di Islamabad a Milano sostiene che lo stesso al-Zawahiri è sorvegliato dai propri soldati in Pakistan. L’11.09.2001, con gli attacchi alle Torri Gemelle, iniziò la Terza Guerra Mondiale. Alle 8:46, l’aereo pilotato da Atta si schiantò contro il primo edificio. Alle 9:03, il boeing condotto da Marwan al-Shehhi centrò la seconda torre. I due stabili crollarono. Un film che mostra le immagini di entrambi gli attacchi è disponibile in You Tube, al link http://www.youtube.com/watch?v=kv4s3fn8jDc&NR=1&feature=fvwp. We are the Heroes. Siamo gli eroi. I militari occidentali combattono in prima linea…

KABUL
Il ferimento di due soldati italiani in Afghanistan non costituisce altro se non uno dei ripetuti fatti di tensione che contraddistinguono la guerra nella nazione asiatica. La vicenda ha colpito anche un componente delle forze statunitensi, ucciso dagli spari di un soldato nemico durante un’operazione logistica di scarico di merci. Il conflitto iniziò nel 2001 e non pare essere finito. Ovviamente, vista la presenza di Ayman al-Zawahiri, Osama bin Laden e Mohammed Omar in Afghanistan e in Pakistan, si dovrà domandare alle autorità di Kabul e di Islamabad un maggiore impegno per la cattura dei tre leaders di al-Qaida e dei Talebani. Altrimenti, ovviamente, il conflitto non potrà giungere ad una conclusione.

AFGHANISTAN
L’Afghanistan ha giacimenti di uranio e oro. I comandanti delle truppe statunitensi contrattano con Osama bin Laden e con Mohammed Omar l'evoluzione della guerra. Fonti residenti nella Nwfp confermano che i due leaders arabi sono attivi e che vivono tra Afghanistan e Pakistan, dove dispongono di proprie basi. La "quick line" che utilizzano gli estremisti, pronti, regolarmente, ad azionare squadre di auto, con contatti telefonici, è uno degli elementi distintivi della guerriglia afgana.

20/11/2009