La Favarella (Palermo) |
Il leader della Commissione Interprovinciale di Cosa Nostra, Messina Denaro, è segnalato nel mandamento di Castelvetrano, che dirige.
Denaro dispone di diversi rifugi, posti nel centro urbano, in periferia e nelle zone adiacenti. Un primo ricovero è stato indicato nell’area dei centri commerciali che accerchiano la città. Un secondo covo del boss si trova tra l’abitato e Selinunte, a margine di un esercizio noto con il termine di Bar Athena, ubicato oltre l’Arco della Principessa. Tra le proprietà di Denaro ci sono altri appartamenti, a Castelvetrano e a Trapani. Il gruppo economico di Messina Denaro dispone inoltre di una farmacia a Mazara del Vallo, dove il capomafia si nasconde, talvolta, in un ultimo immobile, facendosi notare saltuariamente.
I vigneti, gli aranceti, le saline, i casolari e gli uliveti dipingono il panorama tra Mazara, Trapani e Castelvetrano, dove si sentono spesso spari di armi. È ribadita l’informazione secondo cui Giovanni Motisi, giunto ormai all'obesità, si nasconde nei pressi della Favarella, nella zona alla periferia di Palermo nota per le proprietà della famiglia Greco. Sono gli stessi residenti che ne parlano, dicendo che Motisi, boss del mandamento di Pagliarelli, importa narcotici dal Sudamerica, dispone di almeno un immobile e utilizza una moto per gli spostamenti. L’isolato di Porta Nuova può fornirgli un altro rifugio.
Indubbiamente, i grossi arresti indeboliscono le strutture delinquenziali di Camorra, Cosa Nostra, ‘Ndrangheta, Sacra Corona Unita, Basilischi, Rancitelli, Banda di Roma e Fininvest. Dopo l’arresto di Raccuglia e di Capizzi, il mandamento provinciale di Palermo era rimasto senza un leader. Il ruolo di comando della Commissione provinciale è stato domandato dal centro urbano stesso, vista la presenza di un team di professionisti attivo nella massima divisione del campionato calcistico (l’Unione Sportiva Città di Palermo), atto a indirizzare profitti verso un business. La forza travolgente degli ultras avvalora l’istanza, ma il proprietario della maggioranza delle azioni della società, Zamparini, è friulano ed è solo connesso a Cosa Nostra, tramite le attività che gestisce.
Il nominativo del boss di riferimento, di un <<architetto>> in grado di conciliare i diversi interessi, può essere ricercato tra i siciliani proprietari delle quote di minoranza o tra gli altri esponenti mafiosi attivi nel mandamento. Si possono approfondire i ruoli svolti da Giuseppe Provenzano, Giovanni Motisi e Girolamo Biondino. Per la definizione dell’organigramma mafioso, assumono rilievo, come di norma, il lato economico e il sistema di spartizione dei finanziamenti statali. I titolari di grandi businesses e di ingenti patrimoni possono legittimamente aspirare al ruolo di novelli capi, in ogni provincia d’Italia.
Il Vice-Presidente del Palermo è Guglielmo Miccichè, fratello del più noto Gianfranco, esponente politico e socio d’affari di Dell’Utri e di Berlusconi. Lo stesso Dell’Utri, tra l’altro, è indicato in Sicilia con il suffisso di <<papa>>, per sottolineare la sua rilevanza nell’ambito di Cosa Nostra, di cui è considerato affiliato, fino a diventare un personaggio attiguo e integrante della Cupola, viste le sue connessioni mafiose e politiche. Berlusconi rimane il maggior boss mafioso agente in Italia e a livello internazionale. Cosa Nostra lo riconosce come proprio esponente di riferimento e gli assicura una <<convenzione>>, un rapporto stabile, che si trasforma tuttora nell’elargizione di sostegni politici e finanziari, come accadde in passato, durante il periodo dei pagamenti condotti da Bontade e da Calò. Lo scambio di voti politico-mafioso sottoscritto con il varo del progetto per il ponte sullo Stretto di Messina ribadisce i reati associativi e mafiosi attribuibili allo stesso Berlusconi e alla sua maggioranza politica.
I mezzi giornalistici deviati della Fininvest dirigono il sodalizio delinquenziale estesosi in Sicilia e in tutta Italia, facente capo al businessman di Arcore, che, inspiegabilmente, non è stato ancora denunciato in modo appropriato. Il partito politico del Pdl è diventato un dispositivo che unisce interessi mafiosi, politici ed economici, tramite i propri esponenti, a ogni livello amministrativo. I provvedimenti legislativi volti all’impedimento dei procedimenti giudiziari, tra cui la normativa destinata alle intercettazioni, costituiscono un’aggravante notevole per la condotta del Governo. Caltagirone è il secondo maggiore esponente della mafia economica, il cui organigramma sta sostituendo le tradizionali relazioni mandamentali.
Alfano, essendo siciliano, non può negare la propria appartenenza a Cosa Nostra, come tutti gli abitanti dell’isola. Le notizie relative a un attentato nei suoi confronti appaiono devianti e pretestuose. Nonostante l’egemonia tuttora esercitata, a Corleone, dal sodalizio Riina-Bagarella-Lo Bue, il ritorno di Giuseppe Riina nel paese palermitano è stato accompagnato da dichiarazioni volte a indicarlo come un capo <<deposto>>, bloccato dagli arresti domiciliari. Le ambizioni economiche esistenti a Corleone sono però inalterate. È distintiva la presenza di numerosi soggetti, dediti spesso all’attività venatoria, costituenti un gruppo armato.
L’arresto di Giovanni Arena ha chiarito il bilanciamento dei poteri a Catania, dove lo stesso latitante era nascosto, in un luogo già noto a molti investigatori. Il suo scostamento dal sodalizio egemone dei Santapaola e da Cosa Nostra era stato attribuito ad un elemento di brigantismo. I Santapaola mantengono una posizione notevole, soprattutto nell’ambito della Cupola regionale. La Baia di Mondello ospita dei loro investimenti, divisi tra i negozi, i bar, gli immobili e i ristoranti del porto. La Commissione Interprovinciale non si è solo riunita in questo centro: i suoi esponenti hanno stanziato ingenti somme per la realizzazione di esercizi commerciali.
Il ristorante dell’antico stabilimento balneare di Mondello espone i tratti caratteristici dell’architettura greca, tipica di Selinunte, che può far supporre un investimento indirizzato dallo stesso Messina Denaro, durante il periodo in cui Grigoli gli forniva la copertura adatta a riciclare utili. Il bistrot alloggia regolarmente esponenti di Cosa Nostra e politici agenti in ambito provinciale, regionale e nazionale (Lombardo, Miccichè,…), come il Grand Hotel et des Palmes. La confisca delle proprietà mafiose ha allarmato i siciliani, che adesso intendono diversificare le strutture patrimoniali delle società riconducibili a rappresentanti della delinquenza. È individuabile l’esistenza di una Cupola politica, che agisce in Parlamento per appoggiare gli interessi dell’intera regione, composta, tra gli altri, da Dell’Utri, Miccichè, Alfano, Cuffaro, Martino, D’Alì e Prestigiacomo.
La Sicilia presenta infatti un sistema unito ed evoluto, che mira a far progredire tutti i comparti economici regionali, l’occupazione e le infrastrutture essenziali. L’azienda di Cosa Nostra, a cui appartengono tutti i siciliani, offre quindi un ampio panorama produttivo. La struttura mafiosa evidenzia dei grandi mandamenti regionali: Palermo, Trapani, Agrigento e Catania-Messina. Gli affiliati a differenti bande mostrano la propria appartenenza tramite segni di riconoscimento. Nel capoluogo, ad esempio, i “motisiani” sono più grassi e hanno visi rotondi. Gli affiliati al gruppo dei Greco indicano la propria inclinazione indossando abiti di colore arancione, derivanti dall’agrumeto della Favarella, o esibendo distinti tratti. Le gangs dei giovani affiancano la tradizionale ripartizione dei mandamenti in cui è divisa Palermo. L’esistenza di bande è registrata anche a Catania.
La Favarella è una tenuta posta in periferia, tra l’autostrada e Via Ciaculi. Le strade del centro sono spesso invase da immigrati. Ci sono zone più ricche e ambienti degradati. L’immigrazione costituisce indubbiamente un problema ed è agevolata dall’ampio consumo di narcotici, propagati dagli stessi mafiosi. Gli sbarchi a Lampedusa non hanno fatto altro se non aggravare una situazione già difficile. Gioia Tauro e i porti del Sud offrono comodi sistemi per l’importazione di narcotici. Tra gli altri latitanti di Cosa Nostra compare Vito Badalamenti. Ogni proposta di amnistia non è razionalmente condivisibile.
I ricercati della Camorra sono Michele Zagaria, innanzitutto, Marco Di Lauro, Francesco Matrone e Pasquale Scotti. La loro latitanza non può durare a lungo. Il clan dei Casalesi, in Provincia di Caserta, i Lauro e i Di Lauro, a Napoli, dimostrano un ruolo egemone. Gli interessi dei camorristi si sviluppano notevolmente verso Roma. La ricchezza di Napoli è nota. Tra i gruppi edilizi, l’impresa Corsicato evidenzia caratteristiche proprie della Camorra. Indagato dal 1995 per associazione di tipo mafioso, assassinio, ricatti, rapine ed altro, Zagaria si inserì all’apice del consorzio delinquenziale casertano, giungendo ad occuparsi di appalti che riguardarono persino le linee ferroviarie regionali, la Tav, un carcere e una base radar della Nato. Il clan dei Casalesi non ha interrotto i propri affari ed è attivo in comparti diversi: appalti, edilizia, traffico di droga, riciclaggio, smaltimento di rifiuti tossici, immondizia, distribuzione di prodotti essenziali, ricatti, pizzi e decisioni politiche.
La condanna di Nicola Cosentino (Pdl) ha confermato le connessioni tra politica e Camorra. Il partito di Berlusconi è strettamente coinvolto persino nei rapporti con la ‘Ndrangheta, visto il progetto del ponte tra Calabria e Sicilia, gli interessi delinquenziali e i voti domandati in cambio dei finanziamenti. Condello, Giorgi, Varano e Pelle sono i principali ‘ndranghetisti latitanti.
11/11/2011