Gli isotopi radioattivi di uranio e il Reparto Cancro* dell'Ex-Jugoslavia

La dimensione dei problemi connessi alle patologie tumorali nell'Ex-Jugoslavia è notevole. Esistono malattie di cui sono portatori gli individui residenti in Bosnia e in Croazia, tra cui carcinomi, forme di leucemia, neoplasmi della cute e ustioni, dovute all’utilizzo di strutture atomiche, spesso non dichiarate alle autorità internazionali demandate al loro monitoraggio. I linfomi di Hodgkin e le neoplasie maligne che colpirono i soldati dell’esercito italiano impegnati in Bosnia e in Kosovo non sono quindi le uniche patologie riscontrabili tra gli individui che abitarono e che abitano nei Balcani. L’uranio impoverito dei proiettili adoperati da tutti gli eserciti durante i conflitti non è il solo motivo dei malori che affliggono migliaia di individui. Le radiazioni emanate da siti nucleari prima sconosciuti, rilevati in Bosnia, in Kosovo e in Croazia, sono sensibili e comportano effetti secondari non indifferenti. La radioattività degli isotopi di uranio e di plutonio, usati nelle strutture atomiche per la produzione di elettricità, è riscontrabile in centri urbani come Vukovar, Sarajevo, Bosanski Brod, Osijek, Batina, Krsko, Mostar, Zagabria. Indubbiamente, l’esistenza di progetti europei rivolti all’Ex-Jugoslavia non può ignorare istanze simili, oltre ai programmi di restauro e di sviluppo. Ci sono, d’altronde, troppe tonnellate di sostanze radioattive che si spostano sulle rotaie dei treni slavi. Il business dello smaltimento dei residui derivanti dalle reazioni atomiche è diffuso. Verosimilmente, durante la guerra in Bosnia, gli atomi di uranio e di plutonio furono usati come armi nei confronti degli eserciti avversari, ampliando la loro propagazione. La tecnologia dei siti si è evoluta, nei decenni, dimostrando, nell’Ex-Jugoslavia, tre tipi di strutture: i fabbricati costituiti da linee di reattori cilindrici, adatti ad alloggiare le fissioni (individuabili, ad esempio, a Zagabria e a Vukovar); i reattori cubici affiancati da sottili colonne evaporative di raffreddamento (utilizzati a Sarajevo, Osijek, Batina); i reattori con torri evaporative giganti, più moderni (come quelli di Tuzla, o di Shiraz). La Commissione parlamentare che investigò i motivi e l’incidenza delle patologie tumorali tra i soldati di stanza in Bosnia non evidenziò le strutture atomiche. Il sito sloveno di Krsko è noto. Nello stesso abitato, a scarsa distanza dall’impianto, si vedono altri macchinari che destano perplessità. La grande industria di Tetovo Brdo nasconde anche attrezzature nucleari. L’impresa occupa centinaia di individui, che raggiungono i capannoni ogni mattina. I tumori sono molto comuni. Gli enormi cilindri del centro atomico di Tuzla interrompono il panorama della landa bruciata dalle piogge acide. Le facce pallide dei residenti lasciano afferrare l’ampia incidenza della leucemia. Lo stesso abitato di Tuzla ospita numerosi siti sospetti. Uno degli impianti è gestito dalla ditta Tehnograd. A Sarajevo, ci sono due strutture atomiche notevolmente visibili, costituite da reattori uniti a colonne evaporative di raffreddamento. La prima è posta nei pressi della Caserma Tito, dove l’esercito italiano aveva stabilito la propria base all’inizio dell’operazione Eufor. I capannoni militari, adesso, sono rinnovati, ma presentavano, nei primi anni dell’impegno dei contingenti, pareti interamente traforate dai proiettili dei mitragliatori che colpirono la città durante la guerra. La presenza di U238 diventò altamente probabile e si sommò all’esistenza di radiazioni. A margine del centro, oltre la stazione degli autobus e dei treni, c’è infatti un altro impianto sospetto, formato dalle linee di reattori cilindrici per le fissioni. La produzione di componenti nucleari iniziò a Sarajevo nel 1951. La seconda struttura atomica è posizionata nella zona che si inoltra verso nord, aggirando i monti che sovrastano la città dal lato superiore. L’abitato di Mostar, similmente, ospita dei siti nucleari, uno dei quali è posto di fronte alla base delle truppe internazionali. Gli altri impianti manifestano strutture tecnologiche identiche ai sistemi spesso impiegati altrove: reattori cilindrici, silos e contenitori sferici per il plutonio e per gli scarti radioattivi, come quelli adoperati a Batina, nella centrale atomica croata che si nota al bordo dell’autostrada che attraversa tutta la nazione, verosimilmente adatta a produrre gli isotopi indispensabili al ciclo fissile. Visoko, Sanski Most, Prijedor, Sisak, Zirovsky e Podsusek alloggiano siti sospetti. Banja Luka, capoluogo della Repubblica Srpska, è il covo del gruppo di delinquenti e di briganti indicato con lo stesso termine di Banda di Banja Luka, che agisce come sodalizio mafioso in tutta l’Ex-Jugoslavia e oltre gli antichi confini nazionali. L’abitato accoglie molti reduci della Vrs (Vojska Republike Srpske), l’esercito della Repubblica Srpska. Nei pressi della stazione, è possibile notare l’esistenza di diversi impianti ambigui e altri siti dubbi sono individuabili ai limiti dei boschi che definiscono la periferia della città. Il mercato posto di fronte allo scalo ferroviario è adibito a campo di concentramento per i bosniaci non serbi. Le differenti etnie restano tuttora divise. Antrace e poliomelite sono diffusi. La tecnologia del III° millennio è in grado di sintetizzare isotopi di uranio in forma liquida, utilizzabili come combustibile in ogni reattore. Il centro per la produzione di elettricità di Bosanski Brod mostra il disordine tipico della maggior parte degli ambienti bosniaci. La destinazione duale (termica e nucleare) dei macchinari, volti a bruciare idrocarburi e a produrre fissioni atomiche, è ovvia, come in molti esempi identici. Vukovar somma un'altra condizione: i centri nucleari furono bombardati durante la guerra in Croazia. La dispersione di radiazioni, notevole in ogni impianto non moderno, si accentuò. L’onda elettromagnetica delle fissioni prodotte nei reattori cilindrici, di norma, diventa sensibile a 20 metri di distanza. La polizia svolge monitoraggi precisi. Il terminal ferroviario della stazione di Vukovar offre lo spettacolo unico dei treni che trasportano plutonio e materiali radioattivi, destinati al business illecito dello smaltimento. Gli scarti atomici furono trasferiti anche a Jazbec e nella regione dei rilievi di Borst, in Slovenia. Osijek e Lubiana dispongono di siti nucleari persino più ampi, uniti ad una ricchezza apprezzabile. Zagabria rimane la città più florida dell’Ex-Jugoslavia. L'istituto Rudjer Boskovic condusse programmi di arricchimento dell'uranio e dispone di numerosi impianti nucleari. I reattori di varie strutture, inoltre, sono individuabili ai margini dell’abitato urbano.

Film – Strutture atomiche in Croazia e in Bosnia



* <<Divisione Cancro>> è un'opera di Aleksandr Solzhenitsyn, edita nel 1967

18/08/2011