Il mandato di arresto di Gheddafi e l'occupazione del compound di Tripoli

I rivoluzionari libici hanno occupato il compound di Gheddafi a Bab al-Aziziyah. Dopo giorni di aggressioni, i guerriglieri dell’opposizione sono riusciti a conquistare ieri l’ultimo baluardo del regime del rais. Gli scontri sono durati ore. I commandos dei miliziani hanno prima condotto una manovra di riorganizzazione, accerchiando e assalendo quindi la fortezza del tiranno, utilizzando anche missili Rpg. I soldati delle truppe governative, destinati alla protezione della base, sono stati sconfitti rapidamente. La residenza è stata invasa, saccheggiata e incendiata. I rivoltosi hanno incamerato le armi dei depositi. Sono stati avvertiti colpi di mitragliatori destinati dall’esercito lealista allo stesso compound. I jets della Nato hanno bersagliato altri obiettivi strategici. I contrasti sono continuati in tutta Tripoli. Le truppe governative stanno impiegando i propri armamenti, tra cui mortai atti a lanciare bombe verso il bunker e verso le zone controllate dai nemici. Si sentono spari ed esplosioni. Sono state adoperate decine di missili Grad. I sobborghi di al-Mansoura e di Bab al-Aziziyah alloggiano i maggiori scontri. La situazione resta confusa. Il figlio di Gheddafi, Saif al-Islam, si è fatto notare in mezzo alla folla e ha parlato con i giornalisti occidentali, dimostrando di monitorare tuttora delle frazioni della città. L’aeroporto internazionale e lo scalo di Mitiga sono soggetti a lotte. I guerriglieri, vestiti con divise mimetiche e armati di kalashnikov, sorvegliano molte strade del centro urbano. I cadaveri delle vittime giacciono a terra, sotto pezzi di stoffa. Il numero dei morti dovuti agli incidenti dei giorni passati è incerto. Le fonti più attendibili hanno indicato almeno 400 perdite. I furgoni delle milizie, attrezzati con mitragliatori e con lanciamissili, attraversano il centro urbano. I residenti esultano, soprattutto nei sobborghi di Tajoura e di Bengasi. Donne e bambini svolgono attività normali. Il rancore nei confronti del dittatore è notevole. La Libia è ricca di giacimenti di idrocarburi. Le sculture e le effigi rappresentanti Gheddafi, la cui posizione è sconosciuta, sono state distrutte, con gesti che ricordano la demolizione delle statue di Saddam in Iraq. Il terminal petrolifero di Ras Lanuf è finito nelle mani dei rivoltosi ieri. La città industriale di Brega è caduta sotto gli attacchi dei soldati di Bengasi lunedì. Chavez ha manifestato ancora il proprio sostegno per Gheddafi, storico alleato del leader venezuelano, noto per le connessioni con la mafia americana. È quindi diventata evidente la struttura della mafia internazionale, che dispone di propri esponenti politici in tutti i continenti (Berlusconi, Gheddafi, Alfano, Frattini, Borodin, Chavez, Sonia Gandhi, Pacolli, Topi,…). Il mandato di arresto nei confronti di Gheddafi, di Saif al-Islam e di Abdullah al-Senussi, redatto dalla Prima Camera del Tribunale Penale Internazionale, è categorico. I tre leaders libici sono stati incriminati dalla giustizia delle Nazioni Unite per aver ordinato persecuzioni e assassini. La loro responsabilità è indubbia e la loro incarcerazione è inderogabile. Gheddafi, in veste di Capo di Stato, era il comandante delle forze armate libiche. Saif al-Islam agiva come Primo Ministro e Senussi era posto alla sommità dell’intelligence militare. L’operazione alleata Unified Protector è ancora attiva. La Nato monitora l’uso di missili Scud, il cui impiego da parte delle truppe governative di Sirte è stato ribadito dai libici. In modo inaspettato, però, il regime di Gheddafi è finito.

24/08/2011