Il vittimismo di Gheddafi è solo propaganda. Esistono scarsi rilievi relativi al vero numero delle morti registrate in Libia. La piazza principale di Bengasi alloggia un mig e dei carroarmati, che i rivoltosi hanno ritirato all’esercito di Tripoli. Nel porto, sono ancorate tre navi della marina ufficiale, attrezzate con lanciamissili, sonar e radar, diventate di proprietà del Governo dei rivoluzionari. Un caseggiato accoglie apparecchiature radio e spaziali. L’intervento della Nato ha tagliato le capacità militari delle truppe libiche, che dimostrano, però, una robusta resistenza. Cinque insorti sono stati uccisi ieri nei pressi di Misurata, nell’ambito dei contrasti con l’esercito, che sta adoperando l’artiglieria pesante. La cifra è stata resa nota da fonti mediche. Durante la stessa giornata, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha discusso al telefono con il premier libico la situazione esistente. Gheddafi resta aggrappato al proprio potere con tutti i mezzi. Negli ultimi giorni, i guerriglieri sono riusciti a conquistare il centro urbano di Al-Qawalish, posto a 11 km da Tripoli, dopo 6 ore di scontri armati con dei contingenti lealisti, che hanno coinvolto l’utilizzo di missili, di ordigni Grad e di mortai. La caduta di un checkpoint ha permesso ai miliziani di entrare nell’abitato, incendiando una stazione per la trasformazione dell’elettricità. Alcuni mercenari provenienti da nazioni sub-sahariane sono stati fatti prigionieri. Il fronte costiero si sta lentamente spostando. I rivoluzionari, che attaccano da sud e da ovest, sono giunti a 13 chilometri da Zlitan e intendono aggredire i centri strategici di Gualish, Asablah, Gharyan e Zawiyah. Le onde radio trasmettono ancora una frequenza derivante dall’Arabia. I telefoni mobili non sono connessi a providers occidentali o internazionali. Il compound di Gheddafi a Bab al-Aziziya alloggiava un centro di comando e di controllo del terrorismo libico e dell’esercito. A Bengasi, scritte e caricature denigranti il rais hanno sostituito i dipinti inneggianti al pascià di Tripoli, normalmente apposti sulle pareti degli immobili in tutta la Libia. Gli arabi alimentano conflitti ai confini dei propri Stati, che assumono le indoli di jihad nei confronti di nazioni nemiche. All’inizio della crisi libica, il Sudafrica ha avanzato subito delle proposte di conciliazione e di tregua inaccettabili, ponendosi di fatto contro le decisioni dell’Occidente. Simmetricamente, i musulmani sono perplessi, di fronte al fatto che siano proprio gli statunitensi a prestare supporto e difesa ai rivoluzionari in Libia. L’Iran di Ahmadinejad e di Khamenei si è schierato a sostegno di Gheddafi, garantendo forniture di missili SAM e di lanciagranate. La Russia ha mantenuto una posizione permissiva. Il Governo della Rivoluzione di Bengasi ha stabilito relazioni diplomatiche con esponenti cinesi.
Film: Il porto di Bengasi e un sito atomico
Alessandro Ceresa ©
09/07/2011