The atomic sites of Gaddafi in Libya

Gheddafi aveva definito dei programmi di sviluppo nucleari, la cui origine derivava da impianti allestiti a partire dagli anni ’70 e ‘80, come in altre nazioni islamiche. L’esistenza di siti volti all’utilizzo di uranio per la produzione di elettricità in Libia è avvalorata dai rilievi empirici, implica la possibilità, per il pascià di Tripoli, di produrre armi atomiche e ribadisce il problema della presenza di armamenti illeciti in tutti gli Stati arabi. Ovviamente, quest’ultimo aspetto non è accettabile dall’Occidente e include la minaccia reale di rappresaglie consistenti per ogni atto eversivo degli stessi musulmani nei confronti di Europa e Stati Uniti. Gheddafi ammise di aver condotto un piano di riarmo non convenzionale, nonostante la firma dei principali trattati internazionali. Le sanzioni verso il regime erano quindi dovute. Il progetto di evoluzione di armi atomiche fu individuato e riconosciuto. La Libia mostra tuttora decine di sospetti siti nucleari, normalmente posti nei pressi dei centri urbani e dei targets strategici. Tripoli era agevolmente in grado di estrarre, di convertire e di arricchire uranio, di manipolare, irradiare e separare plasma, plutonio e altri isotopi (U235 e U238), impiegando reattori di ricerca e power plants duali (termoelettrici e nucleari), destinando gli scarti radioattivi a obiettivi militari, adoperando tonnellate di materiali e capacità tecnologiche fornite da altri Paesi, tra cui Niger, Pakistan e Unione Sovietica. Il network di proliferazione gestito da A.Q. Khan si dimostrò molto attivo negli Stati arabi e giunse a supportare le ambizioni di Gheddafi. Il rais si accaparrò disegni per armi atomiche e per inneschi implosivi, impianti, macchinari, metalli e training per tecnici arretrati. La documentazione fornita dallo scienziato pakistano era comprensiva di schemi per l’inserimento di metallo di uranio in una bomba, per la produzione della reazione, per la compressione di lenti esplosive e di nuclei. Il programma clandestino fu formalmente smantellato al fine di eliminare le sanzioni imposte dal sistema internazionale. La trasparenza della Libia restò dubbia. Il regime di Gheddafi e l’Iran, probabilmente, si procurarono ordigni nucleari grazie alla fuoriuscita di testate dall’Unione Sovietica, registrata alla fine della Guerra Fredda. I siti libici menzionati dalle istituzioni preposte al monitoraggio degli sviluppi nucleari sono individuabili a Tripoli, Tajoura, Jarmah, Janzour, El Ezeizia, Al Fallah, Sawani, Al Karamia, Al Khalla, Salah Eddin, Al Hashan e Sabha, ma vi sono altre strutture atomiche non dichiarate alle autorità internazionali. Gli aeroporti di Sabha, Mitiga e Tripoli mostrano regolarmente impianti posti nei pressi degli scali, distinguibili dalle terminazioni per i fili e dalle strutture per la produzione di elettricità. Altri siti sono riconoscibili a Benghazi, Ajdabya, Tobruk, Mellitah, Az-Zawiyah, Ar Rabta, Jarmah, Al Aziziyah, Al Jufra, Cufra, Misurata, Sirte, Zuara, Espiaa e Al Bumbah. Il centro di ricerca di Tajoura fu aperto nel 1983 ed è affiancato da strutture dubbie. A Tripoli, ci sono impianti sospetti nelle zone di Alfalh Road, University Road, Airport Highway e Asswani Road. L’abitato di Tobruk alloggia tre power plants. Il primo occupa un’ampia zona nei pressi del porto e mostra depositi per il carburante, macchinari per la combustione degli idrocarburi e dell’uranio, torri evaporative di raffreddamento, caseggiati per procedimenti sussidiari, involucri sferici per il plutonio e terminazioni per l’elettricità. Il secondo impianto è ubicato di fronte al molo ed è costituito da diversi fabbricati, che contengono reattori cilindrici per la fissione degli isotopi e ordinarie attrezzature di sostegno. Il terzo sito, visibile a margine della strada che conduce ad Al Bumbah, è composto da involucri per liquidi, uniti a un immobile per i soliti reattori cilindrici bianchi e per gli uffici tecnici. Nonostante gli attentati che interrompono le forniture di elettricità, i power plants di Benghazi sono attivi e hanno natura atomica. Lo spazio tra il centro urbano, l’entroterra desertico e l’aeroporto accoglie un vasto impianto, con molteplici reattori e colonne di raffreddamento. Tralicci e cavi derivanti dall’origine ribadiscono l’effettiva produzione di elettricità. Il lungomare alloggia quindi altri due strutture atomiche, con macchinari identici e strutture di appoggio, atte a fornire numerosi megawatts di potenza. Il primo sito è individuabile dietro gli attracchi della marina. Il secondo ingombra un’ampia area della fascia costiera, in direzione di Kuwayfiyah. Ci sono altri impianti dubbi in tutto l’abitato. L’autostrada che conduce al fronte di Brega offre l’opportunità di notare due siti sospetti, in mezzo al Ghibli che soffia la sabbia rossa del deserto. I cilindri di alluminio che si vedono nei pressi di Qaminis lasciano intuire l’esistenza di un impianto industriale, con probabile tecnologia atomica. Az-Zuwaytinah è un abitato che si affaccia sul Golfo di Sirte. L’adozione di reattori di limitate dimensioni fa capire la natura nucleare del sito che appare al bordo della strada, a scarsa distanza del centro urbano: non esistono, infatti, nei paraggi, altre fonti per la produzione di elettricità. Si tratta di capire come fu utilizzato il plutonio prodotto dalle strutture atomiche in Libia, a cui si aggiunse l’isotopo spedito dalla Tunisia come materiale radioattivo di scarto dei propri impianti. L’uranio ha delle capacità ustionanti, che giungono a formare delle macchie rossastre sulla cute degli individui, persino come trasmissione congenita. La base missilistica per gli ordigni SAM (Surface to Air Missiles) di Tobruk coincide praticamente con l’aeroporto Gamal El Nasser. L’esercito di Tripoli stabilì a Rabta una fabbrica per elaborare gas nervino e un’azienda destinata a produrre proiettili e ordigni. Un altro centro per la sintesi di armi non convenzionali era stato realizzato a Tarhuna. Nelle vicinanze dello stesso impianto, ci sono altri siti sospetti. I missili erano prodotti a Tarhuna, Rabta e Gawat.

Film: Siti nucleari e strategici in Libia



Alessandro Ceresa ©

08/07/2011