Ratko Mladic

L'abitazione di Ratko Mladic a Lazarevo
Goran Hadzic dovrà essere incarcerato in tempi rapidi. Il Presidente serbo Boris Tadic ha ribadito oggi l’intenzione di catturare l’ultimo ricercato dalla giustizia internazionale, esprimendo il proprio impegno nella guerra contro la disonestà. Ratko Mladic è stato arrestato il 26 maggio nell’abitazione fornitagli da un proprio cugino, Branislav Mladic, a Lazarevo, in Uliça V. Karadžića 2. Gli agenti serbi sono entrati nell’appartamento all’alba, perquisendo contemporaneamente altri tre immobili, alla ricerca di immigrati provenienti dalla Bosnia. Nonostante i primi timori relativi allo stato di salute dell’ex comandante della Vrs, gli esami medici hanno evidenziato condizioni sufficienti per il trasferimento all’Aia, che è stato confermato. I legali di Mladic hanno adesso due giorni di tempo per opporsi all’estradizione. I giudici dell’Icty, d’altronde, hanno istruito il procedimento nei suoi confronti, che potrà essere unito al procedimento di Karadzic, o svolto singolarmente. L’arresto di Ratko costituisce un segnale forte, che dovrà implicare altri provvedimenti nei confronti di delinquenti ricercati in ambito internazionale, tra cui Gheddafi, Messina Denaro, Al-Bashir e Berlusconi, chiaramente invitato a lasciare il posto che ricopre dai maggiori leaders mondiali, così come lo stesso Gheddafi. Fotografato durante istanti di lavoro, con il viso spesso nascosto dalla barba, Mladic è adesso imprigionato a Belgrado, sotto l’attento monitoraggio delle forze di polizia. Facendosi arrestare, il comandante della Vrs ha voluto inserirsi in un momento storico particolare, nell’ambito della guerra lanciata dal Pentagono nei confronti dei regimi arabi in Iraq, in Afghanistan e in Libia. L’incarcerazione di Ratko Mladic comporta, per la Serbia, l’opportunità di uscire definitivamente dall’isolamento in cui era stata relegata dopo la guerra in Bosnia. Le nazioni che compongono la regione dei Balcani sono tuttora attraversate da contrasti latenti, riconducibili nell’alveo della tranquillità grazie a una politica europeista che sostenga l’apertura e la riconciliazione. Belgrado si è quindi rivolta con decisione verso l’ingresso nell’Unione Europea, il cui iter implicherà differenti anni di attesa. I serbi intendono velocizzare l’integrazione, per non rinunciare alle opportunità di sviluppo. Il contrasto tra Serbia e Croazia è notevolmente sentito, soprattutto per il grado di ricchezza che Zagabria sta dimostrando, visto da Belgrado come un elemento di potere egemonico. La Repubblica Srpska è rimasta arretrata rispetto al resto dell’Ex-Jugoslavia. Gli arabi asseriscono di aver conquistato la Bosnia e questo fatto è sicuramente vero per una larga frazione di essa. Tutti gli abitanti degli Stati slavi, al contrario, ribadiscono la propria appartenenza alla società europea, contrapponendosi alla diffusione della mafia e proponendosi come piattaforma ottimale per gli investimenti, al posto dello Stato italiano. Indubbiamente, questo aspetto è apprezzato dagli europei, tradizionalmente avversi alla mafia. Dialetticamente, però, i serbi vedono la Bosnia come un protettorato di Roma, siccome l’esercito italiano è attivamente coinvolto nelle operazioni di stabilizzazione. Ci sono ancora molti individui che mostrano i segni della guerra, con ustioni e cicatrici indelebili in viso. Per questo motivo e per la condotta dei contingenti serbo-bosniaci, Ratko è acclamato come un eroe dalla popolazione. Il bombardamento del mercato di Markele, a Sarajevo, indicato come atto criminoso e posto a fondamento dell’intervento militare alleato in Bosnia, fu sicuramente ordinato da Ratko Mladic, che ricorda lo svolgimento di un’azione normale nell’ambito della guerra che oppose Vrs e contingenti bosniaci. Poliziotti e nazionalisti si confrontano ancora nei giardini della residenza presidenziale di Belgrado. I ragazzi che hanno fomentato le rivolte ostentano i segni dei violenti scontri. I disordini degli estremisti hanno comportato due feriti nel centro di Novi Sad e si sono estesi alla Bosnia. Lo stesso Ratko ha invitato i dimostranti alla tranquillità. L’azione di una ceka di croati a Belgrado è stata menzionata come motivo dei problemi che colpirono il centro urbano in passato. Sono ribaditi, infine, i sospetti dei serbi nei confronti delle morti di Izetbegovic e di Rugova, viste come “utili sparizioni”.

Belgrado, 28 maggio 2011

Alessandro Ceresa ©