
Il Governo di Berlusconi si è distinto per aver tutelato soprattutto gli interessi parziali di gruppi spesso connessi alla mafia. Durante la legislatura, l’esecutivo ha approvato il progetto del ponte sullo Stretto di Messina, le iniziative legislative contro il potere giudiziario, gli aiuti agli istituti finanziari e altri provvedimenti, voluti dalle lobbies che riescono a indirizzare il procedimento decisionale, o dovuti a urgenti impegni statali. Le amministrazioni gestite dal Pdl hanno confermato un sistema di spartizioni disonesto e mafioso, che riempie le panze di molti politici. L’allontanamento di Fini da Berlusconi è apprezzabile, così come doveva essere contestato lo scioglimento di Alleanza Nazionale, che permise al magnate di Arcore di dirigere le opzioni di voto del centro-destra verso il solo partito del Pdl. Tremonti, d’altra parte, non ha mai dimostrato di essere uno statista e un esperto di livello internazionale, ma solo un ottuso fiscalista con interessi personali spesso condotti nell’ambito dell’amministrazione finanziaria. È forse giunto il momento, inoltre, di chiarire le idee ai politici e ai sedicenti tecnici in merito al progetto del ponte sullo Stretto di Messina: si tratta di un affare statale inopportuno, voluto da Berlusconi come finanziamento alla mafia, in cambio del supporto politico di Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Camorra, domandato a gran voce dalla Cupola, a scapito di investimenti più adatti allo sviluppo. Il finanziamento del ponte stesso colpirà tutto il sistema-Paese. Berlusconi sta aspettando di accaparrarsi altri cospicui affari grazie al ruolo di premier. Il decreto milleproroghe non riguarda solo il differimento di misure in scadenza. La lobby dei fondi comuni di investimento ha conquistato sgravi aggiuntivi delle rendite. La lobby televisiva ha
distolto dei finanziamenti stanziati per la banda larga verso il digitale terrestre. Lo scandalo della P3, inoltre, non riguarda solo Dell’Utri, Carboni, Cosentino, Lombardi e Caliendo. La “nuova P2” è nota ed è la loggia deviata che fa capo a Berlusconi, a cui appartengono esponenti come Previti, Moratti, Gelmini, Tremonti e Martino, oltre a tanti altri politici e agli aspiranti lobbisti. Le connessioni con i sodalizi mafiosi sono evidenti. È ovvio che l’amministrazione dello Stato italiano rimarrà arretrata, per colpa di precise responsabilità politiche... Si potrà indagare, ad esempio, se la destinazione di ingenti fondi nazionali ed europei alla realizzazione di uno stadio grazie ai finanziamenti dell’Expo 2015 a Milano, decisa da Berlusconi e da Letizia Moratti, è illegale, visto il conflitto di interessi che coinvolge i proprietari dei teams milanesi, che ne trarranno ampi introiti.
19/03/2011