L’Iraq sta concedendo contratti per l’estrazione di idrocarburi dai propri giacimenti, nella speranza di riuscire a trarre ingenti profitti finanziari. Gli iracheni pensano di migliorare la propria statura nell’ambito dell’Opec, sostenendo le esportazioni e l’espansione della produzione, soprattutto nel Sud della nazione. Gli idrocarburi, però, non costituirono il motivo dell’attacco statunitense all’Iraq, ma legittimarono la Guerra del Golfo e l’intervento in Kuwait. L’intera zona ospita, nel sottosuolo, petrolio e gas. Il profumo intenso degli idrocarburi invade l’aria nei pressi dei grandi giacimenti. Prima di giungere a Bassora e a Baghdad, ai margini dell’autostrada che attraversa il deserto, diretta a Nassiriya, nelle province di Najaf e Babil, a Kirkuk e ad Al Amarah, i pozzi dipingono il panorama, fiancheggiati da impianti per l’estrazione e la raffinazione, che spesso possono essere connessi a siti sospetti. Le fiammate che escono dalle colonne estrattive sprecano combustibile e dimostrano una scarsa intelligenza. I miasmi sono visibili da ampia distanza. Il petrolio affiora sulla superficie arida. Si distinguono macchie di idrocarburi che bruciano. Gli addetti sono spesso ustionati dagli incendi. I maggiori campi petroliferi sono Rumaila, West Qurna, Zubair, Buzurqa, Fauqi, Abu Ghirab, Baghdad, Kirkuk, Bai Hassan, Mansuriya, Akkas,… La conformazione geologica dell’Iraq dispone di una linea di giacimenti che attraversa tutta la nazione, da nord a sud, secondo il corso del Tigri. Finita la guerra, gli iracheni si attendono investimenti da parte delle grandi compagnie occidentali, che potrebbero, però, rivolgersi altrove. La capacità estrattiva dovrà essere potenziata, ma i problemi sono molteplici. Infrastrutture inadeguate, amministrazioni e istituzioni paralitiche, tecnologie rudimentali, sicurezza instabile, un sistema di visti bizantino, la guerriglia e procedure d’esportazione complicate sono solo le principali difficoltà che ogni investimento deve affrontare. Il petrolio estratto dal deserto, inoltre, è spesso mischiato a sabbia. Il brent del Mare del Nord, per questo motivo, è più pregiato. Le esportazioni di petrolio iracheno, mensilmente, oltrepassano 4 miliardi di dollari. I porti che si affacciano sullo Shatt al-Arab permettono le spedizioni intercontinentali. Le compagnie statali si occupano di condurre progetti, estrazioni, trasporti, esplorazioni, marketing, distribuzioni, sviluppi e trainings. Tra gli investitori esteri, oltre agli Stati Uniti, compare persino l’Egitto. I principali impianti per la raffinazione sono posti a Bassora, As Samiwah, Ad Dawah, Hadithah, Bayji, Kirkuk, Al Qayyarah e Mosul. Gli oleodotti esistenti risentono delle difficoltà tecnologiche e gli iracheni ne stanno costruendo altri. La dispersione di materiali è notevole. Camion e autobotti attraversano le principali arterie di collegamento dello Stato. Il costo del petrolio, d’altronde, ha raggiunto livelli insostenibili, tali da far apprezzare l’utilizzo di fonti e di tecnologie innovative nel mondo occidentale.
Film: Giacimenti di idrocarburi in Iraq
10/11/2010