L’arresto di Ratko Mladic è connesso alle trattative di ingresso della Serbia nell’Unione Europea. Il comandante della Vrs dispone ancora di differenti abitazioni a Belgrado. Gli appartamenti siti in Blagoja Parovića 117 e 117a sono stati esplorati dalla polizia. Gli agenti hanno incontrato i familiari di Mladic e hanno espropriato dei soldi in contanti. Le indagini sono condotte giornalmente. Ratko, però, può celarsi in ogni modo. Nei sobborghi di Belgrado, in Vidikovački Venac 83, Mladic è proprietario di un altro appartamento, posto al 10° piano di un caseggiato inserito in una zona residenziale, costituita da giardini, alberi e immobili quasi identici. Le porte del fabbricato sono due. L’entrata principale è ordinaria e mostra circa 120 citofoni. L’uscita che si vede sul retro è rovinata. Tra le diciture eseguite sull’intonaco si legge la scritta <<tobix>>, che potrebbe indicare la presenza di Ratko o dei <<rats>>, termine che indica i componenti della squadra del criminale serbo-bosniaco. Mladic può quindi sfruttare questo rifugio e nascondersi agevolmente persino nelle pertinenze dell’abitazione. <<Non vogliamo che il generale sia arrestato>>. Un individuo con la barba, di 50 anni, ha spiegato il supporto di cui Ratko Mladic dispone tuttora. In Serbia, il leader della Vrs è stimato, essendo un eroe della guerra in Bosnia. La filmografia nazionale ne rappresenta le gesta durante il conflitto, che si rivelò atroce e sanguinario, visti gli scontri, i bombardamenti e le morti. Gli ospedali accolsero migliaia di feriti. La zona di Vidikovački Venac è abitata da bosniaci di etnia serba. La presenza di Ratko è confermata dai commenti dei passanti. La padrona di un bar ha parlato di <<madame>>, intendendo Bosiljka Mladic, che dovrebbe aver visto e conosciuto. Marito e moglie sono spesso in contatto. Il terzo appartamento di proprietà di Mladic a Belgrado è posto in Petra Lekovica, una strada residenziale ubicata nella zona di Banovo Brdo, a scarsa distanza da Blagoja Parovića. Il numero esatto dell’immobile non è noto, ma nessuno fornisce informazioni utili. La polizia serba ha perquisito la casa, affittata ad un’altra persona. Ci sono tracce precise che potrebbero ricondurre al sospettato, come i graffiti sui muri e le persiane di alcuni caseggiati. I fabbricati sono moderni. Un ristorante e una sala giochi costituiscono gli unici esercizi aperti. La famiglia Mladic possiede un altro appartamento in Ratka Mitrovica 75. Il primo piano è abitato da una signora giovane, ma le stanze poste sul retro dell’abitazione potrebbero fornire un utile rifugio. Il negozio al pianterreno offre in vendita differenti merci. La polizia dimostra di avere un ottimo coordinamento e ha recapitato un mandato presso un ingresso adiacente. Il Tribunale Internazionale per l’ex Jugoslavia ha rinnovato le incriminazioni nei confronti di Ratko Mladic, responsabile di crimini di guerra per la condotta del proprio esercito durante il conflitto in Bosnia. Il comandante della Vrs può avere altri nascondigli in Serbia e talvolta spara. L’arresto di Dragan Vasiljkovic, noto con lo pseudonimo di Capitano Dragan, ha ingrandito il numero dei criminali di guerra assicurati alla giustizia. Vasiljkovic è stato fermato e gettato in carcere in Australia, dove si era rifugiato e dove l’Alta Corte dell’ordinamento statale aveva approvato la sua estradizione in Croazia. Come paramilitare, Dragan fondò un’unità di miliziani (i Knindze) e si occupò della difesa della Repubblica Serba di Krajina dal 1991 al 1995, fino a quando l’esercito di Zagabria riuscì a riconquistare la provincia grazie alle operazioni Flash e Storm. Vasiljkovic Dragan agì in connessione con Martic e Simatović, testimoniando nel procedimento contro Milosevic all’Aia. La Croazia lo inserì tra gli individui sospettati di crimini di guerra, accusandolo di aver ucciso e torturato dei prigionieri. Il Capitano Dragan era un mercenario. In Australia fu integrato per 4 anni nell’esercito ed era abilitato al volo aereo. Le Tigri di Arkan, infine, costituiscono un gruppo tuttora esistente. Un comandante dell’Uck, Sabit Geci, sospettato di aver partecipato a crimini di guerra in Kosovo e in Albania nel 1999, è stato arrestato all’inizio di maggio. L’accusa di aver torturato dei carcerati dovrà essere valutata precisamente. Nell’abitato serbo di Raska, le autorità hanno rilevato una fossa comune con i resti di 250 albanesi, morti durante il conflitto che colpì il Kosovo durante il biennio 1998-1999. Il centro urbano è posto a scarsa distanza dalla provincia, nei pressi di un punto di confine dove i poliziotti fanno deportare tramite autobus chi non ha i visti regolari per l’ingresso in Serbia. I mirini infrarossi dei missili della Nato monitorano la frontiera dalle postazioni che sovrastano la strada verso Mitrovica. Le esumazioni delle tombe impegneranno anche i militari alleati di stanza in Kosovo. L’ordine di eseguire la sepoltura collettiva fu verosimilmente fornito da Vlastimir Djordjevic, viceministro dell’Interno di Milosevic. Il magistrato che sta perseguendo i crimini di guerra, Vladimir Vukcevic, ha ribadito il proprio impegno nei confronti della giustizia internazionale. Nel 2001, furono rinvenuti i cadaveri di 830 albanesi kosovari nei sobborghi di Belgrado e in due paesi. Altre esumazioni sono state eseguite in un sito posto nei pressi di Vushti-Vucitn alla fine del 2009. Le forze internazionali di polizia dell’Unione Europea, rivolte al sostegno del ruolo della legge in Kosovo, hanno evidenziato l’utilizzo illecito di fondi e hanno indagato diversi esponenti del Governo per abusi d’ufficio, tangenti, connessioni con il crimine e corruzione. La presenza di Behgjet Pacolli nel Parlamento kosovaro dimostra il grado di infiltrazione della mafia nelle istituzioni. Pacolli, manager della Mabetex, potrebbe ambire a programmi per lavori edili. A Belgrado, la droga non è tollerata. <<Questo è uno Stato di polizia>>. Gli agenti sottolineano con orgoglio la legalità che vige in città. Le sostanze stupefacenti, inoltre, sono spesso importate da indiani e musulmani. Nell’ambito degli scontri etnici tuttora in atto, i serbi vietano e puniscono l’uso di droghe, per evitare di finanziare gli stessi islamici e per non agevolarne l’immigrazione. Di conseguenza, Belgrado è un centro urbano più vivibile di altre capitali europee. Gli arresti di individui connessi a traffici illeciti di narcotici hanno riguardato diversi gruppi criminali nei mesi passati. Similmente, la società serba non è di origine mafiosa, ma si contraddistingue per essere una società massonica. I Ministri degli Interni di Croazia e Serbia hanno stabilito di costituire un centro congiunto per il contrasto dei crimini e dei sodalizi mafiosi, aperto all’adesione di altri Stati. Indubbiamente, il ruolo dell’Unione Europea può essere sfruttato per la stabilizzazione dell’ex Jugoslavia, grazie all’annessione delle differenti nazioni.
09/05/2010