Le navi da guerra di Tel Aviv invadono tuttora le acque libanesi. Vi sono scontri di confine tra guerriglieri e soldati israeliani, ma Hezbollah non è una formazione eversiva. È un partito e dispone di milizie armate per affermare il proprio ruolo di falange a sostegno all’esercito regolare e per agire, soprattutto, come forza di resistenza nel Sud del Libano, volta a difendere lo Stato dagli attacchi di Israele, con cui intraprende, da anni, conflitti armati. Il sostegno ad Hamas ne definirebbe i metodi irregolari. I militari di Simon Peres si infiltrano tuttora in Libano, impegnando il contingente dell’Onu in un’azione di contenimento destinata a proteggere le frontiere. Unifil 2 può disporre di 15.000 soldati. L’Italia ha un contingente di circa 2.500 uomini. Il Ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, ha dichiarato che il proprio esercito sta monitorando attentamente il confine. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha invitato i due Stati nemici ad afferrare l’opportunità di costituire una tregua definitiva, rilevando la relativa tranquillità. La guerra che colpì il Libano nel 2006, comportando 1.187 vittime e 4.092 feriti, dipese da svariati motivi, come il rapimento dei soldati israeliani e la vendetta ordinata dalla vedova di Rabin. Adesso, un’offensiva di Israele non sarebbe opportuna.
A Beirut, si apprezza e rimane impresso il pensiero libanese, ateo o agnostico, derivante dal conflitto civile, più evoluto del clericalismo intollerante.
15/12/2008