
Vi è un genere di giornalismo, in Italia, che ha fornito, negli ultimi 15 anni, un’immagine deludente del lavoro svolto da chi è occupato nelle redazioni di quotidiani, radio, televisioni e riviste. Si tratta del giornalismo targato Fininvest, prodotto dai colleghi dei media posseduti e controllati da Silvio Berlusconi (direttamente o indirettamente, per interposta persona, in violazione delle norme antitrust, con l’appoggio di amici, parenti, direttori di testate, affaristi vari e uomini connessi al suo entourage). Dopo la caduta del muro di Berlino, i processi di Mani Pulite, la scomparsa del vecchio sistema partitocratrico (Dc, Psi, Pli, Pri, Pci, …), l’esilio di Craxi, la nascita di Forza Italia e la “discesa in campo” dello stesso Berlusconi, entrato nell’arena politica, i responsabili dei media del gruppo Fininvest hanno condotto un tam-tam incessante a favore del proprio padrone. Prima sono state registrate le campagne contro il “defunto” comunismo, poi gli strali contro gli avversari e gli alleati politici, infine gli attacchi alla magistratura, rea di aver proseguito i filoni di inchiesta nei confronti di Berlusconi, delle strategie fiscali utilizzate dalle sue aziende, dei suoi metodi commerciali e dello sviluppo del suo business. È soprattutto l’atteggiamento verso i magistrati che rende il giornalismo Fininvest criticabile e condannabile: non è possibile e non è ammissibile che i media controllati da un leader politico, giunto al Governo del Paese, si permettano di negare la veridicità delle inchieste, di contrastare l’operato dei magistrati e di attaccare un altro potere dello Stato. Giornalisti, anchormen, opinionisti, showmen e personaggi vari si sono scagliati contro i giudici fornendo uno spettacolo sgradevole e increscioso. Ne è derivato un problema non indifferente: in questo modo la Fininvest ha fornito un servizio “deviato”, postosi in antitesi rispetto al potere giudiziario. Questo elemento si somma al fatto che i media della stessa Fininvest (e quelli collegati al gruppo Mediaset) occupano e assumono giornalisti, tecnici, redattori e uomini che possono essere ricondotti alla mafia, intesa come organizzazione criminale in senso lato. È opinione diffusa, a Milano, che le aziende non possano assumere persone esterne a Forza Italia, mentre cercare di formare un servizio deviato nei media è diventata una strategia dei vari responsabili in carica. Allo stesso tempo, i lacchè di Forza Italia, gli amministratori e gli esponenti politici sfruttano chiaramente la propria influenza per ostacolare il lavoro dei giornalisti che osano esprimersi liberamente, in modo indipendente. È grave che Berlusconi permetta lo sviluppo di un servizio deviato tramite i propri media. Conferma l’immagine di un “capo” già indicato come componente della loggia “P2”, con servizi mediatici mossi e diretti alla tutela dei suoi interessi (conflitto cruciale anche per il ruolo di Berlusconi in veste di premier e di leader politico, che ne suggerirebbe il ritiro, il ricambio o l’alternanza con altri esponenti del centro-destra per la carica di candidato-premier). I dipendenti di Berlusconi ci devono delle scuse, se non altro perché ogni tanto entriamo in contatto con i loro prodotti. L’Italia è già arretrata nei confronti del resto d’Europa. Si può legittimamente dubitare che qualsiasi Governo guidato da Berlusconi, rivolto solo alla tutela dei suoi interessi, sia in grado di far crescere la nazione, nel tempo.
01/09/2007