Baghdad, gennaio 2009.
Riuniti nel centro messo a disposizione della stampa dall’esercito americano,
ci interroghiamo in merito alle coordinate geografiche del sito atomico di Der
Al-Hadjar, in Siria. I giornalisti statunitensi e i soldati della Us Army si
dimostrano interessati alla posizione esatta della struttura, che risulta
essere posta vicino a Damasco, ma non riescono a trovare esattamente latitudine
e longitudine. Spiego al tenente responsabile del centro che mi sarei occupato
io della sua individuazione, quando, al termine dell’embedding, il mio programma avrebbe comportato un break a Beirut, scalo da me prediletto per i voli tra Europa e Medio Oriente.
Finito il periodo di affiancamento all’esercito americano in Iraq, raggiungo la capitale libanese. Il volo per Roma sarebbe partito solamente il giorno dopo, alle 22. Trascorro il pomeriggio e la sera camminando nelle vie di Beirut. Quando viene buio, salgo verso il promontorio della Rouche, tristemente noto per le esecuzioni, e nel bar posto in cima alla scogliera gusto il tiepido clima della notte. Il giorno dopo, eseguo il check-out e chiedo di farmi venire a prendere da un taxi. Dico all’autista di portarmi a Damasco. Concordo il prezzo per andata e ritorno: 100 dollari. La macchina inizia il tragitto verso est, in direzione del confine siriano.
Scendendo verso la Valle di Beqa, noto che Israele sta conducendo dei bombardamenti nella zona. Si vedono le colonne di fumo degli ordigni. Passiamo a fianco di una garitta di un soldato libanese, che osserva dalla sua postazione le esplosioni nella vallata. L’aviazione di Tel Aviv ha mandato i propri jet nell’area di confine tra Libano e Siria. Proseguiamo il nostro itinerario. La strada attraversa le coltivazioni dell’altopiano di Beqa. A un certo punto, a una decina di metri dalla macchina, vedo una fiammata che incendia un albero: una bomba lo ha centrato. Quando il percorso asfaltato inizia a salire leggermente verso la frontiera, noto altre colonne di fumo che si ergono a margine della via. L’ingresso in Siria è agevole. Le autorità di confine appongono solo il timbro del visto sul passaporto.
In poco tempo, arriviamo a Damasco. Spiego all’autista che deve raggiungere Der Al-Hadjar. Lui chiede informazioni e si dirige verso l’aeroporto. Perlustriamo le vie adiacenti lo scalo. Inizio a filmare. Individuo il sito di smaltimento dei rifiuti radioattivi.
Riprendo altri siti sospetti. Poi, finalmente, giungiamo al nostro obiettivo.
Filmo tutto. Ci sono diversi fabbricati all’interno dell’area. I bombardamenti
degli aerei israeliani continuano fino a qui. Vedo altre colonne di fumo. Cerco
di orientarmi e di distinguere gli immobili più interessanti del sito
atomico.
Poco dopo, l’autista si ferma in una via della periferia di Damasco. Mi dice di
aspettare. Scende e raggiunge un panificio. Accendo una sigaretta. Quando
torna, mi offre un pezzo di pane, ma declino la proposta. Riprendiamo il
tragitto. Attraversando le strade della città, vedo in cima ad un
promontorio l’imponente costruzione di un palazzo esteso. Riprendo anche questo
sito: si tratta di una struttura di sperimentazione atomica.
I centri nucleari in Siria sono d'altronde molteplici. Nel mese di
dicembre 2008, volando da Baghdad a Beirut, avevo individuato il sito di
Palmyra, in mezzo al deserto rossastro, arido e invivibile.
Torniamo in Libano. Mi faccio depositare dal taxi in aeroporto. Adoro volare di
notte in zone di guerra. Eseguo il check-in e mi imbarco sul volo dell’Alitalia
diretto a Roma. L’aereo riparte nonostante le tensioni che si percepivano durante la giornata.
Oltre alle esplosioni che hanno colpito anche la città, gli addetti dell’aeroporto
confermano che Israele ha rivolto un missile verso lo scalo. Si sente dire che i radar hanno rilevato altri jet di Tel Aviv. La potenza aerospaziale
di Israele è indiscutibile e sovrasta le capacità offensive di Hezbollah, di
Hamas, dell’esercito libanese e dell’Unifil.
Il mio aereo compie le dovute manovre per posizionarsi sulla linea di crociera. Tra le coste libanesi e Cipro inizia a scatenarsi una battaglia. Si sentono le prime esplosioni contro la carlinga. Sono proiettili di scarso potenziale, che non dovrebbero scalfire l’aereo, grazie alla calotta di protezione formata dall’aria compressa prodotta dal movimento e dalla velocità. Guardo il panorama dall’oblò. Vedo chiaramente le luci di un jet militare, che inquadra il boeing con l’obiettivo di un proprio missile. È un black angel di produzione sovietica. Si vedono le ali luminescenti e il viso del disegno che contraddistingue i mirini dei missili. Passa un secondo. Il pilota spara. Il volto dell’immagine si gira. Passa un altro secondo. Vedo arrivare un missile argentato, cilindrico, quasi irreale, indirizzato all’ala destra del velivolo. L’aria compressa del boeing lo respinge verso il basso. L’aereo si sposta leggermente, per colpa dell’onda d’urto del missile.
Questo
fatto conferma la realtà dell’attacco. Forse l’ordigno non era innescato e non
è esploso. Oppure, la calotta di protezione è riuscita a respingerlo. Oppure,
era solo dimostrativo, non detonante. Gli arabi a bordo fanno dei commenti.
Vedo il jet che ci ha sparato. Le luci di posizione lampeggiano nel buio della
notte, in mezzo al firmamento. Il pilota lancia un segnale con il laser,
tratteggiando la scritta Mig, in rosso, sul lato dell’aereo. Mi chiedo se si
tratta davvero di un aereo di produzione russa e a quale esercito appartiene.
Vedo il jet allontanarsi nello spazio. Il comandante del boeing ha una visuale
migliore della battaglia che si è scatenata nei cieli a ovest del Libano e
decide di aprirsi la strada sparando, siccome l’Alitalia dispone anche di aerei
armati. Lancia un missile. L’ordigno è racchiuso in una delle scatole grigie
trapezoidali poste sotto le ali, di cui si apre il coperchio posteriore. Il
missile cilindrico esce dal proprio involucro, arretra e si abbassa per effetto
della velocità, lanciandosi nell’atmosfera con una fiammata. Raggiungerà
qualche zona indistinta del Mediterraneo centrale. Ho l’impressione di vivere
in un film. Decido di dormire, comodamente disteso sul sedile. La battaglia
dovrebbe essere finita.
29.12.2024
Alessandro Ceresa