Storie di mafia: la ‘Ndrangheta, le ‘ndrine, la gente

Calabria. Resto stupito dall’accoglienza positiva che ricevo dalle persone. I calabresi si rivelano un popolo educato e gentile, nonostante tutte le difficoltà che sperimentano. Fieri ed orgogliosi, comunque, gli uomini sono espressione dell’ambiente aspro e poco generoso in cui vivono, ma riescono a mantenere una socialità inaspettata. Personalmente, io sono scontroso, diffidente e poco socievole. Apprezzo la cortesia che mi viene offerta. Sono arrivato a Reggio Calabria con un volo di linea da Milano. Noto subito che l’aeroporto è modesto. Attraverso in macchina la periferia del capoluogo.

Mi trovo immerso in una nuova atmosfera. Non credo quasi ai miei occhi. Le case non ultimate, spesso lasciate senza finiture esterne, o addirittura abbandonate in fase di costruzione, costellano l’autostrada che collega Reggio a Salerno. Proseguo nel mio itinerario. Passo alcuni centri noti. Guardo i nomi degli svincoli: Campo Calabro, Scilla, Palmi. Osservo la natura circostante, a tratti arida, a tratti verdeggiante, impervia, inospitale e poco incline alle coltivazioni.

Raggiungo la mia prima meta: Gioia Tauro. Quando esco dall’autostrada mi ritrovo di nuovo in un mondo incredibile: immobili in rovina, allo stato di ruderi, oppure lasciati in stato di avanzamento arretrato dei lavori di costruzione, strade malconce e piene di buche, marciapiedi sconnessi, negozi ed esercizi commerciali abbandonati, serrande chiuse e rotte, verde pubblico non curato, rifiuti ai margini delle vie. Mi chiedo dove sia lo Stato, che tramite le proprie diramazioni amministrative dovrebbe assicurare minime condizioni di urbanizzazione.

Parlo con la gente. <<Qui, negli anni, si sono succedute molte amministrazioni, ma hanno sempre rubato tutti. Spesso il Comune è stato commissariato per colpa dei legami con la criminalità. Adesso c’è un nuovo sindaco. È un’avvocatessa. Potrebbe cambiare qualcosa>>. Guardo i giovani, in cui nutro sempre fiducia. Si trovano a vivere nel mondo che hanno realizzato le generazioni precedenti. Sarà compito loro cercare di migliorare i livelli di sviluppo, di progresso.

Il controllo del territorio è notevole. Due uomini si fermano a parlare a voce molto alta di fronte alla mia camera. Esco e li incontro. <<Devi andare a Scilla, o a Tropea: è molto meglio di qui>>. Durante le mie giornate, riesco di volta in volta ad individuare i fornitori che mi occorrono: la farmacia, i bar, il tabaccaio, muovendomi tra le strade che attraversano i quartieri di questa città impensabile. Faccio riposare la mia schiena, distrutta dal lavoro. Zoppico e cammino piegato, a volte, come un novantenne.

Gli abitanti di Gioia Tauro escono soprattutto la sera, quando le ore di maggior caldo sono finite. Li ascolto. Raccolgo storie, informazioni e aneddoti, che mi permettono di capire la loro realtà. <<Il più grande è ancora Pesce>>. Capisco che il boss egemone della zona appartiene alla locale che comanda a Rosarno, ma a Gioia Tauro la leadership è tuttora dei Piromalli, affiancati dai Molè. <<A Rosarno hanno più militari e sono armati meglio>>. I “militari” sono gli uomini della ‘Ndrangheta, gli affiliati alla consorteria, che hanno ottenuto il grado di appartenenza ufficiale. Ma la ‘Ndrangheta comprende tutto il tessuto della società.

Il mio interesse è il porto, che si estende a nord della marina, delimitato da reti metalliche e filo spinato, controllato dalle telecamere. Giunta a rappresentare uno dei maggiori scali d’Europa, l’infrastruttura calabrese è nota per essere destinazione e punto di smistamento di tonnellate di cocaina, secondo la rotta classica che prevede il trasporto di “robba” dal Sud America all’Europa, tramite navi. <<Il principale mercato è il Nord America e il traffico è in mano ai clan sudamericani e messicani. Noi siamo secondi>>. Con un po’ di modestia, i calabresi parlano della loro concorrenza a livello mondiale. La cocaina trattata dai Piromalli giunge anche all'estero, dove il clan è noto. A volte si sente persino dire che la "cocaina rosa" prende questo nomignolo dalla stessa città di Rosarno. 

I porti di tutta Europa rappresentano i fondamentali punti di approdo della droga importata da Colombia, Brasile, Ecuador, Venezuela,… I calabresi giungono fino ad avere nella zona le “raffinerie” in cui viene tagliata la coca purissima. La loro collaborazione con le altre organizzazioni criminali è consolidata in tutto il mondo. Grazie all’affidabilità che si sono conquistati, i brokers della ‘Ndrangheta riescono a trattare con qualsiasi cartello criminale, dalle Farc colombiane ai gruppi messicani, brasiliani, o quant’altro.

Il porto di Gioia Tauro fornisce lavoro a circa 1.300 persone ed è controllato della ‘Ndrangheta. Non potrebbe essere altrimenti, vista la diffusione dell’organizzazione. Però, vi è di più. Secondo rapporti precisi dell’antimafia, l’infiltrazione della ‘Ndrangheta raggiunge le autorità. Sento parlare con piccoli accenni di complicità e di soddisfazione di Adm (Agenzia delle Dogane e dei Monopoli), così come sento parlare di “mazzette”. Apprendo dai rapporti istituzionali che l’intera attività del porto è sotto il dominio delle locali criminali: assunzioni, appalti e subappalti, servizi, forniture, trasporti. Tra le righe, alcuni sussurrano che molti altri porti fanno da “pivot” della cocaina, in tutta Europa, da Marsiglia a Genova, ma Gioia Tauro è fondamentale. Alcune persone nominano i <<corrieri>>.

<<Dicono che siamo la mafia più ricca, ma qui non si vedono i soldi>>. La gente si lamenta della povertà diffusa. <<Se hai tante persone, la torta da spartire può essere anche grande, ma le porzioni poi diventano piccole>>. È qui che si capisce il “ruolo sociale” della ‘Ndrangheta, così come di Cosa Nostra e della Camorra, che assicurano alle moltitudini di loro affiliati una parte dei propri proventi. <<Il punto è che il fatturato può essere anche notevole, ma poi devi fare i conti con i margini>>, ovvero con quello che residua dopo aver pagato tutti coloro i quali partecipano all’attività criminosa. Il malcontento esprime alcuni elementi rilevanti. <<Possono esserci anche dei miliardi, però dopo gli investimenti sono diretti altrove e non nella nostra regione>>.

Di fronte a tanto dissesto, a tanto disagio, i calabresi iniziano a farsi delle domande. Perché investire in tanti immobili e in tante attività al Nord e in Stati esteri? È vero: perché la ‘Ndrangheta dirotta i capitali verso Roma, Milano, altre città e altre zone d’Italia, d’Europa e del mondo, quando l’area natia piange e fa fatica a vivere in un tessuto produttivo disastrato?

Quando arrivo a Rosarno, trovo una situazione leggermente diversa, anche se in ogni caso disagiata. La cittadella, arroccata, è un po’ più laboriosa. Gli esercizi commerciali sono aperti, c’è una maggiore dinamicità, più movimento. Le espressioni degli abitanti sono dure, ferree. Vedono un estraneo. Rosarno: Guns ‘N Roses, rivoltelle e rose. Mi piace questa tensione. Denota il centro di interessi da proteggere. Le faide, i contrasti, forgiano il carattere degli uomini. Come la povertà, che li rende pronti a tutto, capaci di affrontare qualsiasi situazione, per potersi garantire un’esistenza dignitosa. Da questo ambiente, la ‘Ndrangheta trae i suoi soldati.

<<Siamo stati a San Luca per 4 anni. Era peggio. Non c’era nulla>>. Una mia amica mi racconta qualche dettaglio della sua esperienza nell’abitato dell’Aspromonte. <<Formalmente, sono tutti nullatenenti, poi vedi che hanno macchine costose, vestono con capi firmati. Partono con un’auto e tornano con una nuova>>. In Calabria, spesso i negozi e i bar rifiutano i pagamenti con Pos. Altrettanto spesso, non emettono scontrini fiscali. Il giro di denaro nero è notevole. L’economia sommersa affianca quella illegale.

<<Ci vuole un Piano Marshall per la Calabria>>. Un giovane scherza in merito alle condizioni di difficoltà ambientale e urbana che ci circondano. Occorrono sicuramente degli interventi massicci, ma ogni stanziamento non può essere ovviamente lasciato a sé stesso: deve essere gestito e monitorato correttamente. La mancanza di queste caratteristiche cela una parte dei problemi della Calabria. Si dovrebbe programmare un’azione concreta, in cui le amministrazioni assicurino un ruolo fondamentale, tenendo bene presente che la 'Ndrangheta da sempre si finanzia anche tramite le commesse pubbliche, per cui la funzione di controllo diverrebbe essenziale. Altrimenti, i risultati sarebbero ancora identici.


27.07.2024

Alessandro Ceresa