Giunto alla Presidenza della
Regione Sicilia, Giuseppe Provenzano insegnò finanza aziendale presso
l’Università di Brescia, ma deve la propria notorietà soprattutto al cognome
ingombrante che porta, identico a quello del capomafia di Corleone, Bernardo
Provenzano, in carcere a Parma. La Seconda Guerra di mafia e la strategia stragista insanguinarono
la Sicilia per decenni. Sotto i colpi dei corleonesi, dei
palermitani e degli affiliati a Cosa Nostra morirono centinaia di individui. L’arresto
di Riina portò all’apice della mafia il suo luogotenente, Bernardo
Provenzano, che introdusse una linea di comportamento moderna, connessa alla
priorità degli interessi economici. L’analogia del cognome fa ovviamente
supporre vincoli di parentela tra il boss dei boss e Giuseppe Provenzano, che
la magistratura indagò nel 1984 per i contatti avuti con la moglie del
latitante, Saveria Benedetta Palazzolo, di cui gestì proprietà e denaro, in
veste di commercialista. Falcone emise un mandato di custodia cautelare nei
suoi confronti. Il Tribunale di Palermo accertò i fatti, sottolineando come <<l'imputato
fosse entrato in contatto con la Palazzolo attraverso il padre e doveva
essere ben consapevole della provenienza illecita del denaro della Palazzolo,
ovvero di Bernardo Provenzano … Giuseppe Provenzano è da ritenersi una sorta di
consigliere della famiglia dei corleonesi>>. Gli elementi che riguardarono un altro Palazzolo, Vito
Roberto, diventato capo della mafia in Sudafrica, furono evidenziati dalle indagini che condussero al suo arresto. Dopo
aver aderito al Partito Socialista di Craxi, grazie a conoscenze politiche che
compresero La Loggia, Dell'Utri, Orlando e Micciché, Provenzano fu eletto nel 1996 nella
lista di Forza Italia, verso cui Cosa Nostra aveva deciso di indirizzare i
propri voti. Passato il periodo in cui lo stesso Psi era stato avvantaggiato
dalle decisioni politiche della mafia, secondo le testimonianze fornite in
ambito giudiziario, il neo-Presidente restò nel proprio ruolo per due anni,
partecipando persino alle riunioni del Governo. Nel 2009, la sua condanna per
appropriazione illecita di fondi regionali e l’interdizione perpetua dai
pubblici uffici furono ribadite in terzo grado. Il partito di Berlusconi, d'altra parte, si appoggiò all'aspirante politico per accaparrarsi i voti della mafia di Bernardo Provenzano. Cosa Nostra è una
manifestazione della società siciliana, che pervade integralmente, tramite
milioni di adepti. Le decisioni e le azioni della mafia sono ascrivibili a
comportamenti collettivi, che dimostrano una razionalità dovuta all’esistenza
di un <<cervello>> plenario. È indubbio che il ruolo di Giuseppe Provenzano, in veste di Presidente della Regione Sicilia, consolidò la posizione di Bernardo Provenzano nella Cupola. Leoluca Bagarella, che gli contese il titolo di capo fino all'arresto, giunse ad avere contatti con Vittorio Mangano, libretti al portatore intestati a Sindona e connessioni con il riciclaggio allestito in ambito milanese, tramite cui furono finanziati gli affari di Berlusconi e della Fininvest, che dispone tuttora di solidi fondamenti riconducibili a esponenti di Cosa Nostra e a camorristi.
Oltre alle trattative tra Stato e mafia, si delineò quindi un rapporto tra i sodalizi e i politici corleonesi (Ciancimino e Provenzano), volto allo stanziamento di soldi.
13/08/2012