
Lavorando come giornalista, vidi gli articoli di Antonio Martino più volte, tra le pagine di un quotidiano e di una rivista per cui scrissi in passato. Non apprezzai le sue idee. Martino, laureato in giurisprudenza, con una preparazione economica, adottò spesso posizioni infettate da interessi inutili. Nato a Messina nel 1942, Martino fu designato ai vertici di differenti dicasteri tre volte, tra il 1994 e il 2006, durante i governi Berlusconi I, II e III, traendo ampi guadagni, direttamente o indirettamente. Fu tra i fondatori di Forza Italia, di cui ebbe la tessera n. 2. Entrò alla Camera grazie ai voti raccolti in Sicilia. Vista la diffusione della società mafiosa, nessuno dovrebbe stupirsi se Martino dimostrasse di avere connessioni con gli esponenti della Cupola e di Cosa Nostra. Tra i suoi scritti, vi è un articolo comparso su Libero, dal titolo “Caro Tremonti, io dico: viva gli speculatori”. Nell’archivio di Licio Gelli, esiste un dossier con la sua domanda di affiliazione alla P2. Martino è una delle menti occulte che favorirono il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina. È impossibile che non sia affiliato alla mafia e alla Nuova Loggia P2 di Berlusconi, come tanti, troppi esponenti della politica, della finanza e dell’economia. Si può ricordare che la procedura di affiliazione a Cosa Nostra, narrata da Buscetta, comprende dei riti medievali di patti sigillati con il sangue. Vi sono differenti elementi per cui il personaggio di Martino non mi piacque. Dal 2002 al 2005, adottai delle posizioni molto critiche nei confronti degli interessi di un boss mafioso, Luciano Rocca, tramite le pagine del quotidiano La Provincia di Sondrio, per le quali Martino redasse dei dubbi articoli di fondo. Io mi impegnai a colpire, soprattutto, le connessioni tra il clan Rocca, un’azienda di proprietà pubblica e un’impresa di Milano che organizzava concerti, tanto costosi, quanto scarsamente efficienti. Le difficoltà che causai alla mafia, ovviamente, diventarono un ostacolo al mio lavoro di giornalista. Le connessioni tra lo stesso Rocca e un esponente di Forza Italia, Giovanni Maria Bordoni, titolare di diverse mansioni presso la Regione Lombardia, editorialista dello stesso quotidiano, comportarono la sospensione della mia attività e l'annullamento, indebito, del contratto esistente. Il sopruso, ovviamente, fu concretizzato grazie, anche, all’intervento di Martino, visti gli interessi partitocratici e viste le mie idee scomode, rivolte a denunciare le tangenti e gli affari illeciti degli amministratori dello Stato. Bordoni ottenne diverse tangenti dal clan Rocca, in cambio di finanziamenti della Regione. I redattori e i direttori del quotidiano (Comerio, Ceriani, Brambilla, Gandola) preferirono mangiare lauti pranzi con i politici, al posto di diffondere informazioni sgradite alla mafia. La Provincia è, adesso, una lettura di scarsa diffusione, che sostituisce i propri redattori con quelli di Libero e del Giornale di Berlusconi, lasciando capire la proprietà indiretta esercitata dai mezzi giornalistici della Fininvest, nonostante i limiti previsti dalla legislazione antitrust. D’altronde, i politici di Forza Italia e del partito del Pdl, viste le connessioni mafiose che mantengono, non possono sicuramente alimentare inquadramenti nei ranghi della Cia, nonostante le ambizioni in campo internazionale. Lo spettacolo di Martino che mangia come un primitivo (nel filmato) distingue lo stampo delle azioni governative di Berlusconi e dei suoi lacchè.
30/06/2009