Si sentono soffiare venti di guerra a Peshawar. I camion dei militari attraversano il centro urbano, trascinando howitzer e portando decine di soldati, attrezzati con mitragliatori e bazooka. Il confine afgano, tracciato secondo la Linea Durand, non dista molto. La Nwfp è una delle aree colpite dai conflitti pakistani: vi si combatte una parte della guerra in Afghanistan, le cui retrovie occupano tutta la provincia. Peshawar resta un punto strategico fondamentale per i miliziani di al-Qaida e per le truppe che vi si oppongono ed è interdetta ai visitatori. La fornitura di armamenti ai talebani è inevitabile, vista la densità di armi registrata in tutto il Pakistan. Nella stessa zona, colpita spesso dai raids statunitensi, il Governo di Islamabad dispone di reparti stabilmente attivi, con avamposti, carroarmati e aviazione. I profughi afgani sono stati inseriti nel tessuto sociale, ma forniscono il proprio supporto alla resistenza che impegna la Nato. Gli esuli hanno lasciato gli accampamenti e si sono trasferiti in catapecchie, che le inondazioni monsoniche hanno travolto, costringendo gli abitanti a soggiornare in tende, ai margini delle strade. La presenza e l’intransigenza degli integralisti affiancano i soldati governativi, disposti a infiltrarsi in Afghanistan per contrastare le truppe alleate. Il 4 agosto, a Peshawar, un’esplosione suicida ha causato una vittima. Una settimana prima, gli insorti avevano destinato due ordigni a un istituto statale. All’inizio dell’anno, il Consolato degli Stati Uniti era stato leso da un’autobomba, capace di produrre 8 morti. Nel 2009, l’Hotel Pearl Continental fu colpito da un attentato che uccise 18 persone. In ottobre, l’attacco al Meena Bazaar comportò oltre 100 vittime. Nello stesso autunno, le bombe dei guerriglieri lacerarono la rappresentanza diplomatica dell’Iran e l’agenzia dell’Isi. La casbah occupa i quartieri più antichi della cittadina. Gli immobili sono decorati da arabeschi. I negozi offrono merci e alimenti, ma restano poveri e indigenti. Nessun occidentale spenderà mai un dollaro per comprare alcunché. Le condizioni degli abitanti sono miserevoli. Le strade non sono asfaltate. L’adiacente periferia industriale ospita istituti bancari e fabbriche. I soldi, d’altronde, sono il motivo che causa l’isteria collettiva tipica delle etnie che vivono nel subcontinente indiano e nelle nazioni confinanti. L’astio e l’odio nei confronti degli europei e degli statunitensi sono incredibili e condussero al-Qaida a programmare gli attentati di New York e di Washington, unendosi ad un’arcaica intolleranza religiosa, al fanatismo iraniano lanciato dal leader della Rivoluzione Khomeini, alla vendetta sponsorizzata da Saddam, all’aggressione dei sauditi e ai propositi offensivi di Omar. Il Maktab al-Khidamat (o Afghan Service Bureau) fu fondato da Osama a Peshawar e costituì il basamento di al-Qaida. Il reparto dei miliziani di bin Laden, finanziato dall’esercito Usa, supportato da Carter e da Brzezinski, fornì il proprio appoggio alla guerriglia innescata contro l’invasione sovietica. Al-Qaida diventò, negli anni, il movimento che ottiene oggi il sostegno di milioni di arabi in tutto il mondo e che raduna gruppi di mujahiddin e di miliziani pronti a combattere su tutti i fronti della jihad. L’Internazionale Islamica e l’Arab Alliance rappresentano istituzioni identiche, atte a catalizzare persino il supporto di Stati e di eserciti. Peshawar è uno dei centri in cui agisce al-Qaida, che dispone di diversi immobili e può contare sull’adesione di centinaia di migliaia di affiliati nella Nwfp. Arbab Road e i lodges della University Town, dove bin Laden visse per alcuni anni, sono posti nei pressi dell’aeroporto, in un ambiente abbastanza moderno. Le strutture degli isolati sono spesso identiche a quelle di Jalalabad e individuano un continuum tra le abitudini dei pashtun che vivono in Pakistan e in Afghanistan. Si vede l’influenza dell’impero inglese. I posti di blocco mostrano garitte formate da pareti, acciaio e sacchi di sabbia, da cui sbucano i mitragliatori dei soldati. Il forte di Bala Hisar è l’headquarter della divisione dell’esercito. Gli obici fuoriescono dalle aperture laterali. Le strade sono monitorate dai poliziotti. Gli sbarramenti impediscono il passaggio veloce delle auto. Arbab Road è costeggiata da alberghi, officine, negozi, rivenditori di macchine, basi militari, ristoranti e distributori. L’autostrada che unisce il confine a Islamabad canalizza i rifornimenti per gli eserciti di stanza in Afghanistan. L’Università di Peshawar è il centro da cui al-Qaida produce il sito della Fondazione As-Sahab, nota per aver diffuso video e registrazioni di bin Laden. L’informazione è ribadita dai passanti. L’istituto è alloggiato in un ampio isolato e presenta diversi fabbricati destinati alle facoltà. L’accoglienza è scarsa e inospitale. Addetti e guardiani privati assalgono gli intrusi. Al-Qaida adesso è composta da truppe di sbandati e ricicla i soldi indispensabili per acquistare armamenti grazie al traffico di droga. La Darul Uloom Haqqania Madrassa di Akora Khattak accolse tra i propri adepti Omar e altri leaders dei talebani afgani. L’Università di Dawa al-Jihad di Jalozia, fondata da Abdul Rasul Sayyaf, permise l’addestramento dei rivoltosi, ospitò Khalid Shaikh Mohammed ed è tuttora un training camp per gli integralisti, che possono sperimentare armi ed esplosivi nella zona. La guerra nel Nord-Ovest del Pakistan è un conflitto attivo, che causa migliaia di morti ogni anno. Il comandante di al-Qaida e Omar, il leader dei talebani, sono sicuramente passati da Peshawar in tempi recenti, con i propri reparti, così come Ayman al-Zawahiri, che dirige un plotone di qaedisti e opera coordinandosi con Osama. Il conflitto in Waziristan spiega la fascia di protezione che i guerriglieri forniscono a bin Laden, opponendosi alle truppe governative.
23/08/2010