I delinquenti si nascondono come dei conigli, per paura di essere arrestati. È il momento di cambiare atteggiamento nei loro confronti e di inasprire la guerra contro la mafia italiana, nonostante i provvedimenti legislativi mafiosi approvati da Berlusconi, dal suo governo e dal suo partito. D’altronde, le connessioni di Berlusconi con la mafia sono note fin dalle origini della sua attività di affarista e racchiudono i contatti odierni. I rapporti del businessman di Arcore con Cosa Nostra furono spiegati da diversi pentiti e comprendono anche il ruolo svolto da Dell’Utri nell’ambito del Pdl. La Commissione al vertice della ‘Ndrangheta decise, anni fa, di far affluire i voti politici verso Forza Italia, confermando l’intesa con Berlusconi stesso, visto il progetto del ponte sullo Stretto di Messina. Il responsabile per la Campania dello stesso Pdl, Nicola Cosentino, sottosegretario dell'esecutivo, è indagato per i rapporti con la Camorra e per il riciclaggio di assegni forniti da camorristi, tra cui Nicola Panaro, un esponente del clan dei Casalesi. Cosentino sfruttò l’appoggio della Camorra a partire dagli anni ’90 e garantì alla banda di Schiavone e soci la stabilità dei rapporti tra criminalità e amministrazioni statali. In termini di mentalità, i mafiosi italiani forse non si accorgono di essere in ritardo, nei confronti dell’era in cui vivono gli altri europei. È un problema che colpisce di norma i Paesi Terzi, ma gli italiani potrebbero evolversi, viste le distorsioni criminali e l'arretratezza intellettuale. I servizi deviati offerti tramite gli omuncoli bigotti impiegati da radio e tv del gruppo Fininvest, indicati, anche, in passato, con il termine “loro servizi”, forniscono informazioni a vantaggio della mafia, diffuse in tutta Italia. Gli esponenti politici di ogni livello amministrativo sono spesso connessi ai capimandamento e permettono il finanziamento dei sodalizi criminali, grazie ad appalti e affari. Le tipiche fattispecie di reato, che forniscono l’idea di uno sviluppo primitivo, sono riconducibili fondamentalmente ad assassini, usura, estorsioni, traffico di droga, sfruttamento della prostituzione, associazioni per delinquere e di tipo mafioso, tangenti, rapine, contraffazioni. I mandanti delle morti che contraddistinguono gli scontri tra i gruppi criminali sono spesso individuabili tra i componenti dei clan avversi o egemoni. Visto l’arresto di Raccuglia, la composizione della Commissione Interprovinciale al vertice della mafia siciliana potrà accogliere nuovi esponenti provenienti dalla Provincia di Palermo. La leadership di Cosa Nostra è tuttora in mano a Matteo Messina Denaro, capomandamento di Castelvetrano e della Provincia di Trapani, designato all’apice della Cupola. La sua influenza nel palermitano è diventata tangibile ed è stata approvata, grazie ad una strategia sinergica. Gli altri mandamenti del trapanese sono capeggiati dai clan Agate (Mazara del Vallo), Melodia (Alcamo) e Virga (Trapani). Giovanni Motisi era considerato uno dei boss più potenti di Palermo. La famiglia corleonese dei Riina mantiene il proprio rilievo. Tra gli altri gruppi mafiosi palermitani vi è il clan Spera. La leadership provinciale dovrà essere decisa dai diversi capimandamento. Il traffico di droga importata dal Venezuela ha assunto rilevanza, coinvolgendo le famiglie Miceli e Badalamenti. Il latitante Vito Badalamenti è figlio di Gaetano Badalamenti, storico capomafia di Cosa Nostra, appuntato al vertice della Cupola dal 1974 al 1978, dimesso da Riina, esiliato e condannato negli Stati Uniti nell’ambito del procedimento contro il narcotraffico definito Pizza Connection. Vito è indicato in Brasile e in Venezuela, dove sarebbe noto per essere un mafioso italiano. Il mandamento provinciale di Agrigento è comandato da Giuseppe Falsone. Gerlandino Messina svolge il ruolo di vice rappresentante. La situazione criminale della Provincia di Caltanissetta risulta segnata dalla preponderanza della famiglia Madonia e del suo esponente più noto, il carcerato Giuseppe Piddu Madonia. Nella zona di Enna, imprigionati i leaders storici (Raffaele Bevilacqua e Gaetano Leonardo), si nota la tensione rivolta all’affermazione di altri capimafia. A Catania, il clan Santapaola è tradizionalmente egemone ed è affiancato dalle famiglie Mazzei, Sciuto e La Rocca. Tra gli esponenti dei Santapaola, vi era il latitante Giovanni Arena, i cui figli sono confluiti verso la cerchia degli Sciuto. In Provincia di Messina, le famiglie Mangialupi, Batanesi e Mazzarroti sono considerate preponderanti. Siracusa è assoggettata ai clan Bottaro, Aparo e Trigila. In Provincia di Ragusa, Cosa Nostra è condotta dalle congregazioni Carbonaro e Pisocopo. La Stidda rimane appannaggio del clan Dominante. La ‘Ndrangheta è costituita da insiemi familiari, le ‘ndrine, raggruppate in più di 130 gruppi criminali (definiti “locali”). Sebastiano Pelle, Domenico Condello e Giuseppe Giorgi sono i principali latitanti. I mandamenti fondamentali sono ricondotti alla zona di Reggio Calabria, alla Locride e alla Piana di Gioia Tauro. La Commissione di vertice, istituita all’inizio degli anni ’90 per porre fine alla Seconda Guerra di ‘Ndrangheta, accolse componenti dei clan Alvaro, Aquini, Araniti, Barbaro, Bellocco, Cataldo, Commisso, Condello, Iamonte, Libri, Mammoliti, Morabito, Mazzaferro, Nirta, Papalia, Pelle, Piromalli, Romeo, Serraino, Tegano e Ursino. Le ‘ndrine egemoni nel centro urbano di Reggio Calabria sono De Stefano, Tegano e Libri. A nord della città operano le famiglie Condello, Saraceno, Imerti, Fontana e Serraino. La zona a sud è sotto l’influenza dei Latella e dei Labate. Il sodalizio De Stefano-Tegano assume rilevanza. Il litorale reggino del Tirreno è posto nelle mani dell’alleanza Alvaro-Piromalli, che opera anche nella Piana di Gioia Tauro, affiancata dal cartello dei Pesce-Bellocco. La famiglia Alvaro ha esteso il proprio ambito d’azione a Reggio, Sinopoli e Cosoleto. Il versante ionico della Provincia reggina presenta dinamiche instabili, con l’egemonia dei gruppi Barbaro-Trimboli a Platì, Aquino e Coluccio a Marina di Gioiosa Ionica. I Pelle-Vottari e i Nirta-Strangio si contendono la leadership di San Luca, lo storico centro della ‘Ndrangheta, colpito da una faida estesa, che comprese perfino la strage di Duisburg, come atroce risposta all’assassinio di Maria Strangio, moglie di Giovanni Nirta. A Locri, permane la contrapposizione tra i Cordì e i Cataldo. In Provincia di Catanzaro, si devono nominare innanzitutto i sodalizi criminali egemoni Costanzo-Di Bona, Arena e Gaglianesi (nel capoluogo), Cerra, Torcasio, Giampà e Iannazzo (nel comprensorio lametino), Bubbo, Carpino, Scumaci e Grande Aracri (nella pre-Sila), Sia, Procopio-Lentini, Gallace-Novella, Iozzo-Chiefari e Pilo (nel soveratese). A Cosenza, il latitante Ettore Lanzino dirige il cartello Perna-Ruà-Cicero-Lanzino, che convive con i gruppi degli Zingari e dei Bruni. Le ‘ndrine Carbone, Gentile, Martello, Scofano, Ditto e Serpa mantengono il controllo della fascia litorale. La Sibartide è sotto l’influenza dei Forastefano, dei Carelli, dei Morfò e degli Acri. In Provincia di Crotone, è nota la preponderanza dei clan Vrenna, Papaniciari, Arena, Nicoscia, Grande Aracri e Farao-Marincola. Il polo di riferimento della criminalità di Vibo Valentia è tuttora costituito dal sodalizio Mancuso, fiancheggiato da altri gruppi: Anello-Fiumare, Cracolici, Lo Bianco, Binaco, Tassone, Bonavota, Petrolo-Bartalotta e Lo Preiato. La struttura della Camorra individua i gruppi attivi in tutta la Campania, dove la subcultura mafiosa, arretrata e criminale è socialmente diffusa in ogni ambito e assume connotazioni unanimi, identiche alle realtà degli ambienti calabresi e siciliani. Esiste un sistema di spartizione dei finanziamenti statali. Nel territorio casertano, i clan operanti sono riuniti dal cartello dei Casalesi e ogni provincia elenca decine di sodalizi. Napoli mostra la densità maggiore. I principali latitanti appartenenti alla Camorra sono Michele Zagaria, Mario Caterino, Pasquale Scotti, Antonio Iovine, Pagano, Francesco Matrone e Marco Di Lauro. Nella città di Napoli, tra le famiglie più rilevanti vi sono i Lo Russo, i Di Lauro, i Mazzarella, i Sarno e i Misso, ma si possono esporre tutti i sodalizi: Grimaldi, Puccinelli-Leone, Calone, Lago, D’Ausilio, Bianco, Torino, Zazo-Frizziero, Amato-Pagano, Prestieri, Abbinate, Sacco-Bocchetti, Licciardi, Alfano, Polverino, Vastarella-Tolomelli-Pirozzi, Caiazzo, Mariano, Sarno, Elia, Esposito-Cirella, Panzuto-Piccirillo, Mauro, Caldarelli, Contini, Varriale, Longobardi, Orefice, Arlistico, Terracciano, Alberto, Aprea-Cuccaro, Formicola, D’Amico, Reale, Rinaldi e Altamura. Il gruppo Lo Russo ha ampliato la propria influenza grazie alle lotte e alle faide che hanno colpito gli altri sodalizi, inserendosi tra le unità camorristiche più potenti dell’intera Provincia. Nei quartieri di Secondigliano e Scampia, lo scontro tra i Di Lauro e i consorzi scissionisti (Amato-Pagano, Prestieri e Abbinate) ha dato origine a episodi criminali contestabili, come l'assassinio di una ragazza. Gli armatori della flotta Lauro, discendenti di Achille Lauro, parlamentare italiano e sindaco della città, dispongono di uno dei principali conglomerati commerciali. Salvatore Lauro fu eletto nelle file di Forza Italia al Senato. Le fattispecie delinquenziali comprendono riciclaggio, usura, estorsione, assassini, associazione per delinquere e di stampo mafioso, contraffazioni, sfruttamento della prostituzione, infiltrazioni nell’amministrazione statale, tangenti, rapine, narcotraffico. La Provincia di Napoli può essere divisa in 4 zone cardinali. Nella frazione occidentale, sono rilevanti i ruoli delle famiglie Beneduce, Longobardi e Pariante. I sodalizi Moccia, Russo, Angelino, Pezzella, Cennamo, Mallardo, Castaldo, La Montagna, D’Alterio, Ferrara, Nuvoletta, D’Ausilio, Ranucci, Petito, Puca, De Sena e Crimaldi sono diffusi nella zona nord della Provincia. I Moccia esercitano una leadership affermata e costituirono, assieme ai clan Russo, Gionta, Marano, Alfieri, Fabbrocino, Galasso, Giuliano e Vollaro, il sodalizio della Nuova Famiglia, condotta da Antonio Badellino, che sgominò la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutulo negli anni ’80. Le alleanze tra le famiglie della Provincia Orientale sono fondate sulla base di comunanze di interessi. I sodalizi egemoni sono Russo, Fabbroncino, Cava, Sangermano, D’Alessandro, Ruocco, Somma, La Marca, Di Domenico, Ponticelli, Piscopo, Egizio, Galluccio, Veneruso. Si annota l’espansione di altri gruppi (Moccia, De Sena, Terracciano), provenienti dalle zone contigue. La parte meridionale della Provincia di Napoli indica ancora la presenza del clan Vollaro, che si somma alle altre bande: Ascione, Birra-Iacomino, Papale, Falanga, Belforte, Gionta, Chierchia, Tamarisco, Cavalieri, Gallo, Limelli-Vangone, Annunziata, Gentile, Imparato, Mirano, Di Martino, Pesacane, Giugliano, Cuomo. Caserta e l’omonima Provincia sono poste sotto l’egemonia del cartello dei Casalesi, un sodalizio mafioso camorristico, operante in tutto il territorio provinciale, regionale e nazionale, istituito come un’unica struttura, a cui aderiscono le differenti famiglie, che scelgono i propri capi in ogni zona. I Casalesi sono una consorteria delinquenziale, che agisce tramite spartizioni, con una struttura di vertice. La leadership dei carcerati Francesco Schiavone e Francesco Bidognetti è stata tramandata ad Antonio Iovine e a Mario Caterino, nelle zone di San Cipriano d’Aversa e Casal di Principe, a Michele Zagaria, nel territorio di Casapesenna e agli esponenti del gruppo Bidognetti, in altre aree provinciali. Lo smaltimento dei rifiuti urbani e tossici e l’assegnazione degli appalti hanno evidenziato il ruolo preponderante di Iovine e Zagaria nei due ambiti. Altri individui che esercitano la leadership di clan familiari sono Giuseppe Russo, Nicola Caterino, Raffaele Della Volpe, Michele Ferriero, Amedeo Mazzara, Luigi Chianese, Enrico Verso e Corrado De Luca, oltre a cui agiscono, nelle differenti zone, i gruppi Schiavone, Bidognetti, Lubrano, Ligato, Papa, Fragnoli, Gagliardi, Belforte, Farina ed Esposito. Ad Avellino e nella relativa Provincia, sono segnalate le famiglie Cava, Graziano, Genovese, Pagnozzi, Iadanza-Panella. In Provincia di Salerno, i D’Agostino mantengono un’egemonia indiscussa, affiancata dal ruolo degli Stellato nel capoluogo. Il territorio provinciale è appannaggio dei clan Fezza, Graziano, Contaldo, Pecoraro, D’Auria, Langella, Nocera, Matrone, Serino, De Feo. Morti e ferimenti sono diffusi in tutta la regione. La Provincia di Benevento è gestita dai sodalizi Sparandeo, Piscopo, Taddeo, Pagnozzi, Esposito, Lombardi e Saturnino. La criminalità pugliese e la Sacra Corona Unita dispongono di un centro nevralgico a Bari, dove si registra la preponderanza delle famiglie Strisciuglio, Valentini e Telegrafo. Gli altri sodalizi sono riuniti sotto la personalità delinquenziale di Savino Parisi. Tra le varie famiglie si possono menzionare i clan Stramaglia, Mercante, Rutigliano-De Vito, Cannone, Di Cosola, Capriati, Palermiti, Conte-Cassano, Mangione-Gigante-Matera. A Barletta, si rilevano i gruppi Cianciana, Pastore, Amoruso-Valente, Cannito-Lattanzio. A Foggia e nell’omonima Provincia, l’egemonia mafiosa è soggetta ai sodalizi Li Bergolis, Sinesi-Francavilla, Trisciuoglio-Prencipe-Mansueto, Moretti-Pellegrino, Piarulli, Di Tommaso, Ciavarrella, Romito, Gentile, Frattaruolo-Notarangelo, Gaeta, Bayan-Papa. Il sodalizio Rizzo è egemone in Provincia di Lecce. I Pasimeni costituiscono il clan più importante della zona di Brindisi e a Taranto sono segnalati i gruppi Cesario-Martera-Cianciaruso e Pascali. La Sacra Corona Unita opera spesso congiuntamente alla ‘Ndrangheta e alla Camorra, che ne incitarono la formazione e agisce parallelamente agli altri esponenti delinquenziali pugliesi. I Rancitelli in Abruzzo, la Banda della Magliana nel Lazio e i Basilischi in Basilicata costituiscono identiche congregazioni mafiose. Tra i latitanti indicati dal Ministero dell’Interno italiano compare infine il sardo Attilio Cubeddu, componente dell’anonima sequestri, condannato per i rapimenti Rangoni Macchiavelli, Bauer, Peruzzi e Soffiantini. Alessandro e Carlos Giuliano sono ricercati negli Stati Uniti e sono verosimilmente in Italia. La lista dei principali delinquenti redatta dall'Fbi indica Osama bin Laden, Robert William Fisher, Alexis Flores, James J. Bulger, Glen Stewart Godwin, Joe Luis Saenz, Eduardo Ravelo.
20/05/2010