Warlords: Abdul Rasul Sayyaf
L’Afghanistan ha un’atmosfera triste. L’invasione sovietica, la guerriglia durante la dittatura dei Talebani e l’aggressione statunitense comportarono migliaia di morti. Le condizioni di sviluppo sono arretrate. Le persone vivono male. Abdul Rasul Sayyaf è uno dei warlords che si impegnarono nella guerra ai russi e dispone oggi di un seggio nel Parlamento di Kabul. Le consultazioni presidenziali forniranno, al limite, introiti relativi alla presenza di giornalisti e osservatori internazionali. La Loya Jirga è costituita da alloggi a due o tre piani, assiepati in una zona a sud della città. Le vie di entrata sono monitorate da guardiani e da checkpoints. Uno dei soldati mi ha condotto all’ingresso, nonostante l’opposizione di un'altra sentinella, che vantava meriti di guerra tra i ceceni di Basayev. La hall della Jirga è formata da quattro o cinque casupole, che ospitano gli addetti. I parlamentari afgani lavorano dalle 8 alle 12. Oltre questo orario, è impossibile entrare in contatto con i loro uffici. Fazl, il coordinatore dei rapporti con la stampa, mi ha rilasciato solo un numero di telefono. Abdul Rasul Sayyaf è un vecchio di 63 anni, con la barba bianca. Condusse l’Unione Islamica per la Liberazione dell’Afghanistan negli anni ’80, grazie ai finanziamenti procurati tramite Osama bin Laden. I due estremisti costituirono un training camp per la jihad a Jalalabad. Nel 1985, Sayyaf fondò un centro di addestramento per gli integralisti, l’Università della Jihad di Jalozia, alla periferia di Peshawar. Nel 1987, conobbe Khalid Shaikh Mohammed, che lo aiutò a reclutare guerriglieri. Finito il conflitto, il leader arabo divenne uno dei maggiori oppositori dei Talebani, avvicinandosi all’Alleanza del Nord. I suoi adepti iniziarono a supportare le cause degli arabi. La guerra in Afghanistan non è una “guerra dell’oppio” e nemmeno una “guerra dell’oro”, nonostante l’esistenza di ampi giacimenti di minerali preziosi. L’invasione della Nato deriva dagli attentati alle Torri Gemelle e dal supporto fornito da Mohammed Omar a Osama bin Laden e ad al-Qaida. La nazione, tuttora, è parzialmente nelle mani di warlords. Gli afgani che vogliono setacciare l’oro dai fiumi devono pagare all’amministratore della zona una somma pari a 100 afgani al giorno (2 dollari). Nelle strade di Kabul, si vedono i furgoni e le auto dei contractors europei e statunitensi, armati di mitragliatori, con giubbotti antiproiettile e si avvertono i sintomi del gas nervino. Il Dicastero della Difesa dispone di blindati, armi e militari, i cui ordini comprendono attacchi alle forze Isaf. I kalashnikov utilizzano di norma proiettili 7,62x39, ma possono sparare cartucce di grandezza inferiore. I soldati della Guardia Presidenziale di Karzai mostrano moderni mitragliatori americani M16A2, nelle vicinanze di un’entrata ostacolata da misure cautelative. L'Hotel InterContinental dispone di un’ampia squadra di poliziotti e di guardie. Ho notato uscire una persona: aveva un occhio solo, la barba, il naso adunco, i capelli neri. L’altro occhio era stato asportato e si notava il segno di una ferita verticale sulla guancia. Poteva essere un sosia di Omar. I missili delle katiusha fanno un rumore simile a quello di un reattore aereo, quando partono. Le pavide apparizioni di La Russa in Afghanistan non servono a niente. Gli arabi <<sono dei guerrieri>>. Gli afgani ribadiscono la propria mentalità, ma gli arabi potrebbero adottare una strategia diversa per favorire lo sviluppo di molte nazioni, che soffrono i problemi dei conflitti.
Film: Afghanistan
22/10/2009