Fosse comuni

Vi sono 120.000 morti nell’ex Jugoslavia. Non ci si può aspettare che gli abitanti smettano di ammazzarsi. Sono state rilevate altre fosse comuni, con i resti di persone morte all’inizio della guerra del 1992-1995, a Becari e a Bisina. Il primo centro urbano è raggiungibile abbastanza agevolmente. Becari è un agglomerato di pochi fabbricati, posti in una zona di monti, accerchiati da alberi e arbusti. Vi si giunge tramite una strada sconnessa, non asfaltata, che si snoda nell’ambiente tipico della ricca flora jugoslava. Gli abitanti non sembrano essere serbi, ma forniscono le notizie utili a rilevare il sito. Le sepolture collettive furono alloggiate a margine delle tombe ordinarie. Allontanandosi dalla strada, camminando per un centinaio di metri nei campi incolti, riempiti di mine antiuomo, si incontrano delle tombe bianche. Gli ordigni causano delle buche di terra bruciata quando esplodono. La fossa comune è nettamente distinguibile nel prato adiacente: il suolo smosso nasconde i sepolti. Si vedono degli sterpi, incendiati per limitare le infezioni, oppure cresciuti male per colpa dei morti sottostanti. Oltre ai capitelli abbandonati, che indicano la presenza di tombe, vi sono persone seppellite in disordine, di cui si vedono le strutture. Ho visto una forma di colore biancastro, ma non so se si trattava di un ossatura. I teschi hanno un colore grigio. È difficile stimare il numero dei morti coperti dal suolo, in 50 metri quadrati di campo. Questa fossa comune potrebbe essere stata riempita in attesa di altri accertamenti, oppure potrebbe non essere stata ancora rilevata. L’autista che mi ha condotto a Becari mi ha indicato una secondo posto, dove avrei potuto rinvenire delle tombe collettive. Ho esplorato un tratto di strada, in mezzo agli alberi, giungendo ad una radura, che sembrava solo avere uno spiazzo sconnesso. Non c’era nessuna sepoltura evidente, ma l’autista potrebbe avermi fatto accertare se vi erano mine antiuomo, come nei dintorni di Becari. La seconda fossa reperita nei mesi passati è posta a Bisina, un centro urbano della provincia di Sekovici, raggiungibile in due ore di tragitto da Srebrenica, costituito da pochi fabbricati, con delle case distrutte dalla guerra. La fossa comune, riempita con dei resti delle vittime dello sterminio, è stata rilevata in uno scavo naturale, ad una profondità di 30 metri. Non mi è stato possibile raggiungere le sepolture. L’autista che mi ha portato a Bisina non si è dimostrato abbastanza efficiente. La banda di malviventi che stava sostando in uno spazio, a fianco di un focolare, di un furgone e di una macchina rubata, mi ha offerto da bere della grappa, ma non mi ha fornito altre direttive. Ho esplorato due strade, oltre un bivio. La prima svaniva in una selva d’alberi e diventava troppo sconnessa per poter continuare. La seconda portava verso una coltivazione di arbusti, che avrebbe potuto nascondere anche delle piantagioni di droga. La fossa comune non era in questa zona. Ho tentato di individuarla nei paraggi, inviando l’autista a un tempio ortodosso, che avrebbe potuto avere delle tombe, senza notare nulla di importante, se non le casupole degli anziani di origine serba, che durante la guerra avrebbero potuto costituire delle vittime sicure per guerriglieri e soldati. Quando stavo rientrando verso Sekovici, al margine di un rilievo, nel versante di fronte a Bisina, ho visto uno scavo aperto. Il sito della fossa comune dovrebbe aver avuto le stesse sembianze. Ho passato altre due ore in macchina, prima di giungere a Srebrenica, guardando le abitazioni distrutte dalla guerra, sentendo le grida degli arabi. I conflitti in Jugoslavia risalgono al disfacimento dell’Impero Ottomano. Negli anni ’80, si ravvisarono i primi contrasti, dovuti alle istanze etniche e autonomiste di croati, islamici e serbi. La guerra esplose nel 1992 e finì nel 1995. Adesso, rimane una light war, che comporta centinaia di morti, nonostante la presenza delle truppe della Sfor.
 
Film: La fossa comune di Becari e, alla fine, lo scavo di Bisina


29/06/2009