
La città di Palermo è divisa in 8 mandamenti locali: Porta Nuova, Brancaccio, Roccadifalco Passo di Rigano, S. Maria di Gesù, Noce, Pagliarelli, Resuttana e S. Lorenzo. L'intera provincia palermitana è ripartita in 8 grandi mandamenti: Palermo, Partinico, S. Giuseppe Jato, Corleone, Villabate, Belmonte Mezzagno, Ganci – S. Mauro Castelverde (o delle Madonie). Tra i capi menzionati nella relazione vi è Domenico Raccuglia, "fedelissimo corleonese, legato a Leoluca Bagarella", che avrebbe esteso la propria giurisdizione a Partinico. Visto il radicamento della mafia in Italia e in Sicilia, è ovvio che le connessioni mafiose non riguardano solo i politici che stanno affrontando adesso il giudizio della magistratura, nei diversi gradi (come Cuffaro, Dell'Utri e Miccichè), o singoli partiti, ma tutti gli esponenti politici e ogni partito, in ogni ente o amministrazione statale, o la maggioranza di essi, con preferenze rivolte a precisi movimenti politici. Alcuni di questi esponenti hanno perfino dei contatti con la "segreteria" della Cupola, ovvero con il "capo", o "segretario", della Commissione.
La provincia di Agrigento è costituita da 9 mandamenti: Agrigento, Porto Empedocle, Canicattì, Cianciana, Ribera, Sambuca di Sicilia, Casteltermini, Lampedusa / Linosa e Palma di Montechiaro. I mandamenti di Racalmuto e Favara sembrano essere stati assorbiti da quello di Canicattì. La famiglia Sciacca, a Sambuca di Sicilia, potrebbe assumere un autonomo profilo mandamentale. Il ruolo di rappresentante provinciale spetta al latitante Giuseppe Falsone, che ha differenti contatti con esponenti mafiosi di vertice a Palermo. Falsone è ricercato dalle forze di polizia, così come Gerlandino Messina, indicato come vice rappresentante provinciale. I reati più diffusi riguardano appalti e subappalti.
La gerarchia mafiosa della provincia di Trapani continua ad essere improntata alla tradizionale struttura delle famiglie e dei mandamenti, con una Commissione provinciale destinata ad individuare le linee strategiche criminali. I mandamenti sono 4: Castelvetrano, Trapani, Mazara del Vallo e Alcamo. La mancanza di conflittualità rinforza la leadership di Matteo Messina Denaro, al vertice del mandamento di Castelvetrano, della Commissione Provinciale e nella Commissione Interprovinciale, secondo alcune fonti, che dovrebbero essere confermate. Il nome stesso di Matteo Messina Denaro appare essere "costruito" in modo artificiale, con l'elemento "Denaro", che sembra alludere alla domanda di finanziamenti per il Ponte sullo Stretto di Messina, tema portante della campagna elettorale di Silvio Berlusconi.
La stessa area della provincia di Messina è divisa in tre zone, costituite dall'aggregato urbano del capoluogo, che risente delle connessioni con la 'Ndrangheta calabrese e dalle due fasce di territorio che si distendono dai margini del capoluogo ai confini delle province di Palermo e Catania, poste sotto le influenze delle organizzazioni mafiose limitrofe. Gli appalti sono, ancora una volta, il business più rilevante. I gruppi criminali menzionati dalla Dia sono Mangialupi, Batanesi e Mazzarroti.
In provincia di Caltanissetta vi sono 4 mandamenti: Gela, Vallelunga, Riesi e Mussomeli. Le famiglie del "Vallone" a nord della provincia sono tradizionalmente connesse ai gruppi palermitani. La Stidda ha conservato una certa capacità organizzativa nei comprensori di Gela e Niscemi, ponendosi come associazione mafiosa analoga a Cosa Nostra, con la quale non assume un conflitto di interessi e dimostra una certa intesa. Tra le famiglie rilevanti, c'è il clan Madonia, che ha recentemente subito 24 arresti. Le attività investigative condotte verso il gruppo societario facente capo alla Calcestruzzi S.p.A. hanno rilevato, nella provincia di Caltanissetta, in Sicilia e in tutto il territorio nazionale, le connessioni dell'azienda al tessuto mafioso e la sistematica formazione di fondi neri da destinare ai gruppi mafiosi.
La provincia di Enna continua a profilarsi come zona di retroguardia per l'organizzazione Cosa Nostra, di origine nissena, soprattutto, che ricorre ad alleanze con i gruppi operanti nelle zone limitrofe. Nella provincia di Catania, le organizzazioni mafiose gestiscono preferenzialmente il conferimento illecito di appalti pubblici. Gli interessi sono divisi tra le diverse famiglie. Possono essere menzionati i clan Santapaola, Mazzei, La Rocca, Scalisi, Laudani e i rapporti con esponenti delle famiglie palermitane. La provincia di Siracusa registra l'incidenza della criminalità diffusa, accentuata da marginalità e devianza. Tra i clan egemoni sembrano esservi i Bottaro-Attanasio.
Il gruppo Dominante, infine, è menzionato in provincia di Ragusa, dove si nota, come nel resto della Sicilia e dell'Italia, l'ingerenza di criminali di provenienza albanese, nigeriana, cinese, magrebina e rumena. In ogni provincia assume rilievo il commercio di stupefacenti, di cui si occupa la "mafia della droga", parallela e connessa alla "mafia degli appalti". La divisione territoriale dei mandamenti, utile a definire la struttura della mafia siciliana, presenta però un limite, dovuto all'esistenza, in tutta la nazione, di gruppi, di aziende e di interessi economici che fanno riferimento a esponenti mafiosi, o a persone riconducibili alla diffusa società mafiosa, tipica dell'Italia, che dispongono di maggiori mezzi finanziari dei boss e dei clan. I siciliani costituiscono un'"armata". L'esistenza di cellule dei servizi deviati, formate da diversi gruppi, attivi a fianco degli "uomini di mafia", definisce la struttura della criminalità stessa.
Sono interessanti e occorre rilevare i nomi di tutti i maggiori ricercati della lista del Ministero dell'Interno, per quanto riguarda Camorra (Raffaele Diana, Marco Di Lauro, Paolo Di Mauro, Antonio Iovine, Francesco Matrone, Pasquale e Salvatore Russo, Pasquale Scotti e Michele Zagaria), Cosa Nostra (Matteo Messina Denaro, Vito Badalamenti, Giuseppe Falsone, Giovanni Nicchi, Domenico Raccuglia, Giovanni Arena, Giovanni Motisi, Salvatore Miceli, Santo La Causa, Gerlandino Messina), e 'Ndrangheta (Antonio e Sebastiano Pelle, Carmelo Barbaro, Giuseppe Giorgi, Giovanni Strangio, Giovanni Tegano, Michele Antonio Varano e Domenico Condello).
22/01/2009