Tailandia

Se il contrasto tra Governo e rivoltosi non riuscirà a riproporre il ruolo fondamentale dei cardini istituzionali, l’ondata di destabilizzazione che sta colpendo la Tailandia non finirà. Gli scontri tra le forze di polizia e i dimostranti hanno causato finora la morte di decine di persone e il ferimento di centinaia di insorti. Gli attentati di ieri hanno comportato ancora due vittime. La leadership politica di Abhisit Vejjajiva, nominato Capo del Governo alla fine del 2008, è in stato di empasse. Gli oppositori al regime hanno alimentato la protesta invadendo il centro urbano di Bangkok in marzo, manifestando il proprio dissenso, erigendo barricate, bruciando autobus, bersagliando il Parlamento e una televisione, bloccando le strade, attaccando l’immobile del Governo, lanciando ordigni dal proprio accampamento. Il 10 aprile, la repressione dell’esercito aveva comportato 25 morti all’apice delle tensioni. Il giorno 22, le esplosioni registrate al perimetro della barriera fabbricata dalle camice rosse hanno ucciso tre individui. Resta da stabilire come i rivoltosi siano riusciti ad impadronirsi dei lanciagranate utilizzati per gli attentati. La crisi politica e istituzionale della Tailandia iniziò nel 2006. Thaksin Shinawatra fu allontanato dal proprio incarico di premier grazie ad un colpo di Stato militare. Il Fronte Unito contro la Dittatura, mobilitatosi a supporto dello stesso Thaksin, è costituito dalle fasce indigenti della popolazione e da intellettuali. I soldati appoggiano Abhisit, nato nel Regno Unito, a Newcastle, educato a Oxford, conosciuto per il sostegno annunciato verso la politica pulita e la lotta alla disonestà, che propone con un’attitudine da statista. Thaksin, al contrario, era un politico corrotto, arrivato al Governo grazie ad abusi, un miliardario delle telecomunicazioni con le zampe introdotte nell’amministrazione dello Stato. La povertà della Tailandia motiva l’insofferenza della massa dei rivoltosi. Khun Sa, riconosciuto dalle triadi mafiose orientali come proprio capo, morì nel 2007, lasciando, verosimilmente, ai propri figli il ruolo di leaders dei sodalizi mafiosi asiatici. Noto per essere il re dell’eroina prodotta nel Triangolo d’Oro, una zona delimitata tra Tailandia, Birmania, Laos e Vietnam, Khun Sa era stato raggiunto e intervistato dallo scrittore italiano Tiziano Terzani. Bangkok è tuttora uno dei principali scali da cui parte l’eroina destinata all’Occidente.

09/05/2010