Omar

Mohammed Omar è vivo ed è ancora attivo nell’ambito del conflitto in Afghanistan. L’informazione è diffusa a Kandahar, città che ospitò il leader talebano fino al 2001. Nel centro urbano e all’aeroporto le persone parlano di lui e ne confermano l’esistenza. Timori riguardanti la sua morte erano stati resi noti negli anni passati. Nel 2007, gli stessi soldati italiani di stanza a Kabul ne avevano paventato la fine. La sua dittatura, smantellata dall’invasione americana, non è commemorata con favore dagli afgani. Omar vivrebbe adesso tra Kandahar e Quetta, in Pakistan, dove la sua presenza è confermata dai rapporti dell’Isi, che indicano la periferia come nascondiglio dei leaders talebani e degli esponenti del vecchio Governo afgano, che continuano la guerriglia anche nel Sud Waziristan, zona di influenza del deposto capo dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan. Osama bin Laden condurrebbe le operazioni nel Nord Waziristan e nella provincia di Peshawar. A Kandahar, il mio telefono ha ribadito più volte il contatto <<Omar>>. Il dittatore potrebbe avere un’abitazione nella città da cui comandò lo Stato afgano, una città afosa, posta in mezzo al deserto sabbioso, dove la temperatura può arrivare a 40° C, dove la mancanza d’acqua è evidente. La sabbia dorata pervade i bronchi e ogni angolo dell’abitato, il cui centro si raggiunge passando un’ampia distesa di immobili a uno o due piani, costruiti con pochi materiali. Il tessuto economico presenta delle fabbriche di alluminio e delle industrie che elaborano il petrolio estratto dal sottosuolo. La miseria è sensibile. In mezzo alla confusione delle strade, si notano i carroarmati. La regione è posta sotto la giurisdizione delle truppe Nato, i cui tanks mostrano botole piene di soldati, o sistemi di attacco automatizzati, come i mitragliatori azionati elettronicamente. A fianco dell’aeroporto, secondo gli abitanti, avrebbe dovuto esserci un campo di addestramento per estremisti di al-Qaida e per dirottatori, connesso agli attentati alle Torri Gemelle. Si vedono dei rottami di autobus, di macchine e di aerei, con motori, telai, carlinghe e reattori arrugginiti, che costituirono sicuramente uno spazio rivolto alle esercitazioni dei miliziani. A sud dello scalo, all’inizio dei monti che delimitano il deserto, Osama bin Laden aveva costituito un training camp per guerriglieri, noto come Tarnak Farms, conquistato dagli statunitensi all’inizio della guerra e divenuto un loro punto di appoggio. Alla base di Tarnak, bin Laden istruì e addestrò due dirottatori dell’11/9: Mohammed Atta, che pilotò il boeing 767 contro la prima torre, e Ziad Jarrah, che guidò il volo 93, schiantandosi prima di giungere al target. Entrambi erano inquadrati nella Cellula di Amburgo, assieme a Marwan al-Shehhi (che condusse il volo 175, l’aereo che colpì la seconda torre) e Ramzi Binalshibh. Osama bin Laden stabilì la propria residenza principale, per un periodo, a Tarnak, un insieme di 80 abitazioni, accerchiate da un muro di cinta alto 3 metri, destinate al training per l’utilizzo di esplosivi, assassini, kalashnikov, mine, granate, mitragliatori, guerriglia urbana e attacchi suicidi. Nei dintorni di Kandahar, vi erano altre basi di al-Qaida, gestite da bin Laden stesso, con il patrocinio di Omar e dei Talebani. Secondo il rapporto della commissione statunitense che investigò gli attentati dell’11.09.2001, nel campo di Al Farouq erano stati addestrati almeno altri 7 dirottatori, tra cui Saeed al-Ghamdi, Ahmed al-Nami, Wail al-Shehri e Waleed al-Shehri. Quasi tutti gli attentatori definirono quindi la propria preparazione nella base di Al Matar alla fine del 2000 e nei primi mesi del 2001, raggiungendo gli States prima dell’11/9. La traduzione di “Al Matar” è “the airport”, l’aeroporto, sostantivo che indicava il training camp posto nelle vicinanze dello scalo di Kandahar. Nella zona, furono allestiti altri campi di addestramento di al-Qaida. Le informazioni furono rivelate soprattutto da Khalid Shaikh Mohammed, uno dei principali ideatori degli attacchi di New York, assieme ad Osama bin Laden e a Mohammed Atef. KSM fu arrestato nel 2003 e deportato a Guantanamo. Tre quarti dell’aeroporto sono occupati adesso dall’aviazione della Nato. Si vedono decollare elicotteri Mi-35, Apache e Chinook, aerei quadrielica C-130 e jets. Vi sono posteggiati anche dei prototipi di drones, gli aerei da combattimento senza piloti. I Chinooks sorvolano le campagne della periferia. La connessione tra Mohammed Omar e Osama bin Laden fu e resta solida: esisteva un contatto costante. Il primo finanziò e utilizzò i guerriglieri, i reparti armati e il supporto militare di bin Laden per ampliare e per conservare la propria leadership nell’ambito del conflitto che oppose Talebani e Alleanza del Nord. Omar adesso si sposterebbe in tutto l’Afghanistan per continuare la jihad nei confronti degli Stati Uniti. Nel 2001, suo figlio morì a causa di un bombardamento dell'abitazione che possedeva a Kandahar. L’Emiro nacque in un paese della provincia di Oruzgan, posto nelle lande di deserto montuoso della regione, Nodeh, dove potrebbe avere delle proprietà. Nell’ambito del conflitto, gli afgani mirano a bloccare movimenti e attività. I blocchi si rivelano fastidiosi e possono comportare la perdita di giornate. Sono stato fermato all’entrata dello scalo di Kandahar dai militari di guardia, che hanno addotto motivazioni relative all’ora prevista per il check-in, anche se uno dei soldati mi aveva detto di andare fino al terminal a piedi. Sono dovuto restare più di due ore davanti alla loro postazione, in mezzo al deserto, sotto il sole, con una temperatura maggiore di 30° C. Un marine è giunto all’ingresso per recapitare un passaporto ed è stato fermato da uno dei militari afgani. Tra i due è scoppiata una rissa. Gli altri soldati sono intervenuti, picchiando ripetutamente lo statunitense con i kalashnikov. Ho cercato di fermare il gruppo quando ho visto che gli stessi afgani avevano caricato i mitragliatori ed erano pronti a sparare. L’americano è stato arrestato. Aveva il naso sanguinante. I poliziotti lo hanno portato via, a bordo di un furgone. Nella zona, si è scatenata una tensione notevole. Un altro poliziotto ha sparato un bengala verso un carroarmato delle forze Isaf. Dubito che il marine coinvolto nella rissa sia stato ucciso, ma si sono sentiti dei colpi di kalashnikov in lontananza, forse dovuti alla continuazione della sua aggressività. L’ho vendicato facendo male ad un tassista. L’entrata dell’aeroporto è stata riaperta. Il mio volo è partito per Kabul solo verso le 19. Jets ed elicotteri statunitensi decollavano dalle piste di Kandahar, nel buio. Per ostacolare gli elicotteri Usa, i piloti afgani hanno adottato delle tecniche di volo ispirate ai dirottamenti dell’11/9 e compiono ampie virate, in aria, prima di posizionarsi sulla linea di crociera. Lo scalo rimane un target fondamentale. Verso est, c’è un campo minato. Nella stessa zona, i kalashnikov accolgono gli aerei in arrivo da una postazione di guerriglieri talebani. Si sentono i proiettili contro i boeing. Il 29 agosto, il mio volo tra Londra e Delhi era stato colpito da tre missili, lanciati dal sud dell’Afghanistan, guidati da raggi infrarossi, esplosi contro la carlinga a 10.000 metri di quota. Un quarto missile, con una potenza maggiore, aveva colpito l’aereo in prossimità del confine. L'impegno dell'Isi ad arrestare Omar è stato scarso. Nella guerra in Afghanistan, resta spazio per l'intervento delle Nazioni Unite.

Film: La guerra in Afghanistan - Kandahar


12/10/2009