L'Iran è una potenza atomica

In Iran, la produzione di armi atomiche è giunta alla <<seconda generazione>>. Non ci sono più dubbi. Materiali radioattivi e armamenti non convenzionali erano già stati acquistati dopo il disfacimento dell’Unione Sovietica. Adesso, l’esercito dispone di tutti i componenti per costruire testate. Occorre solo stabilire quanti missili sono pronti per essere utilizzati e quali capacità esplosive potrebbero avere. Nonostante le dichiarazioni di Ahmadinejad e degli altri esponenti del Governo, il programma di sviluppo nucleare è destinato a obiettivi militari e non civili: l’industria energetica della nazione si basa sullo sfruttamento degli idrocarburi e l’energia atomica, alla Repubblica degli Ayatollah, non serve. Il mancato rispetto del Trattato di Non Proliferazione, firmato nel 1968, è evidente. Teheran sostiene che la produzione di armi nucleari è un proprio diritto e che gli Stati Occidentali ne possono prendere atto. Un orientamento diverso della diplomazia sarebbe opportuno. Ho rivisto la centrale di Natanz dopo quasi un anno e mezzo di tempo. Dal mese di agosto del 2006, l’impianto per l’arricchimento dell’uranio ha aumentato la propria attività. Ci sono 3.000 turbine. Si notano, in superficie, nuove tubature, argentate. Il campo elettromagnetico che deriva dal funzionamento del sito è decisamente sensibile: si avvertono giramenti di testa, pressione agli occhi, blocco alla gola, male al diaframma. Si tratta di sintomi che potrebbero essere dovuti alle esalazioni gassose o alla separazione degli isotopi usati per obiettivi militari: U235 (uranio arricchito) e U238 (uranio impoverito). Gli iraniani dicono che a Natanz il gas centrifugato è trasformato in solido e che ci sono le attrezzature per produrre plutonio. La presenza di almeno due reattori di raffreddamento è evidente ed è confermata. Le sentinelle segnalano immediatamente le intrusioni e avvisano la linea di intervento. Le misure di sicurezza dell’esercito sono state rinforzate. Un mitragliatore antiaereo è stato piazzato sul lato destro della strada statale proveniente da Kashan, al crocevia con l’autostrada. Ogni 50 metri, punti di controllo armati tratteggiano i bordi del quadrilatero che forma il perimetro. Prima dell’entrata, è stata innalzata una nuova postazione, con un obice. A sud-est, in cima ad un argine, vi è un pezzo di artiglieria pesante, con un cannone di 3-4 metri. A fianco, si incontra una schiera di 5 mortai. Poi l’asfalto inizia a tagliare il deserto. La periferia industriale di Esfahan dista 100 chilometri. Nei pressi di Gaz e dell’aeroporto civile, ai piedi delle colline poste a Ovest, un’enorme impianto elettrico inquina l’atmosfera con le esalazioni di due ciminiere alte 60 metri. La radio dice “urania”, mentre i commentatori parlano. È una centrale atomica, probabilmente. Per raggiungere la struttura, occorre attraversare un quartiere di officine che vendono prodotti metallurgici e pezzi di ricambio per auto Mercedes. Il sito è alloggiato tra un bosco diradato e una raffineria, che fornisce gli idrocarburi per la combustione. Oltre alle ciminiere e ad uno stabile di 7, 8 piani, contenente macchinari e amministrazione, l’impianto è costituito da otto enormi reattori neri, di forma cilindrica, alti 50 metri e larghi 20, divisi in due gruppi da quattro. Gli stessi iraniani, ancora una volta, raccontano che almeno uno dei reattori è destinato alla fissione nucleare, che genera plutonio come elemento di scarto e che vi sono già stati degli incidenti. Avvicinandosi, si ha la sensazione di camminare in un vuoto magnetico. I controlli, all’entrata, sono notevoli. Proseguendo verso la città, si incontrano delle grosse imprese, moderne, fra cui la Esfahan Petrochemical, un’azienda costruita nel 1992, che sintetizza benzene, toluene, ortoxilene, paraxilene e altri derivati dello xilene. L’industria bellica, nell’area, è particolarmente sviluppata e comprende la produzione di armi chimiche. Esfahan, di per sé, potrebbe essere un abitato gradevole. Nella zona a sud del centro, vi sono due aeroporti militari e ve ne è uno a nord-ovest. I soldati riempiono le vie, mentre si sentono volare gli elicotteri di guardia, ogni giorno. I residenti segnalano la presenza di due siti. Il Nuclear Technology Center, alloggiato a est della città, è raggiungibile in un quarto d’ora di macchina, tramite la via che costeggia la riva sinistra del fiume Zayandeh. Prima di arrivare, si notano casupole destinate alla piccola industria. Staccati dalla via principale, alcuni edifici con l’effige di Khomeini spiccano in mezzo al panorama, protetti da una recinzione, all’interno di un campo sterrato. Sembrano centri di ricerca. Il sito nucleare si trova poche decine di metri più avanti, sul lato sinistro. Non ci sono controlli particolari. L’attività radioattiva è sensibile. Le apparecchiature più interessanti sono quelle per la produzione di gas Uf6, che ha raggiunto finora 300 tonnellate. L’entrata è sorvegliata da un cancello. Le recinzioni sono costituite da sbarre metalliche. È difficile distinguere i capannoni. Si vedono autobotti verdi, corrose, cariche di materiale, che passano lo sbarramento dell’inferriata e stabili bianchi, che potrebbero ospitare i laboratori. Gli impianti rilevati dagli esperti statunitensi sono i seguenti e sono spesso di origine cinese: light water sub-critical reactor, miniature neutron source reactor, heavy water zero power reactor, graphite sub-critical reactor, fuel fabrication laboratory, uranium chemistry laboratory, uranium conversion facility, fuel manufacturing plant. I satelliti americani indicano la presenza di un nucleo abitato, che dovrebbe contenere le residenze degli addetti. I ripari del quartiere impediscono di chiarirne l’esistenza, ma il secondo centro potrebbe essere posizionato sulla stessa via, verso sud. L’Iran è una grande base militare. Vi sono caserme ovunque. A 15 chilometri da Teheran, a lato dell’autostrada che dall’aeroporto Khomeini conduce in città, i soldati corrono all’interno degli steccati che costeggiano il campo e i dormitori. Un carroarmato è parcheggiato vicino all’entrata. Nei pressi di Esfahan, all’altezza del paese di Tiran, alcuni ettari di terra e i caseggiati dell’esercito sono delimitati da filo di ferro. Le 80 tonnellate di uranio arricchito che l’Iran ha acquistato di recente dalla Russia e che sono in fase di consegna potranno essere utilizzate sia per i reattori di Bushehr, sia per testate atomiche. Il programma di produzione di ordigni non si limita solo a pochi centri. Si potrebbe sospettare che esista un coordinamento dell’esercito. Un’istituzione statunitense, Nuclear Threat Initiative, ha individuato una serie di siti a Teheran, Jabr Ibn Hagan, Gorgan, Damavand, Saghand, Narigan, Zarigan, Yazd, Fasa, Darkhovin (dove è appena iniziata la realizzazione di una seconda centrale, con una potenza di 360 megawatt, a sud di Ahvaz), Khondab, Arak, Lashkar-Abad, Ramandeh, Ardakan, Bushehr, Tabriz, Bonab, Mo-Allem Kalayeh, Chalus e Karaj. La regione di Yazd è particolarmente rilevante. Un impianto dovrebbe trovarsi nei pressi delle miniere di Saghand ed è stato segnalato un sito di ricerca atomica, sotterraneo, nei pressi della città di Yazd. Il deserto di sale, inoltre, è stato sicuramente usato per testare le esplosioni, nonostante il trattato che vieta esperimenti di questo genere (Comprehensive Test Ban Treaty), firmato da Teheran nel 1996. Nessuno sa dove sono condotti i materiali radioattivi. Le basi missilistiche comprendono aree per la produzione (Teheran, Manzariyah, Khorramabad, Hasa, Shiraz, Parchin, Dorud, Mashad, Esfahan, Bandar Abbas), i lanci (Bakhtarun, Kermanshah, Sirri Island), la ricerca (Karaj, Gostaresh, Manzariya, Arak, Abu Musa, Kuhestak, Sirjan, Aliabad) e i test (Qom, Qeshm Island, Garmsar, Semnan, Shahrud, Tabas). Le strade di collegamento sono percorribili senza problemi. Arak è una città industriale, con imprese che si distinguono dalle cave sparse nel resto del territorio, ricco di minerali. In cima alle colline, due postazioni dell’esercito controllano i dintorni, con cannoni di 10 metri. L’impianto di produzione di acqua pesante è ubicato a poche decine di chilometri di distanza, nei pressi dell’abitato di Khondab. Questo è il sito più noto ai media ed è stato inaugurato nel 2006. Ad Arak, la gente è restia a fornire informazioni in merito alle strutture esistenti. Vi dovrebbero essere un reattore ad acqua pesante, un centro di ricerca e uno per l’arricchimento dell’uranio, che potrebbero trovarsi ai piedi dei monti che delimitano il lato ovest dell’abitato. Il grado di sviluppo della tecnologia atomica riscontrato in Iran confermerebbe che l’Iraq avesse già un programma per la produzione di armamenti nucleari. Il Complesso Industriale Hemmat è probabilmente una delle istituzioni iraniane più evolute. La struttura è abbastanza ampia ed è posta all’estrema periferia orientale di Teheran. Per una perlustrazione, è idonea la Babaee Highway. Percorrendo la Via Damavand fino alla fine, si incontrano le fabbriche e i capannoni di Hemmat. L’entrata dell’Aerospace Industry, formata da una porta di ferro, con muri di cemento e feritoie, cambia il panorama. Tutto il perimetro è sorvegliato. Questa è la base destinata a disegnare, sviluppare e produrre vettori aerei e missilistici, come un’altra sezione, nascosta. Le misure di sicurezza sono imponenti. Grosse torrette esagonali sovrastano il muro di cinta. I lavori in corso diventano check-points dell’esercito. Quando la strada finisce di percorrere il lato visibile, un largo spazio incolto, delimitato da filo spinato, si apre verso sinistra. È l’ambiente per i test di lancio, controllato dai militari e dai tanks. Dall’altra parte della via, uno spazio vuoto, con qualche casupola, sembra rivestire una certa importanza strategica. Passato Hemmat, un’auto guidata da un militare ha affiancato il mio taxi. I pasdaran, i guardiani della rivoluzione, mi hanno seguito fino in albergo. Il giorno dopo, gli agenti hanno ritirato il mio passaporto. Sono stato condotto alla caserma della polizia per gli stranieri. Cadeva una neve sottile. Era l’inizio di gennaio. Sono stato fermato con l’accusa di spionaggio e di svolgimento di attività giornalistica illecita, mentre sono un viaggiatore del mondo. Un articolo riguardante Natanz e la produzione di uranio impoverito aveva infastidito gli ufficiali. Mi hanno lasciato agli arresti domiciliari per 6, 7 giorni, piantonato, senza la possibilità di muovermi, con le macchine pronte a scattare se mi allontanavo. Due o tre interrogatori, le perquisizioni, gli strattoni e un ceffone mi hanno convinto a distruggere tutte le immagini e le riprese dei siti. D’altra parte, a Teheran si respira un’atmosfera quasi di guerra. La compravendita di armamenti è diffusa persino nei pressi dell’Ambasciata di Baghdad. L’Iran fornisce armi agli esponenti della resistenza irachena e offre supporto strategico ai guerriglieri Talebani in Afghanistan. L’ostilità concreta ha sostituito il sentimento di rabbia nei confronti dell’Ovest e di Israele. Le squadre di iraniani si infiltrano tra le bande di afgani che combattono la Nato. Teheran dimostra ambizioni da grande potenza, anche se l’ordinamento del regime fondamentalista non è intelligente. Il cadavere di Khomeini, i diktat di Rafsanjani e l’intransigenza hanno costituito un sistema economico-politico basato sulla commistione tra religione ed esercito e non riusciranno ad accrescere rapidamente lo sviluppo dello Stato.

03/05/2008