Storie di mafia: le vie dell’eroina

Il drogato si avvicina a noi barcollando. Ci chiede se abbiamo “un po’ di moneta”, mostrandoci le mani. <<Mi sono ustionato e devo comprare la cremina in farmacia>>. Io e il mio collega, fermi a parlare dopo il lavoro, gli spieghiamo che non abbiamo nulla, ma lui insiste: <<mi serve un po’ di moneta per la cremina>>. Gli ribadiamo il diniego. Si muove leggermente. Rispondiamo in malo modo e lui decide di andarsene. Siamo in una cittadella dell’hinterland milanese. Qui il problema della droga è ancora evidente.

Durante una pausa pranzo, abbiamo assistito ad una scena incredibile di compravendita di eroina. Lei, la tossica, percorreva la strada, muovendosi tra le macchine parcheggiate e guardando al loro interno. La “vedetta” si è diretta fino all’inizio della piccola via. Poi ha dato un segnale al suo compagno, fermatosi nei pressi di un’edicola abbandonata. Gli ha fatto capire con un cenno della testa che era tutto a posto ed è tornata indietro, rimanendo tra le vetture in sosta. Il drogato si è quindi spostato di una decina di metri, sedendosi sulla panchina di un piccolo parco. Noi siamo entrati nel bar che ci ospita di norma a mezzogiorno. Con la scusa di fumare una sigaretta, mi sono posizionato sul pianerottolo di questo bar sfortunato, che in pochi mesi di attività è già stato rapinato due volte, nonostante i sistemi di allarme. Il tossico era sempre fermo sulla panchina, ma a un certo punto è arrivato lo spacciatore, il “suo uomo”, che, non capendo niente, non lo ha visto e ha continuato a camminare sul marciapiede, con i denti che sfavillavano in contrasto con il colore nero della pelle. Alzatosi dalla panchina, il tossicodipendente lo ha chiamato. I due si sono quindi incontrati e hanno concluso l’affare.

La presenza di innumerevoli eroinomani non è una novità da queste parti. Mi ricordo due ragazze giovani, incrociate durante un caffè al banco. Ho bene in mente la situazione del paese adiacente, che di notte, per via della scarsa frequentazione e dell’urbanizzazione desolata, mi ricorda il quartiere newyorkese del Bronx. In questa piccola area suburbana, gli eroinomani ubriachi, nel 99% dei casi di origine araba, non si contano. Mi riprometto di parlare con il mio amico psicologo psicoterapeuta, per chiedergli quali sono tutti gli effetti desolanti e devastanti della droga sulla psiche, oltre al fatto che la “roba”, di qualsiasi genere, brucia il cervello, inesorabilmente. I neurotrasmettitori e le cellule cerebrali vengono danneggiati senza rimedio. A 30 anni, questi “scoppiati” non connettono più.

Potrei raccontare altre decine di episodi simili e narrare di altrettanti personaggi, ma la domanda che mi faccio è un’altra: come è possibile che nel 2024 l’eroina abbia tuttora un mercato così diffuso, al pari delle altre droghe? Cerco in internet “le vie dell’eroina”, i percorsi utilizzati dai grandi trafficanti per far giungere gli stupefacenti in Occidente. Gli oppiacei prodotti nel Sud-Est Asiatico (Myanmar, Laos e Tailandia) sono perlopiù destinati al mercato oceanico e a quello statunitense, invaso anche dalle sostanze esportate da Colombia, Messico e Guatemala. L’eroina che raggiunge l’Europa viene prodotta perlopiù in Afghanistan e nei Paesi limitrofi. L’eroina bianca e l’eroina brown sono quindi importate tramite una rotta principale, che attraversa Iran, Turchia e Stati Balcanici. Un’altra destinazione caratteristica è la Russia, mentre una rotta secondaria transita per il Caucaso e il Mar Nero. Un terzo percorso permette alla droga di raggiungere l’Africa e da lì di essere esportata verso l’Europa. A me è chiaro come alcuni Stati, innanzitutto islamici, siano fin troppo tolleranti nei confronti di questo traffico… e mi è altrettanto chiaro come gli spacciatori e i trafficanti che operano nelle nostre città siano nella maggioranza dei casi di origine araba o magrebina… ma mi chiedo come mai non vi sia la volontà di interrompere questo mercato della morte: noi tutti, cittadini che desiderano vivere in un mondo pulito, dovremmo denunciarli; gli adepti che usano le sostanze dovrebbero voler cambiare le loro vite bruciate; i Governi e la collaborazione tra le forze di polizia, di fronte ad una tolleranza inspiegabile dei Paesi coinvolti, dovrebbero aumentare i provvedimenti.

Ma chi sono i “signori della droga”? E’ ovvio che le mafie traggono enormi profitti, pronti ad essere riciclati nel sistema economico. A differenza delle cocaina, che dal Sud America giunge in Europa soprattutto via mare, l’eroina beneficia di percorsi portati a compimento tramite trasporti su strada. Si intravede chiaramente il ruolo della mafia araba. In Italia, il mercato della droga trova un facile appoggio fornito dalle mafie locali, sempre conniventi e onnipresenti, ma il ruolo dei gruppi criminali stranieri, in particolare albanesi e africani (magrebini e sub-sahariani) è diventato dominante nel traffico di eroina, in cui Cosa Nostra è giunta ad avere un ruolo di “compartecipazione agli utili”, a differenza della storica specializzazione. Ma utili di cosa? Di morte? Di giovani distrutti nella mente e nel fisico? Se invece parliamo di chi si brucia con la cocaina e con le altre droghe, arriviamo a vedere il business principale della ‘Ndrangheta e della Camorra. Fatti e strafatti, rimbambiti dall’uso delle droghe, con i neuroni che non connettono più, molti giovani non si accorgono di chi specula sulla loro salute e della feccia schifosa che alimentano.

22.04.2024

Fotografie: Ministero dell'Interno

Testo: Alessandro Ceresa