Storie di mafia: le vie dell’eroina

Il drogato si avvicina a noi barcollando. Ci chiede se abbiamo “un po’ di moneta”, mostrandoci le mani. <<Mi sono ustionato e devo comprare la cremina in farmacia>>. Io e il mio collega, fermi a parlare dopo il lavoro, gli spieghiamo che non abbiamo nulla, ma lui insiste: <<mi serve un po’ di moneta per la cremina>>. Gli ribadiamo il diniego. Si muove leggermente. Rispondiamo in malo modo e lui decide di andarsene. Siamo in una cittadella dell’hinterland milanese. Qui il problema della droga è ancora evidente.

Durante una pausa pranzo, abbiamo assistito ad una scena incredibile di compravendita di eroina. Lei, la tossica, percorreva la strada, muovendosi tra le macchine parcheggiate e guardando al loro interno. La “vedetta” si è diretta fino all’inizio della piccola via. Poi ha dato un segnale al suo compagno, fermatosi nei pressi di un’edicola abbandonata. Gli ha fatto capire con un cenno della testa che era tutto a posto ed è tornata indietro, rimanendo tra le vetture in sosta. Il drogato si è quindi spostato di una decina di metri, sedendosi sulla panchina di un piccolo parco. Noi siamo entrati nel bar che ci ospita di norma a mezzogiorno. Con la scusa di fumare una sigaretta, mi sono posizionato sul pianerottolo di questo bar sfortunato, che in pochi mesi di attività è già stato rapinato due volte, nonostante i sistemi di allarme. Il tossico era sempre fermo sulla panchina, ma a un certo punto è arrivato lo spacciatore, il “suo uomo”, che, non capendo niente, non lo ha visto e ha continuato a camminare sul marciapiede, con i denti che sfavillavano in contrasto con il colore nero della pelle. Alzatosi dalla panchina, il tossicodipendente lo ha chiamato. I due si sono quindi incontrati e hanno concluso l’affare.

La presenza di innumerevoli eroinomani non è una novità da queste parti. Mi ricordo due ragazze giovani, incrociate durante un caffè al banco. Ho bene in mente la situazione del paese adiacente, che di notte, per via della scarsa frequentazione e dell’urbanizzazione desolata, mi ricorda il quartiere newyorkese del Bronx. In questa piccola area suburbana, gli eroinomani ubriachi, nel 99% dei casi di origine araba, non si contano. Mi riprometto di parlare con il mio amico psicologo psicoterapeuta, per chiedergli quali sono tutti gli effetti desolanti e devastanti della droga sulla psiche, oltre al fatto che la “roba”, di qualsiasi genere, brucia il cervello, inesorabilmente. I neurotrasmettitori e le cellule cerebrali vengono danneggiati senza rimedio. A 30 anni, questi “scoppiati” non connettono più.

Potrei raccontare altre decine di episodi simili e narrare di altrettanti personaggi, ma la domanda che mi faccio è un’altra: come è possibile che nel 2024 l’eroina abbia tuttora un mercato così diffuso, al pari delle altre droghe? Cerco in internet “le vie dell’eroina”, i percorsi utilizzati dai grandi trafficanti per far giungere gli stupefacenti in Occidente. Gli oppiacei prodotti nel Sud-Est Asiatico (Myanmar, Laos e Tailandia) sono perlopiù destinati al mercato oceanico e a quello statunitense, invaso anche dalle sostanze esportate da Colombia, Messico e Guatemala. L’eroina che raggiunge l’Europa viene prodotta perlopiù in Afghanistan e nei Paesi limitrofi. L’eroina bianca e l’eroina brown sono quindi importate tramite una rotta principale, che attraversa Iran, Turchia e Stati Balcanici. Un’altra destinazione caratteristica è la Russia, mentre una rotta secondaria transita per il Caucaso e il Mar Nero. Un terzo percorso permette alla droga di raggiungere l’Africa e da lì di essere esportata verso l’Europa. A me è chiaro come alcuni Stati, innanzitutto islamici, siano fin troppo tolleranti nei confronti di questo traffico… e mi è altrettanto chiaro come gli spacciatori e i trafficanti che operano nelle nostre città siano nella maggioranza dei casi di origine araba o magrebina… ma mi chiedo come mai non vi sia la volontà di interrompere questo mercato della morte: noi tutti, cittadini che desiderano vivere in un mondo pulito, dovremmo denunciarli; gli adepti che usano le sostanze dovrebbero voler cambiare le loro vite bruciate; i Governi e la collaborazione tra le forze di polizia, di fronte ad una tolleranza inspiegabile dei Paesi coinvolti, dovrebbero aumentare i provvedimenti.

Ma chi sono i “signori della droga”? E’ ovvio che le mafie traggono enormi profitti, pronti ad essere riciclati nel sistema economico. A differenza delle cocaina, che dal Sud America giunge in Europa soprattutto via mare, l’eroina beneficia di percorsi portati a compimento tramite trasporti su strada. Si intravede chiaramente il ruolo della mafia araba. In Italia, il mercato della droga trova un facile appoggio fornito dalle mafie locali, sempre conniventi e onnipresenti, ma il ruolo dei gruppi criminali stranieri, in particolare albanesi e africani (magrebini e sub-sahariani) è diventato dominante nel traffico di eroina, in cui Cosa Nostra è giunta ad avere un ruolo di “compartecipazione agli utili”, a differenza della storica specializzazione. Ma utili di cosa? Di morte? Di giovani distrutti nella mente e nel fisico? Se invece parliamo di chi si brucia con la cocaina e con le altre droghe, arriviamo a vedere il business principale della ‘Ndrangheta e della Camorra. Fatti e strafatti, rimbambiti dall’uso delle droghe, con i neuroni che non connettono più, molti giovani non si accorgono di chi specula sulla loro salute e della feccia schifosa che alimentano.

22.04.2024

Fotografie: Ministero dell'Interno

Testo: Alessandro Ceresa

Il Maxiprocesso

Edizione gratuita del mio sesto libro: "Il Maxiprocesso", raccolta di tutti gli atti di ogni grado di giudizio del grande procedimento contro la mafia.

https://drive.google.com/file/d/1JVtf7uZe4ipPk42pxP7LuYMHhK3cptHJ/view?usp=drive_link

25 dicembre 2023





Download gratuito: "L'Average Discounted Cash Flow come metodo innovativo e correttivo per la valutazione delle aziende"

Edizione gratuita del saggio riguardante il metodo finanziario dei flussi di cassa attualizzati medi (Average Discounted Cash Flow) per la valutazione delle aziende, che presenta un sistema matematico per la definizione dei flussi di cassa, in grado di fornire una maggiore obiettività alle valutazioni stesse, in sostituzione di stime soggettive che possono comportare problemi legati ad interessi particolari o ad asimmetrie informative (in termini di moral hazard e adverse selection).


24 settembre 2023

The Diaries of Ratko Mladic

At the beginning of July 1995, the War in Bosnia was marked by a genocide, when the troops of General Ratko Mladic captured the enclave of Srebrenica and Potocari. More than 8.000 people were killed in a few days. The operation was later condemned as a war crime by the International Criminal Tribunal for the Former Yugoslavia. Under the copyright "Courtesy of the Icty", Dr. Alessandro Ceresa obtained the Diaries of Ratko Mladic, which were used during his trial, collecting the historical total document in the file that is possible to download at the following link:

https://drive.google.com/file/d/1CuFgygrIIyYrP27bXZqXmtjdz0jRD7p2/view?usp=sharing



Storie di mafia: Matteo Messina Denaro, le mafie, gli appalti e “i soldi”

“Iddu”…ovvero…”Lui”, in dialetto siciliano. A Castelvetrano, capoluogo dell’omonimo mandamento in provincia di Trapani, gli abitanti utilizzano questo termine per riferirsi a Matteo Messina Denaro, il capomafia inserito tra i principali latitanti, anche a livello internazionale, che la Direzione Investigativa Antimafia (Dia) definisce tuttora “la figura criminale più carismatica di Cosa Nostra e in particolare della mafia trapanese…principale punto di riferimento per far fronte alle questioni di maggiore interesse che coinvolgono l’organizzazione, per la risoluzione di eventuali controversie in seno alla consorteria, o per la nomina dei vertici di articolazioni mafiose anche non trapanesi.” Lui, ricercato da decenni, condannato per reati plurimi, tra cui omicidi e associazione a delinquere di stampo mafioso, riesce tuttora ad evitare la cattura, grazie alla rete di fedelissimi fiancheggiatori che ne permettono la latitanza. Nessuno sa dove si possa trovare e il territorio siciliano offre una molteplicità di possibili nascondigli. Gli arresti degli altri grandi capimafia (Riina, Provenzano, Raccuglia,…) potrebbero far pensare che Messina Denaro possa nascondersi proprio nel mandamento di Castelvetrano, al cui vertice si pose in sostituzione del padre, giungendo a rappresentare il sodalizio dell’intera provincia di Trapani all’interno della Cupola, fino ad essere definito il leader di Cosa Nostra, per l’influenza sovraprovinciale che riusciva ad avere, anche in virtù dei legami tra la mafia trapanese e quella palermitana.

All’inizio del mese di settembre, una maxi operazione condotta dai Ros dei Carabinieri e dal comando provinciale di Trapani ha condotto all’arresto di 35 persone, con 70 indagati, accusati di favorire la latitanza del boss. Messina Denaro compare anche tra i mandanti delle stragi di Capaci e di Via D’Amelio, quando, ancora giovane, partecipava alle riunioni della struttura apicale di Cosa Nostra, durante la leadership di Totò Riina.

Ci sono degli identikit che mostrano l’aspetto che potrebbe avere oggigiorno il boss, adesso sessantenne, tratti dall’ultima fotografia originale disponibile, quando era in giovane età. Il grosso naso e la grave miopia, che lo costringe a portare gli occhiali, forniscono le indicazioni più rilevanti. In passato, tra i suoi parenti, furono arrestati anche la sorella Patrizia e Francesco Guttaduro, il nipote prediletto, figlio di Giuseppe Guttaduro, già noto per essere un abile “mediatore” tra interessi economici, politici e mafiosi. A pochi chilometri da Castelvetrano c’è Mazara del Vallo, dove fu catturato il fratello di Totò Riina, Gaetano, adesso agli arresti domiciliari. Nel 2020, furono incarcerati numerosi fiancheggiatori di Messina Denaro, tra cui Francesco Domingo, ritenuto boss di Castellammare del Golfo, posto al vertice del collegamento tra le articolazioni mafiose trapanesi e Cosa nostra statunitense.

“Segui i soldi”: seduto nei bar e nei ristoranti posti nei dintorni di Castelvetrano, ascolto i commenti degli avventori, incuriositi dalla mia presenza e disposti a pronunciare mezze frasi con piccole informazioni. “I Guttaduri”: gli avventori del locale sibilano parole in codice. “Alessio…qua…”. Alessio era il nome che Matteo Messina Denaro usava per firmare i pizzini che inviava a Bernardo Provenzano, riguardanti le attività da svolgere da parte della consorteria mafiosa, che prediligevano, già allora, lo svolgimento di funzioni economiche. Il riferimento al luogo potrebbe far pensare che Messina Denaro riesca davvero a celarsi nei dintorni. 

“Le auto”, “le discoteche”: i commenti proseguono e mi fanno intendere che il capomafia mantiene tuttora interessi economici nella zona, che possono, in ipotesi, comprendere concessionari d’autovetture, supermercati, immobili, ristoranti, resorts, pizzerie, locali. Mi viene in mente che le attività economiche a lui riconducibili possano essere attribuite, direttamente o indirettamente, a suoi familiari e che possano essere molteplici. Cerco di individuare i posti più lussuosi. Acquisto o consumo qualcosa, pago con il bancomat e tengo la ricevuta o lo scontrino. Messina Denaro era un agricoltore, in gioventù. Leggo le etichette delle bottiglie di olio. Le ragioni sociali delle varie società non mi forniscono informazioni particolari. Le dissimulazioni giuridiche che possono impiegare gli esperti sono plurime, al fine di celare le proprietà reali. Penso che gli investimenti immobiliari possano ricoprire sicuramente un ruolo interessante e che possano costituire un obiettivo principale di riciclaggio dei capitali della mafia. Gli arresti e le confische di beni eseguiti negli anni hanno peraltro confermato che Messina Denaro e Cosa Nostra si rivolgono adesso soprattutto alle infiltrazioni nel tessuto economico, nelle imprese operanti in Sicilia e altrove. Le centrali del riciclaggio tramite le quali l’organizzazione criminale, divenuta “azienda”, riesce a “pulire” i proventi derivanti dalle attività illecite possono essere molteplici. Per poterle individuare, si dovrebbero effettivamente seguire “i soldi”, ovvero la presenza di ingenti quantità di risorse finanziarie, magari suddivise tra i diversi prestanome.

In passato, i sequestri di patrimoni illegali nella zona colpirono ad esempio il gruppo Grigoli, che gestiva la catena di supermercati Despar nel trapanese. Di recente, le indagini condotte dalle forze dell’ordine hanno permesso di individuare e confiscare innumerevoli proprietà per miliardi di Euro. Castelvetrano, d’altra parte, non presenta un tessuto industriale particolare, nonostante raggiunga quasi 30.000 abitanti, ma colpisce il fatto che esistano, soprattutto nella zona a sud del centro, numerosi esercizi dediti al settore terziario e soprattutto al commercio, con i relativi investimenti, appartenenti persino a marchi di livello nazionale. Si vedono cospicui lavori edili in corso di realizzazione. La mafia trapanese, scrive la Dia, è da sempre orientata a perseguire i propri “affari”. Ai margini della strada che conduce a Selinunte vedo numerose ville, poste al riparo di muri di cinta e cancelli. Mi impressiona un intero immobile, situato in periferia, tappezzato di cartelli elettorali e contraddistinto dall’insegna “Comitato elettorale”. C’è da chiedersi chi possa pagare tutto questo impegno politico. E’ facile ricordarsi anche delle spese pazze della Regione Sicilia, che in veste di regione autonoma ha ampie capacità finanziarie.

Insanguinata dalle storiche guerre di mafia e da contrasti tuttora attuali, la società siciliana ha deciso di volgere la propria azione allo sviluppo economico e di limitare i contrasti. In questa direzione, si inseriscono, in un’ottica più ampia, sia le alleanze con le altre organizzazioni criminali (la ‘Ndrangheta, la Camorra, la Stidda, la rampante mafia nigeriana,…), sia l’attenzione posta verso le rappresentanze politiche, soprattutto verso l’influenza che la Sicilia è in grado di avere nei confronti di chi comanda a Roma. Questo fatto discende dalla linea che ha voluto imprimere Matteo Messina Denaro.

Non mi piace parlare di politica. Penso che abbandonare la politica aiuti l’evoluzione di un pensiero indipendente. Mi piace narrare la verità, la verità sputata in faccia, oltraggiante, nuda e cruda. La sfera politica è in ogni caso un elemento di analisi che deve essere compreso nel momento in cui si parla di Cosa Nostra. Innanzitutto, mi colpisce come l’ultima relazione semestrale della Dia indichi molto correttamente il riferimento alle collusioni tra i gruppi criminali e i loro esponenti, da una parte, con i politici e i rappresentanti delle amministrazioni, dall’altra. Oltre alle quantità di risorse finanziarie provenienti dai tradizionali canali delle attività criminali (spaccio di droga, estorsioni, prostituzione, usura, omicidi, gioco d’azzardo, traffico d’armi,…), infatti, è chiaro come le organizzazioni mafiose si debbano sostentare, non solo in Sicilia, ma in tutto il territorio nazionale, tramite gli enormi flussi di denaro pubblico provenienti dagli appalti, o dalle leggi di finanziamento, o dalle sovvenzioni di carattere persino europeo. Gli esempi di tali connessioni sono numerosi.

Il Codice degli Appalti, che costituisce la normativa di riferimento per le commesse pubbliche, da un lato ha progressivamente regolato un settore che permetteva innumerevoli abusi, ma consente tuttora, tramite il sistema degli affidamenti diretti e delle valutazioni preferenziali delle relazioni tecniche nelle aggiudicazioni, possibilità di scelte estremamente discrezionali in capo alla pubblica amministrazione, tramite le quali possono essere favorite le realtà economiche vicine o appartenenti alla criminalità. Mi ricordo l’ascesa dei Corleonesi, spesso capaci, tramite l’intervento di Vito Ciancimino, di farsi aggiudicare miliardi di lire di appalti pubblici. In ogni Comune, diventa però facile individuare le responsabilità, poste in capo agli amministratori, ovvero agli esponenti politici, e agli uffici tecnici, preposti alla gestione degli appalti stessi.

È in questo senso che la politica assume un’importanza che, d’altronde, non avrebbe… Ed è in questo senso che la mafia siciliana è da sempre attenta alle dinamiche politiche, perché queste ultime le permettono di accaparrarsi capitali ingenti. Non penso che nessun partito sia esente da collusioni, per questo motivo. In ogni evenienza, la mafia è sempre pronta a stringere alleanze con chi effettivamente si trova ad esercitare il potere politico. Storicamente, mi ricordo le connessioni dei mafiosi con il Pentapartito e con la Democrazia Cristiana in particolare, nonostante vicissitudini che a tratti si espressero in modo contrastante. Curiosamente, a livello internazionale, in un periodo storico caratterizzato dalla Guerra Fredda e dalla necessità di contrastare l’espansionismo sovietico, tale alleanza poté persino fregiarsi del benestare degli americani, intenzionati a mantenere in Italia dei Governi geopoliticamente orientati al contrasto del comunismo, anche se, ovviamente, vista la diffusione della società mafiosa in Italia, prima il Pci e il Centro-Sinistra in seguito non furono assolutamente esenti da connivenze palesi.

Questo sistema entrò in crisi con il decadimento e la fine della Prima Repubblica, innescati da Tangentopoli. Da allora, diventò chiaro il voto delle regioni del Sud Italia, contraddistinte dai fenomeni criminali più evidenti (ma non per questo meno diffusi che al Nord), a favore di quei partiti che avrebbero potuto difendere gli interessi finanziari dei sodalizi. Un esempio può essere fornito dal progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, chiesto a gran voce da Cosa Nostra e ‘Ndrangheta in quanto foriero di possibili miliardi di appalti, presentato da diversi Governi anche a livello europeo al fine di ottenere i finanziamenti in oggetto. Marcello Dell’Utri fu condannato a 7 anni di carcere, definitivamente, dalla Corte di Cassazione, nel 2014. Tra le motivazioni poste alla base della sentenza di primo grado (risalente al 2004) si legge “La pluralità dell’attività posta in essere da Dell’Utri, per la rilevanza causale espressa, ha costituito un concreto, volontario, consapevole, specifico e prezioso contributo al mantenimento, consolidamento e rafforzamento di Cosa Nostra, alla quale è stata tra l’altro offerta l’opportunità, sempre con la mediazione di Dell’Utri, di entrare in contatto con importanti ambienti dell’economia e della finanza, così agevolandola nel perseguimento dei suoi fini illeciti, sia meramente economici che politici”. E ancora: “Vi è la prova che Dell’Utri aveva promesso alla mafia precisi vantaggi in campo politico e, di contro, vi è la prova che la mafia, in esecuzione di quella promessa, si era vieppiù orientata a votare per Forza Italia nella prima competizione elettorale utile e, ancora dopo, si era impegnata a sostenere elettoralmente l’imputato in occasione della sua candidatura al Parlamento europeo nelle file dello stesso partito, mentre aveva grossi problemi da risolvere con la giustizia perché era in corso il dibattimento di questo processo penale.”

In altri termini, fu constatato che le mafie sono in grado di ottenere propri rappresentanti tra i parlamentari. Il concetto espresso nella sentenza può essere costantemente applicato a qualsiasi partito od esponente politico, o appartenente al mondo della finanza. Mi vengono in mente alcuni nomi di imprenditori siciliani. Noto (e mi è facile giudicare) come l’azione concertata dei politici corrotti sia in grado di promuovere leggi in grado di minare il sistema di diritto posto, con le sue difficoltà, a contrasto della criminalità. Mi è sufficiente vedere le proposte di legge riguardanti temi come l’indebolimento delle misure di prevenzione severe a carico dei mafiosi, o le intenzioni di debilitare la magistratura nello svolgimento del suo difficile compito. Ricordo, a proposito, il “papello” di Riina, con le pretese inoltrate nell’ambito della trattativa Stato-mafia. Al di là della propaganda politica, si può valutare l’azione politica mafiosa dalle leggi promulgate a favore dell’illegalità.

Le ultime elezioni hanno evidenziato un enorme consenso per il Movimento 5 Stelle al Sud. Questo non significa, per il momento, che vi sia una collusione consolidata con il fenomeno mafioso: si tratta di un aspetto che fa comprendere come la stretta correlazione di questo partito con il reddito di cittadinanza evidenzi il disagio economico di individui e famiglie nel Meridione. In questo contesto, si comprende quanto scrive la Dia, in merito al ruolo “sociale” della mafia, che assicura risorse finanziarie ai propri adepti e alle loro famiglie, diventando un fenomeno difficile da estirpare. La società mafiosa, ovviamente, asseconda, favorisce e sostiene le attività economiche dei soggetti a lei appartenenti. In antitesi, però, la mafia crea povertà: aggredisce l’imprenditoria, ostacola gli investimenti, indebolisce il sistema di diritto, impedisce la crescita economica. Noto ad esempio la rete autostradale siciliana. I collegamenti tra i maggiori centri sono stati completati e il sistema infrastrutturale è quasi a posto, ma non vi sono investimenti privati, le aree di servizio sono rarissime, o inesistenti, le zone di sosta sono invase da rifiuti. L’edilizia privata mostra allo stesso tempo immobili non completati, o finiture non realizzate. Mi è chiaro che il Sud Italia ha grandi possibilità di crescita, per merito della cultura diffusa e dell’ambiente unico. Ritengo che l’autoimprenditorialità possa essere una soluzione e che per questo debba essere favorita.

“Segui i soldi”…può anche voler dire…”Denaro è qui”… Ho lasciato Castelvetrano in mattinata, dopo aver scattato un po’ di fotografie alla zona commerciale. Guardo gli impianti eolici posti ai margini della strada che conduce verso Salemi. Alcuni imprenditori della zona, operanti proprio in questo settore, furono arrestati in passato con l’accusa di essere fiancheggiatori di Messina Denaro. Trapani è una bella città. A tratti, il centro esprime ricchezza. La periferia, a differenza di Palermo, non mostra zone particolarmente degradate. Apprezzo sempre l’affabilità, la cordialità e la gentilezza dei siciliani. Solo in alcune occasioni, mi è capitato di percepire un certo grado di tensione nei rapporti interpersonali: a Corleone, ad esempio, ma anche a Castelvetrano, forse in virtù del fatto che si tratta di luoghi in cui la tradizionale appartenenza mafiosa è molto diffusa. Posso testimoniare che alla Favarella, quartiere palermitano dove si trovava la villa del boss Michele Greco, sede delle riunioni della Cupola, vi è tuttora un preciso controllo del territorio da parte degli uomini del clan. Ho avuto la stessa impressione a Castelvetrano.

“Verso Zangara”: ripenso alle ultime parole che mi sono state sussurrate. La Contrada Zangara è una zona a est di Castelvetrano, particolarmente nota, per il fatto che molti terreni appartenevano alla famiglia D’Alì, che aveva avuto alle proprie dipendenze sia Matteo Messina Denaro, sia suo padre Francesco, mentre la proprietà di altri appezzamenti era stata ricondotta esattamente allo stesso boss latitante e a Totò Riina.

Seduto ad un tavolo del Grand Hotel et des Palmes di Palermo, rileggo quanto ho scritto di getto, cercando di fornire un quadro complessivo, cercando di ricapitolare le informazioni più importanti e di integrare la narrazione. Ho raggiunto il centro della città percorrendo per l’ennesima volta l’autostrada proveniente dall’aeroporto. Ho visto il memoriale dedicato alla strage di Capaci nei pressi dello stesso svincolo. Mi chiedo, nel momento in cui i politici propongono variazioni peggiorative delle norme antimafia, se non provano vergogna, di fronte al ricordo di Falcone, di Borsellino e di tutti gli uomini che hanno perso la vita per colpa della mafia. Il Grand Hotel et des Palmes presenta un’atmosfera dorata. In passato, fu teatro di fatti misteriosi. Vi morirono lo scrittore francese Raymond Roussell, in circostanze oscure, nel 1933, una spia inglese, accoltellata alla schiena, nel 1937 e un agente segreto americano, precipitato dalla finestra, nel 1961. L’aspetto più interessante del Grand Hotel è però costituito dal fatto che la struttura fu sede nel dopoguerra, di incontri tra faccendieri, mafiosi ed esponenti del mondo dell’economia e della politica. Nel 1956 vi si tenne il primo summit mafioso della Cupola siculo-americana, organizzato da Lucky Luciano, che condusse anche in Sicilia alla costituzione di una Commissione Interprovinciale, la Cupola, formata dai principali boss, volta a decidere in merito ai contrasti interni all’organizzazione. In questa atmosfera, mi tornano in mente i romanzi di Leonardo Sciascia.

Vi è attualmente un cambiamento all’interno della mafia. Ai vecchi esponenti dei clan criminali, si affiancano costantemente e ottengono sempre maggior peso, in tutta Italia, i rappresentanti dell’economia mafiosa. Posso confermarlo, avendo bene in mente le dinamiche della mafia al Nord. A Castelvetrano si sente dire che comunque l’egemonia regionale è tuttora in mano ai gruppi di Palermo e di Corleone, perché nel capoluogo transitano i maggiori capitali. Attraversando la città, nonostante l’architettura a tratti barocca, a tratti bizantina, apprezzabile, di numerosi immobili, rilevo il degrado di molti quartieri, fatiscenti, che fanno comprendere come la situazione economica, per molte persone, sia fragile. La leadership della ‘Ndrangheta nell’ambito del traffico di stupefacenti è riconosciuta a livello internazionale. Dal porto di Gioia Tauro passano tonnellate di droga. Cosa Nostra agisce ad un secondo livello. Palermo oggi è divisa in 7 mandamenti (San Lorenzo – Tommaso Natale, Resuttana, Porta Nuova, Pagliarelli, Ciaculli, Villagrazia Santa Maria di Gesù, Passo di Rigano Bocca di Falco, della Noce), ai vertici dei quali vi sono le principali famiglie egemoni. Finita la stagione stragista, gli omicidi correlati all’attività mafiosa sono sporadici. Cerco di sintetizzare un pensiero che mi propongono molte vicende storiche: ricordatevi che la vita è una sola; se uccidete qualcuno, passerete il resto della vostra in carcere.

Alessandro Ceresa

26 settembre 2022

Download gratuito: I Crimini dei Talebani

Nel giorno del ventesimo anniversario dell’attentato alle Torri Gemelle, scelgo di pubblicare un documento storico, comprendente un breve testo riguardante i crimini commessi in Afghanistan dalla dittatura dei Talebani tra il 1996 e il 2001, accompagnato, soprattutto, dalle fotografie che testimoniano tali crimini, i cui diritti d’autore sono stati ottenuti dall’associazione Rawa.org.

https://drive.google.com/file/d/1E_BcNnDASLZB9UcYwl8d6Tfr9YSia7mD/view

11 settembre 2021



Download gratuito: prima edizione del libro "8000"

Il libro "8000", disponibile gratuitamente in internet da oggi, è una raccolta di tutte le fotografie riguardanti le più alte vette della terra, precedute da un trattato semplice, relativo ad alcune delle principali patologie di cui possono soffrire le persone ad un’altitudine elevata.

Free download: https://drive.google.com/file/d/1cPQmcf4yiNzbd9ZcySQrjHdzki9PkAIz/view

11 settembre 2021



Fabrizio Quattrocchi

 

Baghdad, 6 febbraio 2009

Fabrizio Quattrocchi fu ucciso nel 2004 in Iraq da esponenti del gruppo islamista Le Falangi Verdi di Maometto. Salvatore Stefio, Maurizio Agliana e Umberto Cupertino, gli altri contractors italiani rapiti assieme a lui, furono liberati da un raid delle truppe statunitensi, dopo quasi due mesi di prigionia. L’omicidio di Quattrocchi lasciò dei dettagli insoluti. <<Fabrizio fu colpito alla testa. I rapiti furono fortunati se gli iracheni uccisero solo uno di loro. Accadde anni fa>>. Jassen (“Jason”, in inglese) mi fornisce queste informazioni in un’auto ferma davanti al checkpoint 3 dell’International Zone di Baghdad. Il fotografo americano che ho accompagnato nella zona rossa, verso Sadr City, gli fa appoggiare la rivoltella sul cruscotto della Ford e la fotografa. Jassen è iracheno ed era stato uno dei compagni di Quattrocchi e di Stefio presso l’agenzia per cui lavoravano gli italiani. Jason è quindi stato arruolato dalla polizia di Baghdad. Ha 45 anni, circa, i capelli color rame e i baffi. Indossa un giubbotto nero.

<<Lavoravo per una compagnia di sicurezza privata, formata da managers iracheni e americani -, spiega -. Proteggevamo degli statunitensi e procuravamo dei dollari per gli iracheni. Dovevamo proteggere differenti posti: l’Hotel Babylon, il Ministero degli Affari Esteri, l’International Zone. Oltre a Fabrizio, c’erano Cris, Paolo (probabilmente Paolo Simeone, n.d.r.) e Valeria (Castellani), la fidanzata di Paolo, che parlava un ottimo inglese. La nostra base era all’Hotel Babylon. Potevamo disporre della piscina e del ristorante. L’Iraq era pericoloso nel 2004. La situazione si deteriorò per colpa degli attacchi dei miliziani. Gli italiani mi fornirono un’arma e mi mostrarono delle immagini di quando erano in Italia, nei nightclubs. Li portai a mangiare a casa mia. Partirono dopo pochi giorni. Finirono il periodo del proprio contratto e decisero di tornare in Italia. Erano guardie del corpo per statunitensi. Domandarono a un iracheno, Abu Haider, di procurare delle jeep Chevrolet. Io dissi loro di non andare verso la Giordania. Paolo decise di viaggiare tramite la Giordania. Seppi dell’uccisione di Fabrizio da un’impiegata americana, che uscì dal Ministero degli Affari Esteri piangendo. Disse che Fabrizio era stato ucciso…>>

Jassen conferma inoltre l’esistenza di squadre della morte, poste sotto la gestione governativa e agli ordini del Ministro dell’Interno Bayan Jabor, attive durante la prima fase dell’occupazione Usa. Operando sotto lo stemma dei servizi di sicurezza dei Ministeri dell’Interno e della Difesa, utilizzando camionette e armi, i componenti degli squadroni sfruttarono il proprio ruolo ufficiale per arrestare, imprigionare, torturare e uccidere persone nell’ambito degli scontri tra sciiti e sunniti. Bayan Jabor assunse l’incarico di Ministro delle Finanze nel governo di Nouri al-Maliki. Esiliato durante la dittatura di Saddam, Jabor, uno sciita, si vendicò, probabilmente, delle angherie subite. Non fu l’unico. Le squadre della morte causarono centinaia di vittime, trovate ammanettate nei sobborghi di Baghdad. Il partito sciita per la Rivoluzione Islamica, Sciri, dispose ampiamente dell’azione dei killers e dei miliziani della Brigata Badr.

Conoscevo bene l’Hotel Babylon. Era stato il primo albergo in cui soggiornai dopo essere arrivato a Baghdad all’inizio del mese di dicembre del 2008. Mi ricordo la sparatoria nel quartiere che riuscì a filmare non appena arrivato in camera. L’Hotel Babylon, come la maggior parte delle strutture ricettive della città, era nella zona rossa, nella Red Zone, dove non c’era nessun controllo. Verso l’imbrunire, dopo aver girato per la città durante tutto il giorno, mi piaceva sedermi di fronte all’ingresso dell’albergo, davanti ad uno dei negozietti che costeggiavano la via, per bere una bibita e fumare qualche sigaretta. Vedevo uomini vestiti di nero che fermavano le loro auto al margine della strada. Sospettavo che potesse trattarsi di miliziani.

Il giorno dopo aver incontrato Jassen, tornai all’Hotel Babylon. Nella hall, chiesi ad una delle guardie di poter parlare con il direttore. Volevo notizie riguardanti Fabrizio Quattrocchi. L’uomo lasciò la sua pistola sul tavolino e si allontanò. Dopo pochi minuti, tornò e mi disse che non c’era nessuno che avesse informazioni. Nel frattempo, un suo collega mi aveva offerto una bottiglietta d’acqua, che bevvi rapidamente. Rientrai quindi al mio alloggio attraversando Baghdad nella consueta, magica, tetra, spettacolare atmosfera che la città in guerra assumeva di notte.

Alessandro Ceresa



Omaggio - Free gift: GUERRA

In omaggio, per tutti i lettori, il libro GUERRA, raccolta di tutti gli articoli scritti dall'autore, Alessandro Ceresa, come giornalista free-lance in zone di guerra, per svariate testate, dal 2005 al 2012, durante la Guerra al Terrorismo promossa dagli Stati Uniti e dai loro alleati dopo gli attentati alle Torri Gemelle del 2001. Gli articoli testimoniano situazioni differenti, riscontrate nei diversi fronti attraversati, spesso caratterizzati dalla jihad e dal fondamentalismo islamico negli Stati arabi. Visti gli atti compiuti dall’Isis anche di recente, il libro costituisce un elemento di interesse. E' gratuitamente scaricabile e può essere liberamente diffuso.

Free download: https://drive.google.com/file/d/1r4cDlT6dDREDsZBIrran7PY7v39JWJge/view



Kosovo



30/04/2013

Afghanistan

Kabul è un centro urbano triste. La miseria esprime uno degli aspetti di una guerra che finirà solamente nel 2014. La zona più antica, tuttora costituita da casupole fatiscenti, resta e rimarrà il simbolo di una delle città più arretrate del mondo. L’atmosfera bluastra dell’oscurità è interrotta a tratti dalle rare illuminazioni di abitazioni poste al riparo di muri e di barricate. Kabul. Ogni guerra ha segnato irreparabilmente le infrastrutture dell’abitato. L’invasione sovietica, il regime dei Talebani e gli attacchi degli statunitensi e dei loro alleati implicarono decenni di instabilità, che ostacolò lo sviluppo di tutto l’Afghanistan. La guerra adesso è quasi finita. Le rovine di Kabul rompono però un Velo di Maya e mostrano le macerie tipiche di ogni belligeranza. Gli investimenti recenti hanno rinnovato alcune parti dell’abitato, ma sono sostanzialmente improduttivi. La condizione di sottosviluppo non è lampante per gli afgani, abituati a vivere in una nazione arretrata, che impiegherà anni per giungere a livelli apprezzabili.

Baghdad

Durante la guerra, Baghdad era un inferno. Gli attentati, le vittime, gli spari, le autobombe e le strade distrutte dalle esplosioni contraddistinguevano un abitato urbano parzialmente sottosviluppato. I checkpoints, il filo di ferro, i palazzi del potere, il Tigri, i carroarmati, le muraglie e le barricate disegnavano un dedalo inestricabile. Baghdad oggi è tuttora il maggiore centro nevralgico dell’Iraq. Le frasi dei muezzin rompono l’atmosfera silenziosa dell’oscurità. I problemi non sono finiti. La ricchezza principale della nazione è costituita dagli idrocarburi. Lo sviluppo è limitato. Tra due decenni, forse, gli iracheni riusciranno a vivere in uno Stato evoluto.

Kuwait

Kuwait City è un modello evolutivo. I centri urbani degli altri Stati arabi dimostrano raramente il progresso raggiunto dai suoi moderni sobborghi. Ci sono città europee e statunitensi meno progredite. La ricchezza impareggiabile del Kuwait è dovuta agli idrocarburi ed è avvalorata dal livello di sviluppo. Le vestigia della guerra sono sparite.

Sarajevo

Sarajevo è una città ferita. Gli investimenti moderni stanno eliminando i segni della guerra, ma migliaia di tombe restano nella memoria dell’abitato bosniaco. I contrasti tra serbi e bosniaci sono tuttora sensibili. Così parlò Zarathustra…

22/03/2013

Operation Denaro

Il capomandamento della Provincia di Trapani, Matteo Messina Denaro, è uno degli ultimi grossi boss mafiosi tuttora latitanti. Designato da Cosa Nostra al vertice della Commissione Interprovinciale per domandare il varo del progetto del ponte sullo Stretto, Denaro riesce a celarsi agli investigatori, grazie, probabilmente, ad un reticolo di aiutanti che ne sostiene la contumacia. Lo scambio di voti politico-mafioso per il ponte di Messina giunse però a livelli governativi: Cosa Nostra decise di destinare i propri voti ai politici e ai partiti che promisero l’avvio del progetto dell’infrastruttura irrealizzabile. La mafia siciliana e la ‘Ndrangheta, sostanzialmente, ottennero il supporto di esponenti come Berlusconi, Dell’Utri e Alfano. La Cupola mafiosa restò formalmente diretta da Messina Denaro. Condannato all’ergastolo nel 2002, il capomandamento di Castelvetrano costituì, come Brusca, Bagarella, Giuffrè, Graviano e La Barbera, un mandante della strategia stragista di Cosa Nostra, che culminò negli attentati condotti nel 1993 a Firenze, Milano e Roma. Dopo gli arresti di Virga e di Provenzano, Denaro assunse il ruolo di capomafia della Provincia di Trapani e della Commissione Interprovinciale. Le incarcerazioni di individui e i sequestri di patrimoni a lui riconducibili posero in difficoltà il sodalizio di Castelvetrano, che restò egemone. In passato, i contatti di Messina Denaro giunsero fino al senatore del Pdl Antonio D’Alì. Il network di connessioni del capomandamento si estese al Nord e al Sud America, alla Calabria, a Palermo e all’Europa. Indubbiamente, i grossi arresti e gli espropri riuscirono a limitare l’attività del latitante.
 
20/02/2013

Interpol

Tra i maggiori latitanti ricercati dall’Italia in ambito internazionale non ci sono solo Messina Denaro, Di Lauro, Giorgi, Cubeddu, Motisi, Varano e Scotti. L’Interpol indica decine di delinquenti, di varie nazionalità: Davila Bonilla, Planias, Dossenbach, Jaho, Lu, Bah, Mali, Viera, Castaneda, Raja, Angarita Garcia, Forte, Liotti, Winogradov, Causanu, Crespu Jimenez, Pezza, Guresci, Zhang Wen e Zhang Wei, De Vito, Zhao, Pinilla Alarcon, Sheqi, Gutierrez Lemus, Boggiano, Raimondi, Radonjic, Grigore, Mauceri, Berisic, Tosoni, Daraselia, Abedini, Kbabo, Zarrouk, Maric, Delisi e Juric. 

http://www.interpol.int/en

13/02/2013

Lo sviluppo della potenza militare cinese

Stati Uniti ed Unione Europea possono offrire agli altri Paesi un sistema di sviluppo consolidato. La cooperazione economica tra Stati Uniti e Cina è però dubbia e solleva l’ipotesi di rinforzare gli accordi commerciali tra gli stessi States e l’Unione Europea. Pechino, d’altronde, ha imposto all’Asia e al mondo la propria potenza economica e geopolitica. La Cina costituisce la terza forza mondiale in ambito militare, oltre alla Nato e alla Russia. Essendo una delle potenze atomiche riconosciute dall’ordinamento internazionale, la Rpc può agevolmente imporre la propria egemonia. L’esercito cinese è diviso in settori fondamentali: missili strategici, forze al suolo, marina e aviazione.

I missili strategici cinesi

I missili atomici intercontinentali della Cina sono in grado di colpire obiettivi posti a 12.000 km. La Forza dei Missili Strategici, conosciuta come Second Artillery Corps, è il ramo dell’esercito che controlla tutti gli ordigni e dispone di 90.000-100.000 militari. Le direttive sono inviate dal centro di comando alle basi e alle unità di lancio. Pechino ha 150 missili atomici strategici: 20 DongFeng 3 IRBMs, 20 DongFeng 4 IRBMs, 20 DongFeng 5 ICBMs, 80 DongFeng 21 e 10 moderni DongFeng 31, adottati nel 2007. Inoltre, i Second Artillery Corps sono attrezzati con altri 400 ordigni atomici e con 1.000 missili convenzionali, tra cui vi sono DongFeng 15, DongFeng 11, DongFeng 21C (Mod-3) e DH-10 LACM. Le basi operative sono rilevate con numeri da 51 a 56. A Baoji, nella Provincia di Shaanxi, il campo n. 22 dell’esercito è destinato a training, deposito e supporto. I missili che possono colpire Stati Uniti ed Europa, con potenziali di diversi megatoni, sono disposti a Lingbao, Luanchuan e Huaihua-Jingzhou (DongFeng 5, ICBMs), Weinan-Hancheng, Nanyang e Tianshui (DongFeng 31). L’ordine di combattimento indica tutte le sedi di ogni base strategica: Weinan-Hancheng, Dalian-Jinzhou, Tonghua, Laiwu (unità 51 Shenyang), Chizhou, Huangshan-Qimen, Jingdezhen, Yongan, Meizhou, Ganzhou, Jinhua, (unità 52 Huangshan-Qimen), Jianshui, Chuxiong, Liuzhou, Qingzhen, Kunming (unità 53 Kunming), Lingbao, Luanchuan, Nanyang (unità 54 Luoyang), Huaihua-Jingzhou, Huaihua-Tongdao, Huaihua-Huitong, Shaoyang-Dongkou (unità 55 Huaihua), Datong, Tianshui, Korla, Delingha, Ruowu (unità 56 Xining). Il sottomarino nucleare ormeggiato a Jianggezhuang è fornito di un missile atomico con un potenziale di 2,5 megatoni (Julang-1). A ovest dell’abitato di Delingha, disposte in tre file verticali, vi sono decine di rampe di lancio per missili nucleari intercontinentali DF-4 e ICBM, forniti di ordigni con vettori a due stadi, aventi una gittata di 4.700 km, che utilizzano come combustibile acido nitrico e Udmh. A Delingha c’è un ampio sito chimico e atomico, gestito dall’azienda Qinghai Soda Co. Ltd. L’impresa mira a diventare il maggiore produttore di soda dell’Asia. La città ospita l’812a Brigata dell’esercito e altri siti nucleari. Altre basi missilistiche sono individuabili a Wuzhai, nei pressi del cosmodromo di Taiyuan e a Jiuquan, da dove sono lanciati anche i satelliti cinesi. Numerosi siti sono individuabili a Da Quaidam, Xiao Qaidam, Dalongzhen, Tongdao, Dengshahezhen, Sundianzhen, Yidu, Xuanhua, Jianshui, Kunming, Lianxiwang, Luoning e Tonghua.

Le forze al suolo dell'esercito cinese

Le forze armate cinesi sono state rinnovate e dispongono di 1.600.000 soldati, che costituiscono il 70% di tutto l’esercito, ai quali possono essere aggregati 800.000 riservisti, 660.000 poliziotti e 10.000.000 paramilitari. Il 40% delle divisioni e delle brigate è blindato e meccanizzato. La maggioranza delle armate è frazionata in 18 gruppi, comprendenti ciascuno 45.000-60.000 soldati. Ogni regione della Pla accoglie 2 o 3 gruppi di armate. Il resto delle forze è diviso in 30 distretti e svolge ruoli di sicurezza interna o di difesa dei confini. I carroarmati sono 7.500 e comprendono moderni tanks di tipo 96 o 99 e blindati derivanti dai T-54 sovietici (Type 59). L’esercito dispone di 2.000 veicoli da combattimento della fanteria, 5.500 blindati per gli spostamenti delle unità, 20.000 sistemi di artiglieria, 400 elicotteri, missili a infrarossi antitank e sistemi missilistici surface to air. L’evoluta industria tecnologica cinese fornisce connessioni satellitari, wireless networks e radio digitali. I militari possono sfruttare quindi un sistema di informazione centralizzato e coordinato. La fanteria dispone di 25 divisioni e di 33 brigate. Le divisioni blindate sono 9, con 9 brigate. L’artiglieria ha 3 divisioni e 15 brigate. Le forze al suolo hanno anche 10 squadroni di elicotteri. I 30 gruppi provinciali della polizia sono attrezzati con tanks e dispongono di 14 divisioni mobili. L’azienda Norinco (China North Industries Corporation) è uno dei fornitori specializzati dell’esercito. I contingenti dei riservisti, subordinati a vari distretti, sono coordinati in 17 divisioni e 5 brigate di fanteria, 2 divisioni blindate, 3 divisioni e 7 brigate di artiglieria, con una brigata automatizzata anti-tank. La loro difesa aerea può fornire 18 divisioni, 6 brigate e 6 reggimenti di artiglieria antiaerea. Gli ingegneri di riserva sono inquadrati in una brigata e in 16 reggimenti. La struttura militare delle forze al suolo ha gruppi per le operazioni speciali e unità di rapida reazione. La polizia è divisa in rami specializzati, divisioni mobili e forze di sicurezza, poste sotto lo stesso comando. I reggimenti della difesa chimica sono 7, quelli dei segnalatori 9, quelli della guardia costiera 2. I sistemi militari presentano armamenti moderni e antiquati: carroarmati Type 59, 62, 63/A, 79, 88, 90-II, MBT2000, 96/ZTZ96, 99/ZTZ99; veicoli da combattimento armati Type 63, 73, 77, 84, 86, ZSD89, ZSL92, ZJX93, ZHB94, WZ550 (attrezzati con sistemi missilistici anticarro), WZ523, ZZT1, WZ752, ZBD97, Type 99, ZSL2000, ZBD2000; artiglieria mobile automatizzata Type 75, 83, PTZ89, PLZ89, PTL02, PLL05, PLZ05 (Howitzer); pezzi di artiglieria pesante Type 59, 66, 83, 86 (Howitzer e AT Gun); lanciamissili Type 63, 81, 82, 90, PHZ89, PHL03; missili surface to air HongQi (2, 61A, 7, 64, 9, 12, 16), LieYing 60, S-300/SA-10, Tor M1/SA-15, HongYing 5, QianWei 1 e 2, KaiShan 1, HongYing 6; artiglieria antiaerea Type 59, 65, 74, 87, 90, PGZ88, PGZ95; missili anticarro HongJian 73, 8 e 9; obici da fanteria Type 65, 78, PF98, QLZ87, QJZ89. I sistemi logistici hanno mine, bulldozer, scavatori, gru, veicoli leggeri e pesanti, per il trasporto di merci o di soldati, con jeep interamente blindate.

La marina cinese

La marina cinese è designata a sorvegliare le coste della Rpc e ad agire in regioni distanti dai propri confini. La modernizzazione dei natanti è stata eseguita nell’ottica di affrontare un conflitto con Taiwan e per tutelare le linee di passaggio via mare, oltre al network di attività commerciali. L’intera marina dispone di 225.000 soldati ed è divisa in tre flotte (North Sea, East Sea e South Sea), composte da unità superficiali e sottomarine, dall’aviazione navale e da forze di difesa costiera. Tutte le navi sono attrezzate con lanciamissili, così come i sottomarini, forniti di testate atomiche intercontinentali. La flotta del South Sea ha anche due brigate, con 10.000 ufficiali. Le maggiori basi navali sono Qingdao, Lushun, Huludao, Ningbo, Wusong (Shanghai), Zhoushan, Wenzhou, Ningde, Yalong Bay, Fuding, Lianyungang, Shantou, Zhanjiang, Yulin (Sanya), Huangpu (Guangzhou) e Xisha (Isole Paracel). Molte di loro sono adiacenti ad aeroporti e a siti atomici. Una base dell’aviazione marina è posta nei pressi di Tuandao. Le tre flotte hanno strategie differenti, rivolte a nord verso il Giappone, la Russia e le due Coree, a est verso Taiwan e a sud verso l’Indonesia e il Vietnam. La maggioranza delle navi può sparare missili da crociera YJ-83 e missili antiaereo, anche a lunga gittata. La Rpc è la nazione asiatica con il maggiore numero di sottomarini nucleari (8 o 10, Type 94 Jin, 93 Shang, 92 Xia, 91 Han) e con motori diesel (da 50 a 60, Type 039A/B Yuan, 039/G/G1 Song, 035 Ming, 033 Romeo, 031 Golf, Project 636/877). Il numero di portaerei non è noto. L’unica nave dichiarata, la Varyag, è ancorata, a volte, al molo della base di Dalian ed è spesso in rotta verso altri obiettivi. I cacciatorpedinieri sono 26 (Type 051C Luzhou, 052C Luyang-II, 052B Luyang-I, 051B Luhai, 052 Luhu, 051 Luda, Project 956EM Sovremenny e 956 Sovremenny). La flotta di fregate ha 51 navi (Type 054A Jiangkai-II, 054 Jiangkai-I, 053H3 Jiangwei-II, 053H2G Jiangwei-I, 053H1G Jianghu-V, 053HT-H Jianghu-IV, 053H2 Jianghu-III, 053H1 Jianghu-II e 053H Jianghu-I). Corvette e vascelli per attacchi veloci sono centinaia (Type 022 Houbei, 037-II Houjian, 037-IG Houxin, 037-IS Haiqing, 037-I Haijiu, 037 Hainan, 024 Houku, 021 Huangfeng e 62C Shanghai-II). I mezzi da sbarco, atti a condurre soldati, carroarmati ed aerei, comprendono 27 vascelli Type 071, 072-III Yuting-II, 072-II Yuting-I e 072 Yukan, oltre ad un numero imprecisato di altre navi anfibie (Type 074, 074A, 073-III, 079, 724, 271-II/III, 068 e 067). Le flotte sono supportate da 20 navi per il rifornimento di combustibile (Type Fuchi, Qinghaihu e Fuqing), per i salvataggi oceanici e sottomarini (925 Dajiang, 922-II/-III Dalang, 946A Dadong, 946 Dazhou), per le riparazioni (Type 648), gli addestramenti (Shichang, Zheng He Daxing) e l’intercettazione di missili (Shiyan/ Bi Sheng). I vascelli minatori e i dragamine della marina sono 17 (Type 918 Wolei e Type 6610 T-43). Le truppe usano anche traghetti per la disposizione logistica, per il decollo di elicotteri, per i rifornimenti di merci e per l’assistenza ospedaliera (Type Fuxianhu, 904 Dayun, Qiongsha e 920). Le operazioni in mare aperto richiedono rompighiaccio e navi da traino (Hujiu e Tuzhong). Alcuni tratti del Mar Giallo sono infatti gelati, d’inverno. Per individuare missili, aerei e unità avversarie, la sorveglianza costiera dispone di 14 vascelli, attrezzati con sonar, con radar e con sistemi elettronici, meteorologici, satellitari, spaziali, ottici e acustici, destinabili anche alla ricerca (Type 851, 814A Dadie, 813, Yuanwang 5/6, Yuanwang 3, Yuanwang 1/2, Type 645,  643, 625C). La flotta anfibia potrebbe far sbarcare un’intera divisione a Taiwan. I missili da crociera, utilizzabili contro le navi avversarie, hanno molteplici codici: 54E/E, 80E, YJ-62, YJ-83, YJ-8, YJ-7, YJ-1, CY-1, HY-1/-2/-3/-4, SY-1/-2. Gli ordigni surface to air sono individuati dalle categorie S-300F/ Rif, 9M38 / 9M317, HQ-16, HQ-9, HQ-7, LY-60, PL-9C, HQ-61. I torpedo, schedati con le sigle 53-65KE, ET52, Yu-7,  Yu-6, Yu-4, Yu-3, Yu-2, Yu-1, possono essere inseriti nelle aperture da lancio dei sottomarini, o possono essere sfruttati per colpire navi e sommergibili nemici. I radar servono per monitorare sia i movimenti di unità marine ed aeree, sia i lanci di missili. La marina dispone anche di 26.000 aviatori, che utilizzano 400 o 500 aerei.

L'aviazione cinese

L’aviazione dell’esercito della Rpc è in fase di sviluppo e sta diventando una forza evoluta. La tecnologia dell’industria, d’altronde, è progredita e il comparto militare può trarre indubbi vantaggi dal supporto fornito da mezzi e sistemi duali. È stata rilevata l’introduzione di ordigni con guida di precisione, di nuovi aerei e di capacità C4ISR, un acronimo che indica le attività di comando, controllo, comunicazione, informatica, intelligence, sorveglianza e riconoscimento. L’aviazione, adesso, è quindi atta alla protezione dello spazio aereo, al supporto delle forze al suolo e agli attacchi di obiettivi al di fuori dei confini nazionali. Vi sono jets antichi e moderni, con prototipi che potranno entrare in funzione in futuro. Centinaia di J-6 (Mig-19) sono stati rimpiazzati da bombardieri e fighters J-7 (Mig-21), J-8II, Sukoi Su-27, Su-30, J-10 e J-11. I bombers Tu-22 e Tu-95 potranno sostituire i vecchi H-6 (Tu-16), destinati al trasporto di ordigni, anche nucleari. Sono stati individuati 5 reggimenti di jets JH-7 (3 inquadrati nella marina e 2 nell’aviazione). Gli obsoleti Q-5 possono adesso sganciare proiettili orientati dai laser. Oltre ad aerei da trasporto IL76 ed IL78, la Cina sta sviluppando apparecchi classe C-130 quadrielica, con motori turbo, per aumentare il proprio raggio di intervento in regioni lontane. L’aviazione dispone di 400.000 soldati, 600 bombardieri, 1.300 jets, 4 aerei radar, attrezzati con sistemi di controllo e di allarme, 90 aerei per il trasporto di truppe e di carroarmati e 30 aerei per gli incarichi speciali. L’artiglieria antiaerea ha 210.000 addetti, 500 lanciamissili e 16.000 mitragliatori. I paracadutisti sono 24.000. Le compagnie aeree ordinarie possono fornire innumerevoli quantità di aerei e di equipaggi, oltre alla divisione dei riservisti. In dettaglio, i bombardieri possono essere inquadrati in differenti categorie: H-5, Tu-4, Tu-2, H-6, JianH-7 e Qiang-5. I jets attivi sono di tipologia Jian-5, Jian-6, Mig-15, Mig-17, Su-27, Su-30, Jian-7, Jian-8, Jian-8II, Jian-9, Jian-10, Jian-11, FC1-JF17. In futuro, potranno essere introdotti anche evoluzioni dei jets Jian (J-10B, J8T). Soldati, merci, carroarmati, ordigni e combustibile per i rifornimenti in volo possono essere trasportati con aerei Type Tu-154M, An-24/26/30, An-12, IL-76MD, Hong-6U, Yun-8, Yun-7, Yun-12, Yun-5, Boeing 737, CRJ-200/700, Y-42, IL-78, Yun-9. Radar, sistemi elettrici e satellitari permettono di destinare altri aviogetti a ruoli esclusivi, come il monitoraggio e il comando (JianZhen-6, HDian-5, HZhen-5, Jing-2000, Yun-8 AEW, Yun-8/GaoXin 1, Yun-8/GaoXin 2, Yun-8/GaoXin 3, Yun-8/GaoXin 4, Yun-8/GaoXin 7, Boeing 737, Learjet 35, JianZhen-8, Y-8J, Y-8 MPA, ShuiH-5, KJ-200/GaoXin 5, Yun-8/Gaoxin 6). Il training dei piloti è svolto con jets JiaoLian-8, JianJiao-7, JianJiao-6, JianJiao-5, YunJiao-7, ChuJiao-6, L-7, L-15, JiaoLian-9. Aviazione, esercito e marina dispongono di migliaia di elicotteri, armati o attrezzabili con mitragliatori e missili: Mi-17/171, S-70C, Ka-28, HC-120, Zhi-11, Zhi-10, Zhi-9W/WA/WE, Zhi-9C, Zhi-9, AS 565 Panther, Zhi-8, SA 321 SF. Sono utilizzati dei drones (Uav, Unmanned Aerial Vehicle, veicoli aerei senza piloti, comandati da centri posti al suolo), derivanti persino dai jets J-5 e J-7: Type Chang-1, WuZhen-5, Harpy, Jian-7 Drone, ASN-206/207, ASN-104/105, ASN-15, Ba-9, Ba-5 (J-5), Ba2 e Xianglong. Per colpire altri aviogetti e obiettivi posti al suolo e in mare, gli aerei possono lanciare o sganciare ordigni air-to-air (Type R-77, R-73, R-27, SD-10, SD-11, SD-9, SD-8, SD-7, SD-5, SD-2, TianYan-90) o air-to-surface (Kh-31P / YJ-91, Kh-59, Kh-29, KD-88, KD-63, YingJi-81, YingJi-6, KAB-1500Kr, LeiShi-6, LeiTing2). I missili sono spesso guidati da raggi infrarossi, da radar o da sistemi televisivi. Esistono anche ordigni non comandati: 3000kg Bomb, 250kg LDGP Bomb, 200kg Anti-Runway Bomb, 250kg Incendiary Bomb, 250kg Cluster Bomb, 130Rocket, 90Rocket, 57Rocket. Gli ordigni hanno, ovviamente, diversi potenziali detonanti, velocità supersoniche e capacità deflagranti, che possono essere aumentate da esplosivi nucleari o chimici. Gli aerei sono alimentati da motori turbojet (WoP-14, WoP-13, WoP-7), turbofan (WoShan-10A, WoShan-9) e turboprop (WoJiang-8). I radar (Type 1473, JL-10, JL-7/A, Type 208, Type 204) e gli impianti elettrici (KJ8602A, KZ800, KG300G, GT-1E, SE-2) definiscono il sistema dell’aeronautica. Le 9 divisioni e regioni dell’aviazione si appoggiano a centinaia di basi.

I siti atomici cinesi

Gli impianti atomici che possono essere rilevati in Cina sono sicuramente più numerosi di quelli dichiarati alle istituzioni internazionali e forniscono il materiale per le testate. L’agglomerato di Harbin, nella provincia di Heilogiang, è stato indicato come possibile sito di assemblaggio e di produzione di ordigni atomici. L’esercito di Pechino era rivolto, fino al 1997, anche alla riconquista di Hong Kong, che il Regno Unito doveva restituire al governo della Cina, secondo accordi che furono rispettati e che evitarono tensioni. Le Isole Paracel (o Spratly) sono tuttora contese tra Vietnam, Rpc e Taiwan, nei confronti della cui sovranità Pechino mantiene uno storico atteggiamento di guerra. L’indipendenza di Taipei motiva gli scontri tra i rispettivi eserciti.

Le basi dell'aviazione cinese

Le basi dell’aviazione cinese sono Beijing International Airport, Fengning, Houma, Shanxi, Huairen, Linfen, Beijing Nanyuan, Beijing Shahezhen, Shahe, Beijing Tangshan, Beijing Xijiao, Datong Lanzhou, Hohhot, Liangxiangzhen, Tangguantun, Wengshui, Yangcun, Yongning, Zhangguizhuang, Zhanbgjiakou, Zunhua (nel distretto di Beijing, Raf); Anshan, Changchun, Chaoyang, Chifeng, Dalian, Dandong, Dingxin/Shuangchengzi, Fuxin, Gongzhuling, Harbin, Jinxi, Jinzhou, Jinzhou Xiaolingzi, Kaiyuan, Lalin, Mudanjiang-Donjing, Mudanjiang-Hailang, Pingquan, Qiqihar, Shanhaiguan, Shenyang Beiling, Shenyang Dongta, Shenyang Yu Hung Tun, Shuangcheng, Siping, Suizhong, Tuchengzi, Liaoyang, Puliandian, Qianyang, Wafangdian (Shenyang Raf); Aksu Wensu, Altay, Baoji, Dingxi, Dun Huang, Gonghe, Hami, Hetian, Jiayuguan, Jiuquan Shuangchenzi, Kashi, Korla, Lanzhou, Lintong, Lintao, Qiemo, Qingshui, Shan, Shihezi, Tianshui, Urumqi Diwopu, Urumqi, Uxxaktal, Wugong, Wulumuqi, Wuwei, Xian, Xincheng, Yaerbashi, Yanliang, Yinchuan/Xincheng, Yining Alinbake, Zhangye, Kucha (Lanzhou Raf); Cangxian, Dongying, Gaomi, Jiaozhou/Jiaocheng, Jinan, Jiugucheng, Kaifeng, Laiyang, Luyang, Qingdao, Qingdao-Can, Weifang, Wendeng, Xingcheng, Xuzhou Daguozhang, Xuzhou Jiulishan, Yancheng, Yantai, Yidu, Zhengzhou, Zhucheng, Linyi (Jinan Raf); Anqing, Changzing, Daishan, Feidong, Fouliang, Fuzhou, Ganzhou, Huian, Jianqiao/Hangzhou, Jiaxing, Jinjiang Chin Chiang/Qingyang, Bengbu, Liancheng, Lishe, Longyou, Luqiao, Nanchang, Nanchang Xiangtang, Nanjing, Ningbo Zhangqiao, Quzhou, Rugao, Shanghai Dachang, Shanghai Hongoiao, Shanghai Longhua, Shanghai Pudong, Shanghai Jiangwan, Shanghai Chongming, Suzhou, Taihe, Tunxi, Wauyishan, Wuhan Tianhe, Wuhu, Wuxi Shuofang, Gaoqi, Yiwu, Zhangshu, Zhangzhou/Chang-Chou, Jiujiang Lushan, Changsha, Xi’an, Yancheng, Nanyang (Nanjing Raf); Hong Kong, Baihe Ning Ming, Changde, Changsha Huanghua, Dangyang, Foluo, Guangzhou Baiyun, Guangzhou, Guangzhou mr, Guangzhou Shadi, Guilin-Liangjiang, Guilin-Tannan, Guiping Mengshu, Haikou City, Haikou Meilan Int, Hong Kong International Airport Chek Lap Kok, Huangtian, Huiyang Air Base, Jialaishi, Leiyang, Lingshui, Macau, Mei-Xian, Nanning Wuxu, Sanya/Feng Huang/Yulin, Shantou, Shaoguan, Suixi, Tian Yang, Woody Island (Paracel), Wuhan, Xiangshui Hsu, Xiaogan, Zhanjiang, Pingtan, Shantou Waisha, (Guangzhou Raf); Chengdu, Baoshan, Bandga Chudra / Qamdo, Caojiabao, Dali, Di Qing, Dangxiong, Dazu, Golmud, Jing Hong/Gasa, Kunming, Lhasa, Lijiang, Lintsang, Luliang, Luxi, Mengzi, Nyingchi Kang Ko, Qionglai, Shigatse, Simao, Wenshan, Xiangyun Midu, Xining, Yuanmou, Zhanyi, Chongqing, Guizhou, Liangping, Jiajiang, Guangzhou, Wenzhou (Chengdu Raf); Beihai, Benniu, Changzhi, Daishan, Feidong, Guiping, Jiaozhou, Yantai, Laiyang, Licang, Lingshui, Luqiao, Sanya I e II, Shanhaiguan, Woody Island, Yiwu, Hangzhou, Ningbo (Naval Aviation); Baoding, Datong I, Liaoyang, Shenyang Taoxian (Army Aviation).
 
02/02/2013 

Davos: antimafia e petrolio

L’élite economica e politica mondiale, riunita a Davos, sta definendo gli obiettivi strategici della propria azione. Tra gli argomenti da vagliare, però, non ci sono solo le bolle di liquidità, i contrasti in Siria, le opportunità di evoluzione e i Paesi sottosviluppati, o sedicenti tali. Il prezzo del petrolio è giunto a livelli insostenibili e l’Opec può tuttora operare come un cartello che condiziona irragionevolmente l’offerta di idrocarburi, visto l’utilizzo residuale di altre fonti per la produzione di elettricità. La ripercussione del costo elevato sui valori del Pil di molti Stati è ovvia. Esiste, inoltre, un altro tema di cui i leaders mondiali possono occuparsi: la mafia. La diffusione della delinquenza in ogni nazione delinea la persistenza di un fenomeno mafioso coeso in tutti i continenti. La connessione tra i diversi sodalizi implica l’espansione delle fattispecie di reato, a scapito dell’economia reale. La percentuale di attività e di proventi illeciti è giunta a logorare ampie frazioni della produzione persino negli Stati più moderni. La perdita di efficienza è lampante. Incarcerazioni, affermazione del diritto, espropri dei patrimoni e sanzioni economiche sono manovre atte a limitare i sodalizi delinquenziali. Ovviamente, l’azione di contrasto alla mafia può diventare un cardine dell’impegno degli Stati di polizia e dell’élite raggruppata a Davos.
 
26/01/2013

Vietnam

La guerra in Vietnam non costituì solamente una guerra dovuta all’occupazione statunitense nel continente asiatico: fu condotta nell’ambito di due diversi contesti internazionali. Il primo riguardò, ovviamente, la sembianza di una guerra dell’Asia nei confronti degli Stati Uniti. Il secondo elemento peculiare derivò dalla Guerra Fredda, che oppose l’America all’ideologia comunista, al blocco sovietico e ai suoi alleati, a cui l’Armata Rossa procurava ampi rifornimenti di armi per contrastare l’esercito statunitense e l’influenza di Washington in tutto il mondo. La guerra in Vietnam si estese a Laos e Cambogia. Fino al 1954, la Seconda Guerra Mondiale, l’invasione giapponese, le istanze di indipendenza e gli interventi di Cina, Francia e Stati Uniti avevano reso il Vietnam una zona notevolmente instabile. La Conferenza di Ginevra del 1954 stabilì la fine della Prima Guerra di Indocina, il ritiro delle truppe di Parigi e il confine tra Vietnam del Sud e del Nord, all’altezza del 17° parallelo. Nel 1955, la consultazione che elesse il Presidente Ngo Dinh Diem nel Vietnam del Sud statuì la formazione della Repubblica del Vietnam. Iniziò un periodo di guerriglia tra i miliziani di ispirazione comunista, i nordvietnamiti e i sudvietnamiti. Il Fronte di Liberazione Nazionale dei Viet Cong fu costituito nel 1960. La Presidenza di J. F. Kennedy ampliò lo spettro d’azione del Pentagono. Il 2 novembre 1963, Ngo Dinh Diem, che aveva svolto fino a quel momento il ruolo a lui assegnato, fu ucciso nell’ambito di un colpo di Stato. L’incidente del Golfo di Tonkin, nel 1964, rappresentò un inasprimento della guerra. I nordvietnamiti aggredirono due incrociatori statunitensi ancorati in acque internazionali. Washington rispose con una decisione volta ad ampliare le manovre belliche nella zona. Il 2 marzo 1965, gli Stati Uniti iniziarono a bombardare ampiamente il Vietnam del Nord, tramite l’Operazione Rolling Thunder. Pochi giorni dopo, l’8 marzo, le prime truppe da combattimento statunitensi approdarono in Vietnam. Gli schieramenti nemici iniziarono a confrontarsi duramente. Gli episodi e le operazioni della guerra si susseguirono. La superiorità dell’aviazione statunitense e le armi non convenzionali non furono sufficienti. La guerriglia si dimostrò incisiva. Il 30 gennaio 1968, i Viet Cong si unirono ai nordvietnamiti per lanciare la rinomata Tet Offensive, aggredendo circa un centinaio di centri urbani nel Vietnam del Sud. Gli statunitensi risposero con il massacro di Mai Lai e uccisero centinaia di civili. Entro la fine del 1968, il numero delle truppe di Washington raggiunse quota 540.000. Nel 1969, il Presidente Nixon statuì l’inizio del ritiro dei propri soldati. Nel 1970, lo stesso Nixon annunciò l’inizio degli attacchi all’adiacente Cambogia. Nel 1972, i nordvietnamiti lanciarono la cosiddetta Easter Offensive, oltrepassando la zona demilitarizzata del 17° parallelo. Il 27 gennaio 1973, di fronte all’avanzata del Vietnam del Nord, la firma degli Accordi di Pace di Parigi statuì una tregua tra le differenti fazioni. Furono stimati mlioni di morti. Il 29 marzo 1973, le ultime truppe dei contingenti americani lasciarono il Vietnam, statuendo la propria sconfitta. Nel marzo del 1975, i nordvietnamiti lanciarono l’assalto definitivo. Saigon cadde nelle loro mani. Il Vietnam del Sud si arrese il 30 aprile 1975. Il 2 luglio 1976, l’intero Stato fu unificato in una nazione comunista, individuata come Repubblica Socialista del Vietnam.

23/01/2013

La potenza atomica della Francia impiegata in Mali

Il dispiegamento delle truppe di Parigi in Mali sta proseguendo. Il numero dei soldati inviati nella nazione africana ha raggiunto quota 2.000. Il loro intervento è supportato dall’aviazione e dall’esercito di Bamako. La Francia è una potenza atomica, disponibile a ribadire la propria egemonia al di fuori del continente europeo. Il sostegno dell’Italia, nonostante i tagli economici al comparto militare, è dovuto, nell’ambito dell’alleanza atlantica. Il Presidente Hollande ha domandato il supporto degli altri Stati occidentali. I leaders africani stanno lanciando la partecipazione di contingenti congiunti, il cui apporto è risultato essere, finora, limitato. Il rapimento di decine di occidentali in Algeria ha comportato l’uccisione di numerosi ostaggi, dimostrando i sistemi illeciti usati dagli integralisti islamici. La rivolta in Mali permise al gruppo Ansar Dine e ad Al-Qaeda di conquistare ampie regioni nel nord del Paese, dopo la fine della guerra in Libia. I jets francesi hanno colpito obiettivi strategici e reparti degli integralisti, nei giorni passati, permettendo all’esercito di Bamako di riconquistare delle zone. L’intervento è definitivamente approvato a livello internazionale. 
 
20/01/2013

Grasso e la politica

La decisione politica di Pietro Grasso è diffusamente apprezzata. L’idea di accettare un seggio tra le fila del Pd di Bersani, per entrare in Parlamento, pone adesso il superprocuratore antimafia in una posizione utile. Grasso dispone infatti dell’approvazione e del supporto della maggioranza degli italiani. La sua azione alla guida della Direzione Investigativa Antimafia è riuscita a colpire il sistema mafioso, assicurando alla giustizia migliaia di delinquenti. La possibilità di impiegare l’esperienza della Dia in ambito politico è interessante. Il Governo e il Parlamento, infatti, sono i siti che esprimono innanzitutto due poteri fondamentali dell’ordinamento costituzionale dello Stato e rappresentano, inoltre, un apice del contrasto tra mafia e antimafia. La prima ha dimostrato di poter agire comodamente tramite i partiti e tramite i propri esponenti politici, giungendo a manovrare la promulgazione di leggi a proprio sostegno. L’antimafia deriva da norme impositive. Il contrasto tra i due sistemi giunge quindi ad avere dei punti di zenit nel Governo e nel Parlamento. I politici, d’altronde, non possono intaccare l’ordinamento dell’antimafia e della giustizia, senza poter essere giustamente accusati di associazionismo di stampo mafioso. La lista di esponenti assoggettabili a procedimenti giudiziari è quindi notevole. L’idea di entrare nella lotta politica e di poter fornire la propria perizia all’azione legislativa è adatta a Pietro Grasso. Oltre alle trattative tra Stato e mafia, esiste, in realtà, uno Stato-mafia, che adopera e promuove la delinquenza di stampo mafioso in tutti i propri settori. Grasso, giunto al vertice della Direzione Investigativa Antimafia, potrà condurre l’azione dell’antimafia stessa in Parlamento, senza consentire, peraltro, il varo di leggi che possano indebolirne i cardini, come le norme che affievoliscono il sistema carcerario a sostegno della delinquenza e le leggi volte ad affievolire l’azione della giustizia. L’antimafia, d’altronde, è una prerogativa per il funzionamento ottimale dell’economia… La guerra alla mafia si vince colpendo i sodalizi delinquenziali senza sosta.
 
10/01/2013

La guerra dei narcos

La guerra che implica milizie governative e narcos messicani ha procurato sinora oltre 60.000 morti. I contrasti aperti iniziarono nel 2006, vista l’iniziativa del Presidente Calderón, volta all’utilizzo di truppe per la repressione dei fenomeni dovuti al narcotraffico. Negli anni seguenti, l’escalation della contesa produsse decine di migliaia di vittime, nell’ambito delle lotte insite nel business delle sostanze illecite, che raggiunge tuttora un valore pari a oltre 40 miliardi di dollari. I dissidi tra i vari cartelli che si occupano della produzione e della vendita di allucinogeni invischiano centinaia di migliaia di adepti, riconducibili ai diversi gruppi, oltre a milioni di individui connessi alle stesse bande. Le esecuzioni e le stragi sono abituali. Negli ultimi mesi, sono stati registrati numerosi incidenti tra il cartello di Sinaloa e il sodalizio dei Los Zetas. Il Governo messicano ha disposto l’invio di una task force di 10.000 soldati, per mitigare i problemi delle regioni più esposte alla guerra, che giunge ad interessare apparati statali e politici. Gli arresti di esponenti di rilievo hanno indebolito varie gangs e le loro alleanze. I principali cartelli sono Sinaloa, Los Zetas, Beltrán Leyva, La Familia, Gulf, Knights Templar, Tijuana e Juarez. La loro appartenenza al sistema della mafia internazionale è ovvia. Inizialmente utilizzato per individuare la delinquenza italiana negli States, il termine mafia è oggi adoperato da tutte le gangs del Nord, Centro e Sud America. Ogni esponente di sodalizi criminali impiega il sostantivo <<mafia>> per sottolineare la propria adesione all’organizzazione, a livello nazionale, o internazionale, vista la diffusione della stessa in tutto il mondo e le connessioni stabilite tra i vari gruppi agenti. Guzman Loera è il leader del cartello di Sinaloa e detiene lo status di capomafia. La domanda di narcotici è assorbita dagli Stati Uniti, dall’Europa e dagli altri continenti. L’immigrazione nei pressi del confine messicano è diventata un dilemma per gli statunitensi. Los Angeles è un centro urbano grande, straordinario, affacciato sul Pacifico, culla dello sviluppo statunitense, che offre ai visitatori un ambiente produttivo e positivo, rovinato dalla presenza delle gangs. Downtown, la periferia sconfinata e le zone che alloggiano altri siti noti si estendono tra il litorale marino e i rilievi californiani. Alti grattacieli si contrappongono ad immobili bassi. Strade enormi connettono i diversi sobborghi. Los Angeles. Una parte della leggenda statunitense nasce da questo abitato, grazie, soprattutto, all’industria cinematografica, che produsse internazionalmente reazioni differenti: fu vista con piacere dall’Occidente, fu odiata dagli arabi, disapprovata dal blocco sovietico e dalla Cina, contemplata dalle altre nazioni. Le spiagge della California sono affacciate alla distesa sconfinata del Pacifico, che mostra un’ombra misteriosa, dovuta alla propria grandezza e alle specie ittiche. Le auto della polizia sfrecciano nel buio. Los Angeles è minacciata dal declino dovuto all’esistenza di mafia, bande e sodalizi delinquenziali. L’offerta di narcotici provenienti dai gruppi messicani satura il centro urbano, che costituisce, d’altronde, la maggiore domanda dell’intera zona. Ciudad Juarez è l’abitato messicano più esposto alla guerra dei narcos. Assassini, morti e stragi riempiono le strade della città. La ratio mafiosa definisce i comportamenti degli esponenti delle bande. L’esercito statunitense è destinato a speciali operazioni di confine. I messicani restano i venditori primari di sostanze illecite negli Stati Uniti.

31/12/2012